Tesi aurea Biberon [605070]

UNIVERSIT À DI PISA
DIPARTIMENTO DI PATOLOGIA CHIRURGICA,
MEDICA, MOLECOLARE DELL’AREA CRITICA
Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi D entaria
Presidente: Prof. Corrado Blandizzi

TESI DI LAUREA
Sindrome da Biberon: principali differenze anamnestiche,
cliniche e microbiologiche riscontrate tra un gruppo studio di bambini
affetti con le rispettive madri ed un gruppo controllo

Candidat o: Relatore:
Enrica Conticini Chiar.ma Prof.ssa Maria Rita Giuca

Anno Accademico 2012 – 2013

II
INDICE

Introduzione ………………………….. ………………………….. …………………. pag.1

PARTE GENERALE
La Sindrome da Biberon

Capitolo 1
Quadro cl inico, evoluzione e complicanze ………………………….. .. pag.5

Capitolo 2
Eziologia e fattori di rischio ………………………….. ……………………. pag.17

Capitolo 3
Strategie Preventive ………………………….. ………………………….. ….. pag.41

Capitolo 4
Opportunità Terapeutiche ………………………….. ……………………….. pag.62

III
PARTE SPERIMENTALE
Studio Clinico

Capitolo 5
Materiali e Metodi ………………………….. ………………………… pag.78

Capitolo 6
Risultati ………………………….. ………………………….. ………….. pag.96

Capitolo 7
Discussione ………………………….. ………………………….. …….. pag.109

Capitolo 8
Conclusioni ………………………….. ………………………….. …….. pag.125

Bibliografia ………………………….. ………………………….. ……………… pag.128

1
INTRODUZIONE

La Sindrome da Biberon (SdB) o “EARLY CHILDHOOD CARIES”
(ECC) rappresenta una grave patologia dentale , caratterizzata da lesioni
cariose multiple a rapida progressione pulpo -parodontale, che si
sviluppano precocemente in dentatura decidu a, co munemente detta “da
latte”.
Tali lesioni si localizzano prevalentemente sui denti decidui anteriori
superiori e solo successivamente sui molari e canini superiori ed
inferiori [1, 2].
Essa rappresenta uno dei maggiori problemi di salute orale per la sua
difficoltà di gestione clinica e terapeutica e per le sue gravi conseguenze
estetiche, funzionali e di salute generale; è infatti una frequente causa di
ospedalizzazione in età prescolare, in particolar modo nei bambini affetti
da patologie sistemiche, in quelli “special needs” ed infine in quelli
appartenenti prevalentemente a un’estrazione socioeconomica medio –
bassa (comprese le minoranze etniche immigrate) [3, 4].
In Italia viene considerata una patologia emergente a causa dei flussi
migratori nella popolazione.

2
La sua prevalenza varia dal 2,5% al 15% [5], e recentemente è stato
osservato un aumento dei casi di SdB, dovuto essenzialmente a cattive
abitudini alimentari e a scarsa cura dell’igiene orale del bambino, per
trascurate zza o insensibilità al pro blema [6].

Questa tesi si articola in due blocchi principali:
– il primo riguarda la parte generale , che ha lo scopo di chiarire le
caratteristiche cliniche della patologia, la sua eziologia, i fattori di
rischio e le opportunità di prevenzione e terapia a nostra disposizione;
– il secondo blocco tratta della parte sperimentale, ovvero uno studio
clinico condotto nell’ambulatorio di pedodonzia della U.O di Chirurgia
orale e odontostomatologia della A.O.U.P , diretto da lla Prof.ssa Maria
Rita Giuca e con la coll aborazione dell’igienista dentale Francesca
Vannucci.
Lo studio è stato effettuato su un campione di 30 bambini di età
compresa tra i 2 e i 5 anni e le rispettive madri.
I bambini sono stati divisi in 2 gruppi:
 un Gruppo Studio di 20 bambini affetti da Sd B,
 un Gruppo Controllo di 10 bambini privi di lesioni cariose.
L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di evidenziare le differ enze tra
i due gruppi riguardo alle abitudini alimentari, a quelle di igiene orale e

3
agli indici di placca, con l’intento di verificare e confermare
l’importanza di questi fattori nella genesi della patologia.
Lo studio è stato esteso anche alle madri, valutandone gli indici di placca
e di esperienza di carie, allo scopo di evidenziare una possibile
associazione tra le condizio ni di salute orale delle madri e quelle dei
rispettivi figli.
Inoltre è stata fatta una ricerca microbiologica su campioni di placca
sopra e sotto -gengivale prelevati da entrambi i gruppi “madre -figlio” per
verificare la presenza del batterio Streptococcus mutans, ritenuto il
principale responsabile dell’inizio e dell’evol uzione del processo
carioso, e verificarne quindi il ruolo nella Sindrome da Biberon.

PARTE GENERALE

La Sindrome da Biberon

5
Capitolo 1

Quadro clinico, evoluzione e complicanze
La Sindrome da Biberon (SdB) o Early Childhood Caries (ECC) è una
grave patologia cariosa ad eziologia multifattoriale che si sviluppa
precocemente nell’infanzia, a seguito di errate abitudini comportamentali
e di fattori predisponenti.
È una delle più aggressive e pandemiche forme di carie dentale che
affligge trasver salmente tutto il mondo moderno, con una prevalenza che
varia dal 2,5% al 15% [5].
Nell’ultimo decennio la sua prevalenza aveva mostrato una riduzione
dovuta corrette abitud ini alimentari e al largo impiego della
fluoroprofilassi, utile ausilio preventivo; recentemente è stato invece
osservato un aumento dei casi di SdB [6].
La patologia prende il nome dalla pessima abitudine di far addormentare
i lattanti e i bambini con il biberon in bocca, permettendo quindi il
diretto e continuo contatto tra gli elementi dentari e le sostanze
zuccherate contenute nel biberon.
Clinicamente è caratterizzata dalla presenza di lesioni cariose multiple a
rapida evoluzione che si manifestano sub ito dopo l’eruzione dei denti,

6
interessando contemporaneamente più elementi dentari e portando in
breve tempo alla loro parziale o completa distruzione. [1, 2].
Solitamente i primi denti ad essere colpiti sono gli incisivi centrali e i
laterali superiori, a livello del margine incisale e delle superfici palatali ,
che possono mostrare lesioni cariose già entro i primi due anni di vita;
successivamente vengono coinvolti anche i canini superiori e inferiori, e
gli elementi dentari dei settori posteriori, che andranno rapidamente
incontro alla distruzione della corona[7].
Le lesioni hanno una distribuzione tipica dovuta alla cronologia di
eruzione dei denti decidui , all’attività della muscolatura intra ed
extraorale durante la suzione , e alla dinamica del flusso dei liquidi
somministrati con il biberon o mediante altri dispositivi.
I denti che per primi vengono a contatto con i liquidi fermentabili sono
gli incisivi superiori e i molari superiori, solo successivamente gli
elementi dell’ arcata inferiore.
Gli incisivi inferiori sono generalmente indenni dalla carie perché
rimangono protetti dal flusso salivare, secreto in tale zona dalle
ghiandole sotto -linguale e sotto -mandibolare, che svolge un’azione auto –
detergente. Inoltre la lingua li protegge interponendosi tra le superfici
dentarie e i fattori cariogeni.

7
Un coinvolgimento degli incisivi inferiori indica uno stadio piuttosto
avanzato della patologia[8].
La distribuzione delle lesioni cariose sembra essere quasi simmetrica [9].

Figura 1 :
Rappresenta zione
della dinamica del
flusso
dei liquidi assunti
con il biberon

L’ EVOLUZIONE CLINICA della carie da biberon è caratterizzata da
4 diversi GRADI progressivi:
 GRADO 1: i nizialmente si ha una decalcificazione dello smalto,
con formazione di “white spots”, macchie biancastre di aspetto
opaco o traslucido, clinicamente non facili da rilevare ma
accertabili radiograficamente .
 GRADO 2: la zona di demineralizzazione si estende rapidamente
producend o un affon damento secondario dello smalto, con

8
formazione di singoli difetti superficiali in parte pigmentati (brown
spot), clinicamente ben evidenti. La pigmentazione secondaria è
dovuta all’assorbimento di sostanze esogene, e viene percepita dai
genitor i in maniera più allarmante rispetto alla zona di
decalcificazione di colore chiaro.
 GRADO 3: successivamente la presenza di dentina molle e gialla
segna l’evoluzione rapida della carie che porta alla formazione di
lesioni cavitarie antro i 6 – 12 mesi [10]. Le lesioni assumono
l’aspetto di difetti lineari confluenti che si localizzano tipicamente
nella regione cervicale del dente, e presentano un andamento
circolare.
 GRADO 4: a seguito della demineralizzazione dello smalto, il
rammollimento della dentina , e l’ inevitabile interessamento
pulpare si ha la distruzione completa o può avvenire la frattura
patologica della
corona.

Figura 2:
Tipiche lesioni circolari a
livello del colletto degli
elementi dentari colpiti.
(GRADO3)

9

Figura 3:
Evidente distruzione
coronale degli elementi
dentali cariati.
(GRADO 4)
La comparsa di dentina
dura e nera indica
l’arresto del processo
carioso, dovuto ad una
modificazione delle
abitudini alimentari del
bambino [11]

L’aspetto clinico intra -orale del piccolo paziente varia in base al
coinvolgimento corono -pulpare delle lesioni cariose, e all’età in cui
viene effettuata la diagnosi.
In sintesi l’evoluzione clinica è caratterizzata da un processo continuo
che, partendo da piccole demineralizzazioni dello smalto, porta alla
completa distruzione coronale dei denti decidui, con interessamento
pulpare rapido e conseguenti processi flogistici acuti e cronici
associati [8].
Nelle fasi avanzate di distruzione dentale sono quindi spesso presenti
ascessi peri -apicali, che possono drenare spontaneamente nel cavo orale
attraverso fistole mucose; queste ultime sono canali epitelizzati

10
neoformati, non tendenti alla guarigione sponta nea, e necessitano perciò
dell’asportazione chirurgica.
Il tessuto gengivale appare spesso infiammato.

Figura 4:
Fistola vestibolare in
corrispondenza
dell’elemento 5.1, che
dimostra la presenza di
un processo flogistico
peri-apicale a carico
dell’elemen to.
Anche il tessuto
gengivale appare
tumefatto.

Il decorso rapidamente progressivo delle lesioni è favorito dalle
caratteristiche peculiari del dente deciduo, che rispetto al permanente
presenta una corona anatomica più piccola, formata da uno strato di
smalto e dentina molto sottile (spesso circa la metà del permanente), e
una camera pulpare voluminosa.
In base alla localizzazione dei processi cariosi e alla gravità del quadro
clinico , possiamo classificare la SdB nel modo seguente:
 TIPO 1 (da lieve a m oderata): con coinvolgimento del solo strato
di smalto e dentina di pochi elementi dentari antero -superiori.

11
 TIPO 2 (da moderata a severa): in cui si ha coinvolgimento pulpare
e distruzione coronale degli elementi anteriori dell’arcata
superiore, nonché distruzione coronale di tre o più elementi dentari
del settore posteriore.
 TIPO 3 (severa): distruzione coronale di quasi tutti gli elementi
dentari, con grave perdita di rapporto con gli antagonisti [8].
I SEGNI riscontrabili all’esame obiettivo sono perciò:
– Lesioni cariose multiple dei decidui;
– Distruzione o frattura delle corone dei denti colpiti;
– Gonfiore in caso di ascesso diffuso in sede mucosa;
– Fistole mucose;
– Alitosi;
– Possibile rialzo dei valori TAS (titolo antistreptolisinico) e VES
(velocità di eritrosedimentazione) , riscontrabile attraverso l’esame
del sangue.
La SINTOMATOLOGIA associata al quadro clinico è caratterizzata
da:
– Dolore d ei denti colpiti in risposta a stimoli fisici (temperatura),
chimici (zucchero) e meccanici (masticazione);

12
– Dolore spontaneo di tipo pulpitico degli elementi dentari, che si
manifesta quando la lesione cariosa raggiunge la polpa, ma non
presenta l’irradiaz ione tipica del soggetto adulto;
– Dolore spontaneo dei tessuti circostanti in presenza di processo
ascessuale;
– Disgeusia (alterazione del gusto).

Le COMPLICANZE della patologia sono di notevole importanza e
coinvolgono molteplici aspetti.
Tale sindrome pu ò influenzare infatti l ’equilibrio funzionale
dell’apparato stoma tognatico, ma anche lo sviluppo armonico delle
arcate dentali e la stessa crescita del bambino.
Sono di seguito elencate le principali implicazioni della SdB:
• Menomazioni estetiche ;
• Difficoltà masticatorie ;
• Difficoltà di pronuncia ;
• Instaurarsi di una deglutizione atipica con protrusione linguale ;
• Complicanze infettive;
• Complicanze ortognatodontiche:
a. Diminuzione del perimetro dell’arcata;
b. Diminuzione della dimensione verticale;

13
c. Interferenza nei tempi di eruzione dei denti permanenti;
A causa della pigmentazione scura e/o della distruzione coronale dei
denti anteriori cariati, è inevitabilmente peggiorato l’aspetto esteti co; per
questo e per la frequente alitosi, viene resa difficoltosa la vita sociale del
piccolo paziente, con conseguenti problematiche psicologiche e
relazionali.
Le difficoltà masticatorie sono dovute al dolore e possono ostacolare una
corretta alimentazione, determinando uno squ ilibrio nutrizionale che n ei
casi molto gravi può portare a un deficit di crescita staturo -ponderale
[12, 13]. Questo potrebbe essere correlato secondo alcuni autori
all’innalzamento dei livelli ematici di glucocorticoidi indotto dallo stress
secondario alla sintomatologia dolorosa, con conseguente riduzione della
secrezione del GH (ormone della crescita) [14].
Quando le corone degli elementi dentali anteriori sono distrutte o
fratturate viene a crearsi una beanza anteriore nella quale andrà ad
interporsi la lingua, causando così problematiche fonatorie e
deglutizione atipica .
Le lesioni cariose, sviluppandosi rapidamente in profondità, causano
processi flogistici pulpari e periapicali responsabili di una sintomatologia
dolorosa particolarmente intensa . Se tali processi patologici non vengono
trattati, determinano l’insorgenza di complicanze infettive locali o

14
sistemiche . Localmente la diffusione apicale del processo infettivo può
danneggiare il germe del permanente e il danno può manifestarsi con
ipoplasia dello smalto del permanente . Questo è favorito dalla particolare
conformazione anatomica del deciduo, che presenta molteplici
comunicazioni pulpo -parodontali, e si trova in vicinanza del germe del
permanete corrispondente.
La permanenza di un processo flogistico cronico (granuloma p eriapicale)
non trattato può inoltre causare lo sviluppo di cisti follicolari o
determinare conseguenze a livello sistemico, come l’insorgenza di
malattia focale.
Quest’ultima può essere definita come una forma morbosa che p uò
insorgere a distanza in varie parti dell’organismo , per trasporto di germi
o tossine da un focolaio infettivo cronico , rappresentato nel nostro caso
dal granuloma. La patologia è resistente alle comuni terapie e ha una
certa dipendenza dal focus primario , regredendo se questo viene
asportato o inattivato, o viceversa riattivandosi in caso di una sua nuova
estensione o riaccensione . Esempi di malattie focali che possono
svilupparsi in vari organi e apparati sono: artrite reumatoide, miosite,
neurite, nevralgie, mialgie, miocarditi, endo carditi, pericarditi,
tromboflebiti, nefriti, uretriti, cistiti, congiuntiviti e altre infiammazioni
oculari, anemie primarie e secondarie, gastriti , ulcere gastrica e

15
duodenale, colecistiti, malattie cutanee, fino addirittura a stati
setticemici.
Può esse re compromesso quindi lo stato di salute generale del bambino,
soprattutto in caso di pazienti immunodepressi, special needs, o
appartenenti a famiglie di basso livello socio -economico,.
Le complicanze ortognatodontiche [15] che possono insorgere variano in
relazion e al settore dentale coinvolto e possono essere così riassunte:
– Deformazione delle ossa alveolari mascellari dovuta all’uso
prolungato del biberon, caratterizzata da alveoli superiori inclinati
vestibolarmente ed alveoli i nferiori inclinati ling ualmente.
– Perdita di spazio e conseguente riduzione del perimetro di arcata,
dovuti al diminuito diametro mesio -distale delle corone dentali
colpite o addirittura alla perdita precoce di alcuni elementi.
Questo è inevitabilmente un ostacolo all’ eruzione f isiologica dei
denti permanenti e porta al rischio di inclusione dentaria o
eruzione ectopica. Sarà possibile quindi l’instaurarsi di una
malocclusione in dentatura permanente, con probabile alterazione
dei rapporti di classe canina e possibile affollament o.
– Perdita della guida incisiva con scivolamento anteriore della
mandibola, precontatti canini deflettenti e deglutizione atipica
secondaria.

16
– Morso aperto anteriore, dovuto a l mancato sigillo dentario ,
aggravato dall’insorgere di abitudini vizia te come la deglutizione
atipica [16].
– Alterazione del profilo.
– Riduzione della dimensione verticale, anch’essa dovuta alla
distruzione o frattura coronale, che può determinare morso
profondo, precontatti canini e disfunzioni dell’ATM.
– Postura bassa della lingua che determina un deficit di
accrescimento trasversale e verticale del mascellare superiore e
vestibolarizzazione degli incisivi superiori.
– Ipotonia di sviluppo dei muscoli masticatori e periorbicolari che
porta a un deficit di sv iluppo dei segmenti scheletrici.

17
Capitolo 2

Eziologia e fattori di rischio

L’espressione comunemente utilizzata per definire questa patologia,
ovvero “Sindrome da Biberon”, si riferisce al ruolo che ha l’utilizzo
improprio di tale dispositivo nella genesi della patologia.
Questa terminologia rischia però di essere riduttiva poiché focalizza
l’attenzione esclusivamente su uno dei molteplici fattori eziologici di
questa sindrome.
Proprio a questo scopo il CDC (Centers for Disease Cont rol e
Prevention) ha introdotto “Early Childhood Caries” (ECC) per definire
in modo più adeguato le carie precoci dei neonati e bambini di età
prescolare [17, 18].
Possiamo quindi affermare che la ECC ha una complessa eziologia
multifattoriale che compren de fattori di rischio sia intrinseci che
estrinseci.
Innanzi tutto chiariamo il significato di fattore di rischio, che è definito
“un fattore biologico, ambientale o comportamentale che, se presente,
con il tempo aumenta la probabilità di manifestarsi di una data malattia;

18
ma tale probabilità si riduce o manca se il fattore stesso viene rimosso
oppure è assente”.
Tra i FATTORI EZIOLOGICI ESTRINSECI si possono
annoverare:
 Microrganismi cariogeni
 Fattore dietetico -comportamentale
 Scarsa igiene orale
 Apporto non ottimale di fluoro
Tra i FATTORI EZIOLOGICI INTRINSECI riscontriamo:
 Condizioni predisponenti pre o post -natali
 Caratteristiche demografiche
 Stato socio -economico
 Stato di salute generale

Per meglio definire il ruolo dei diversi fattori eziologici della patologia è
necessario chiarire il meccanismo patogenetico della carie.
Sulla superficie dentale pulita, nell’arco di 24 ore, viene a formarsi uno
strato di PLACCA BATTERICA: materiale gelat inoso di color bianco –
giallastro, inizialmente invisibile e non asportabile attraverso sciacqui.

19
Lo strato di placca, detto biofilm, si genera attraverso diverse fasi
successive :
– deposizione sulla superficie dentale di una sottile pellicola
glicoproteica d i origine salivare ;
– colonizzazione della pellicola da parte di alcune specie batteriche ,
tra cui Streptococcus mutans;
– sviluppo e confluenza delle colonie batteriche ;
– sviluppo differenziale di alcune specie in diverse localizzazioni .
La composizione della placca evolve nel tempo ed è sito -specifica.
In linea generale la placca batterica è costituita da:
• una frazione corpuscolata formata da batteri, leucoci ti e cellule
epiteliali di sfaldamento;
• una frazione amorfa composta da glicoproteine salivari e da
zuccheri introdotti con la dieta. È quest’ultima che favorisce
l’adesione dei batteri alla superficie del dente.
Gli zuccheri introdotti con la dieta (in ordine decrescente di potere
cariogeno Saccarosio, Fruttosio , Glucosio , Maltosio , Lattosio ) vengono
fermentati dai microrganismi specifici del biofil m, dando luogo alla
formazione di sostanze acide che abbassano il PH, selezionando così le
specie batteriche tolleranti:
– inizialmente Streptococcus mutans (anaerobio facoltativo)

20
– successivamente i Lattobacilli
– talvolta alcune specie di Candida .
Gli acidi (soprattutto acido lattico) così generati sono in grado di
demineralizzare le sostanze dure del dente, determinando l’inizio del
processo carioso.
Finché il dente rimane macroscopicamente intatto le lesioni pos sono
andare incontro a re -mineralizzazione spontanea o indotta dal contatto
con la saliva, che ha un’ a zione tampone per la presenza di Sali di calcio
e fluoruri .
Se invece l’azione decalcificante persiste, il processo diventa
irreversibile e, attraverso l a degradazione della componente proteica
della sostanza dentaria, si forma una lesione cavitaria clinicamente
apprezzabile.
Per il processo di demineralizzazione sono necessarie solo 2 ore, mentre
perché avvenga la re -mineralizzazione occorrono almeno 2 2 ore.
Esiste normalmente un equilibrio dinamico tra i due processi, poiché il
fisiologico apporto del substrato alimentare consente una crescita
numericamente controllata della flora microbica e lascia il tempo
necessario alla re -mineralizzazione; un’ecce ssiva e frequente
introduzione di carboidrati altera invece l’equilibrio.

21
La CARIE DENTARIA è quindi una MALATTIA
MULTIFATTORIALE, legata all’interazione di quattro fattori
principali:
– Suscettibilità dell’ OSPITE
– MICROFLORA ORALE
– SUBSTRATO legato alla die ta
– TEMPO

FATTORI EZIOLOGICI ESTRINSECI
MICRORGANISMI CARIOGENI
Nei bambini affetti da SdB i microrganismi che compongono la placca
batterica sono rappresentati da:
– Vari ceppi di Streptococcus mutans; (considerato finora il più
importante microrganismo nella genesi delle lesioni car iose, è il
batterio con maggiore capacità di adesione alla pellicola salivare);
– Lactobacilli (che aumentano l’efficienza di fermentazione di
carboidrati e saccarosio);
– Lieviti (la cui concentrazione nella saliva è correlata al rischio di
sviluppo della carie);
– Actinomiceti (che provocano la carie a livello della radice);

22
– Scarsi risultano lo S.san guis e salivarius (associati infatti a
carioprotezione).
– Scardovia wiggsiae , microrganismo scoperto da studi recenti,
isolato nel cavo orale di bambini affetti da SdB severa, anche in
assenza di S.mutans.
Lo Streptococcus mutans è il batteri o più frequentemente isolato in
bambini affetti da SdB. La presenza di tale microrganismo nella flora
orale influenza l’inizio della lesione cariosa, ma ne determina anche la
rapida evoluzione.
Molti studi suggeriscono che il periodo prenatale dello sviluppo infantile
e le interazioni postnatali con la madre, influenzino il tempo di
acquisizi one dello S. mutans nel neonato, il cui cavo orale è inizialmente
indenne da patogeni [19, 20 ].
Il microrganismo infatti normalmente non è presente nel cavo orale
prima dell’eruzione dei denti e compare solitamente con l’eruzi one del
primo elemento dentario.
L’eventualità della trasmissione verticale di questo batteri o dalla madre
al figlio attraverso la saliva è stata ben documentata in letteratura. [21].
A maggiore concentrazione materna salivare di SM corrisponde
maggiore rischio di colonizza zione del bambino (American Association
of Paediatric Dentistry, 2012) .

23
Da revisi oni della letteratura si evidenzia inoltre come il genotipo dello
S.Mutans colonizzante il cavo orale dei neonati, corrisponda a quello
materno fino al 70% dei casi [22-25].
Le madri potrebbero trasmettere il batterio al figlio ad esempio
condividendo con lui le stesse posate, oppure mettendo in bocca il suo
succhiotto precedentemente caduto allo scopo di pulirlo.
La madre è certamente la prima ad occuparsi del bambino , con un
frequente intimo contatto salivare [26] , ma ulteriori studi hanno mostrato
che i bambini possono acquisire lo S.mutans anche dall’ambiente extra –
familiare [27,28] .
Quindi possiamo affermare che più che altro esiste la tendenza, per la
madre e il suo bambino , di condividere una suscettibilità simile per la
colonizzazione dello S. mutans.
È generalmente accettato che, fino a quando la flora batterica nei
bambini piccoli non si è ancora organizzata e l’immunità del bambino e
altri sistemi di difesa son o immaturi, l a carie sia una patologia infettiva,
perciò trasmissibile, e che quindi il suo sviluppo possa essere prevenuto
(Vargas & Ronzio, 2006; Weintraub & co., 2006).
Evitando la trasmissione precoce dello S. mutans , si potrebbe forse
ottenere la colo nizzazione del cavo orale da parte di famiglie d i
Streptococchi meno pericolose, quali S.sanguis [29] .

24
Si pensa che il rischio di carie per il bambino sia maggiore tanto più è
precoce l’epoca di colonizzazione da parte del microrganismo [30] .
I requisi ti che deve avere in generale un batterio cariogeno possono
essere così riassunti:
• Capacità di aderire alle superfici lisce
• Capacità di produrre acidi
• Capacità di produrre polimeri extra -cellulari di glucosio a partire
dal saccarosio
Per svolgere tali funzioni i microrganismi cariogeni necessitano di
questi particolari enzimi:
1. Glicosidasi : permettono di staccare unità monosaccaridiche da
substrati sia endogeni (glicoproteine salivari) sia esogeni (detriti
alimentari).
2. Glicosiltransferasi : catalizzano la sintesi di polisaccaridi
insolubili (destrani, levani, mutani).
3. Pirofosfatasi : solubilizzano i pirofosfati insolubili dei prismi dello
smalto.
4. Aminopeptidasi : scindono i legami peptidici delle proteine
costituenti la matrice organica del dente.
In parti colare la virulenza dello S.mutans dipende dalla sua capacità di
produrre almeno tre tipi di glicosiltransferasi (GTF) , con affinità per

25
diversi substrati. Questi enzimi gli consentono di aderire e di colonizzare
le varie superfici del cavo orale; S.mutans è infatti il batterio con
maggior capacità di adesione. L’importanza di questi enzimi è
dimostrata dal fatto che la delezione dei geni che codificano le
glicosiltrasferasi riduce notevolmente la virulenza dei microrganismi.
Lo S.mutans ha anche la capacit à di sopravvivere in ambienti molto acidi
grazie alla presenza di un a potente Atp-asi, che permette la continua
espulsione di protoni dal suo citoplasma.
I batteri cariogeni (S.mutans, S.sobrinus e Lactobacilli) sono inoltre in
grado di produrre acidi at traverso il catabolismo degli zuccheri
alimentari, inducendo la demineralizzazione dello smalto. (Featherstone,
2004; Fejerskov, 2004; Scheieand Peterson, 2004; Caufield and Griffen,
2000) [39].
I Lactobacilli sembrano invece essere responsabili della prog ressione,
piuttosto che dell’inizio della lesione: infatti la loro percentuale è
notevolmente aumentata nelle lesioni cavitarie [30].
La carie comunque è il risultato di dinamiche e complesse interazioni tra
i microrganismi cariogeni e i meccanismi di dife sa dell’ospite.
Questi ultimi comprendono fattori immuni di derivazione salivare (IgA
secretorie), sierica e crev icolare (IgG) e fattori immuni a specifici, quali
cellule fagocitarie, lactoferrina, lisozima, lactoperossidasi.

26
Studi clinici sull’effetto cari o-protettivo delle IgA hanno avuto risulta ti
contrastanti: secondo alcuni la loro quantità non è correlata con l a carie
dentaria, secondo altri i livelli di IgA sono associati a lesio ni attive,
secondo altri ancora alti livelli di IgA si ritrovano in pazienti con poche o
nessuna carie.
Nei bambini la correlazione tra IgA e carie è particolarmente difficile da
definire in quanto la loro risposta immunitaria è ancora immatura.
Invece l’aumento di anticorpi IgG diretti contro gli S. mutan s è stato
associato con un basso dmfs e DMFS e con la riduzione dei
microrganismi sia nei bambini che negli adulti.
Esperimenti condotti da Bowen e coll. su topi desalivati hanno
dimostrato che l’assenza di saliva aumenta notevolmente la virulenza dei
microrganismi: infatti i piccoli di madri desalivate sviluppa vano molte
più carie rispetto a quelli di madri normali, nonostante entrambi i gruppi
di madri fossero state infe ttate dello stesso ceppo di S. S obrinus [31].

FATTORE DIETETICO – COMPORTAMENTALE
Tra i fattori eziologici estrinseci un ruolo primario è svolto dalle cattive
abitudini alimentari , quali l’eccessivo e frequente consumo di carboidrati
fermentabili.

27
L’evidenza scientifica sul fatto che gli zuccheri siano correlati
all’insorgenza del processo carioso è ampiamente consolidata. Tale
evidenza si basa su ricerche svolte sia in vivo che in laboratorio
(Sheiham and Watt, 2000; Lingstrom et Al., 2003; Mobley, 2003; Watt,
2003; Harris et Al., 2004) [39] .
Se la relazione tra il consumo di zuccheri e la malattia cariosa nei Paesi
industrializzati, tra i quali l’Italia, per lungo tempo è stata ritenuta
virtualmente lineare (Burt, 2001), oramai non appare più così , dato il
ruolo protettivo del fluoro. Quest’ultimo è infatti in grado di ridurre il
rischio di carie sia pur in presenza di un elevato e crescente consumo di
carboidrati raffinati (Zero, 2004) . Rimane comunque buona norma
ridurne la frequenza di assunzion e limitando soprattutto quella che
avviene lontano dai pasti principali (UK Health Education Authority,
1999; Moynihan and Petersen, 2004) [39].
Errate abitudini alimentari che posson o favorire l’evoluzione della Sd B
sono :
• Utilizzo di ciucci immersi nel miele o zucchero;
• Errato utilizzo del Biberon, contenente sostanze fermentabili e
adesive (latte, succhi di frutta o acqua con aggiunta di zuccheri );

28
• Assunzione di Camomille o tisane liofilizzate che , nonostante
siano prodotti della prima infanzia , contengono alte concentrazioni
di zuccheri .
Frequentemente i genitori utilizzano il biberon o il ciuccio come
“calmante”, somministrando bevande ad alta concentrazione di
zuccheri , oppure direttamente miele o zucchero con il succhiotto,
soprattutto al mo mento dell’addormentamento o durante le ore notturne.
Questa cattiva abitudine aumenta notevolmente il rischio di carie, in
quanto nelle 10 -14 ore di sonno di un bambino ci sono numerose
condizioni che favoriscono il processo carioso.
Durante la notte inf atti la produzione e secrezione salivare diminuiscono
notevolmente per prevalenza del sistema nervoso parasimpatico,
venendo così a mancare l’effetto tampone e la capacità di auto –
detersione salivare; nel sonno si ha inoltre una riduzione del riflesso
della deglutizione.
La ridotta clearance salivare, la particolare consistenza appiccicosa delle
sostanze somministrate al bambino (ad esempio il miele, che oltre alla
sua elevata concentrazione di saccarosio, è particolarmente viscoso),
nonché la mancata igien e orale notturna, favoriscono il ristagno
prolungato di sostanze fermentabili a diretto contatto con le superfici
dentarie.

29
Viene così innescato precocemente il processo carioso, che avrà un
andamento rapido ed aggressivo per la scarsa mineralizzazione deg li
elementi decidui.
La somministrazione delle sostanze zuccherate attraverso biberon oppure
attraverso bicchieri con beccuccio o cannucce , è particolarmente lesiva
in quanto questi dispositivi vengono tenuti in bocca per lunghi periodi,
favorendo così il ristagno di zuccheri nel cavo orale dei bambini.
L’utilizzo di questi mezzi inoltre provoca la tipica localizzazione delle
carie da biberon, che avviene in base alla direzione del flusso di liquidi
(vedi cap.1).

Un altro importante fattore di rischio com portamentale per lo sviluppo
della patologia è la modalità di allattamento .
Sembrano essere correlati alle carie da biberon:
• L’allattamento prolungato fino a 12 mesi;
• La modalità di allattamento a richiesta;
L’allattamento prolungato anche fino a 1 anno di età aumenta la cario –
recettività dei soggetti e d è molto spesso associato a carie “rampante” nei
bambini.
La modalità di allattamento a richiesta , sia esso al seno o artificiale,
favorisce l’insorgenza di carie in quanto rende più f requente l’assunzione

30
di carboidrati fermentabili, mantenendo così a lungo un ph acido nel
cavo orale e impedendo la remineralizzazione spontanea dello smalto.
Per quanto riguarda il potere cariogeno ci sono pareri contrastanti su
quale modalità di allatta mento sia da preferire tra naturale o artificiale ,
Abbey e coll. (1979) hanno effettuato uno studio per individuare il
rispettivo ruolo dei due tipi di allattamento nel determin ismo del la
patologia cariosa [32].
Spalmando polvere di solfato di bario sopra il c apezzolo materno è stato
possibile mettere in evid enza che durante l’allattamento al seno il
capezzolo poggia a livello della zona di passaggio tra palato duro e molle
e che l’azione della suzione deposita il latte posteriormente sul palato
molle , stimolando il riflesso della deglutizione.
Lo stesso metodo ha permesso di evidenziare che durante l’allattamento
artificiale spesso il volume di liquido introdotto con il biberon non è
sufficiente a stimolare il riflesso della deglutizione, quindi il li quido si
accumula nel cavo orale a contatto con gli elementi dentali fino a che
non si i nstaura un sufficiente stimolo per la deglutizione. In realtà, il
volume di liquido assunto mediante allattamento al seno ed artificiale è
simile, ma il capezzolo occup a un volume orale più ampio rispe tto alla
tettarella del biberon, favorendo così la deglutizione.

31
Generalmente l’allattamento al seno viene considerato cario -protettivo
rispetto a quello artificiale.
Anche l’allattamento materno è potenzialmente cariogeno e questo
dipende dal tempo di perm anenza del latte nel cavo orale, per cui la
poppata non dovrebbe mai superare i 10 -15 minuti, e dal contenuto in
lattosio del latte stesso.
Il latte materno contiene il 7,2 % di lattosio, quasi come le preparazioni
di latte in polvere per bambini (più del 7 % di lattosio), mentre il latte
vaccino cont iene il 4,5 % di lattosio.
Il latte bovino sembra addirittura avere un’azione cario -protettiva poiché
diminuisce la demineralizzazione e favorisce la miner alizzazione dello
smalto, probabilmente aumentando la concentrazione di calcio e fosforo
nella placca ed incrementando la capacità tampone della placca stessa; in
secondo luogo contiene alcune proteine salivari, quali alfa -1 caseina, che
sembrano essere in grado di inibire l’aderenza dello Streptococcus
mutans all’idrossiapatite.
Una frazione di queste (K -caseine) è in grado, non solo di ridurre
l’adesività della glicosiltransferasi dello S. mutans all’idrossiapatite, ma
anche di diminuirne la produzione.
Tutte queste evidenze quindi depongono a favore della capacità
cariostatica del latte piuttosto che quella cariogena sostenuta in passato.

32
Il latte umano ha un minor contenuto minerale e proteico rispetto a
quello bovino e una più alta concentrazione di l attosio, ma queste
differenze sono probabilmente insignificanti in termini di cariogenicità.

SCARSO LIVELLO DI IGIENE ORALE
Spesso i genitori non si occupano personalmente dell’igiene orale dei
propri figli, o comunque ritardano l’inizio delle pratiche di igiene.
Trattandosi di una patologia che colpisce inizialmente superfici
facilmente raggiungibili dallo spazzolino, un maggior coinvolgimento
dei genitori nell’aumentare la frequenza e l’attenzione alle pratiche di
igiene orale, potrebbe ridurre il rischi o di carie nei bambini di età
prescolare.
L’uso dello spazzolino è di per sé utile per la rimozione della placca
batterica, e quando è associato al dentifricio fluorato rappresenta la più
potente misura per la prevenzione della carie (Batchelor and Sheiham,
2002; Marinho et Al.,2003; Marinho et Al., 2004)[39].
Numerosi studi concordano con questa teoria. Uno spazzolamento
regolare può infatti contrastare anche gli effetti di una dieta scorretta.
E’ suggerito che se i bambini in età precoce si spazzol ano i denti almeno
due volte al giorno seguiti dai propri genitori, può diminuire
notevolmente il rischio di carie [33].

33
Purtroppo però bambi ni che seguono una dieta ad elevato contenuto di
zuccheri e hanno perciò un maggior rischio di carie, presentan o
solitamente un’igiene orale scarsa ed insufficiente.

Le caratteristiche de lle madri , quali alti livelli di S.mutans , elevata
esperienza di carie, scarsa igiene orale, basso stato socioeconomico e
bassi livelli di educazione, potrebbero essere indicatori d i rischio di car ie
per i propri bambini .
Per quanto riguarda i livelli materni di S.mutans sembra esserci una
correlazione quantitativa tra la prevalenza del batterio nelle madri e
quella nei loro bambini. Questo suggerisce che identificando le madri
incinta con alti livelli di S.mutans e intervenendo per ottimizzare la
salute orale dell e stesse, si potrebbe ridurre la prevalenza del batterio nei
bambini piccoli. Bisogna però considerare che alti livelli di S.mutans
sono sì strettamente associati a l rischio di carie , ma di per sé non sono
necessariamente un’atte ndibile previsione dello stesso.
Diventano predittivi del rischio di carie del bambino se combinati con gli
altri fattori eziologici della patologia[33].
A proposito del livello culturale dei ge nitori e del loro grado di
informazione possiamo affermare che una corretta conoscenza di come

34
poter mantenere la salute dentale dei bambini sia un’importante var iabile
nell’eziologia della SdB.
Proprio a causa della loro scarsa informazione infatti i bamb ini seguono
spesso un regime alimentare scorretto e l’avvio alle pratiche di igiene
orale è tardivo, di solito non prima del diciannovesimo mese, momento
in cui l’eruzione dei primi denti è avvenuta già da circa tredici mesi.

APPORTO NON OTTIMALE DI FLUOR O [39]
La riduzione della prevalenza di carie tra i bambini e gli adolescenti del
mondo industrializzato è avvenuta soprattutto grazie all’effetto della
fluoroprofilassi topica (Marinho et Al., 2003) e nello specifico, grazie a
quello dell’ampio uso dei de ntifrici f luorati.
L’efficienza protettiva del fluoro, come dimostrato dalla ricerca di
laboratorio ed epidemiologica, è legata alla sua azione topica e
post­ eruttiva, e cioè al fatto di essere presente in bocca al momento
giusto (l’attacco acido), nel posto giusto (l’interfaccia smalto placca
batterica) e nella giusta quantità (Centers for Diseases Control,2001).
I gel e le vernici al fluoro sono prodotti ad a lta concentrazione di fluoro,
vengono applicati professionalmente (i gel possono essere usati anche a
domicilio – “self applied modality ”) e sono in grado di inibire l’insorgere

35
della patologia cariosa (Marihno et Al., 2002; Carvalho et Al., 2010; van
Rijkorn et Al.,1998).
Una revisione sistematica attribuisce modesta efficacia ai supplementi
fluorati usati ai fini preventivi nella dentizione decidua (compresse,
gocce o chewing ‐gum) (Tubert‐Jeannin etAl., 2011). Questi andrebbero
quindi utilizzati in condizioni di oggettiva difficoltà all’uso topico del
fluoro. Molte linee guida internazionali ne limitano l’impiego nei
soggetti ad alto rischio di carie come intervento addizionale (British
Society of Paediatric Dentistry,2003; Australian Research Ce ntre for
Population Oral Health, 2006; American Dental Association, 2006;
Health Canada, 2008; Ismail and Hasson, 2008; British Association for
the Study of Community Dentistry, 2009;Coop et Al., 2009; Scottish
Dental Clinical Effectiveness Programme, 2010 ; Oganessian et Al.,
2011).
L’assunzione sistemica (gocce, compresse) di fluoro in gravidanza
finalizzata alla prevenzione della carie nel nascituro non è supportata da
evidenze scientifiche di elevata qualità (Leverett et Al.,1997; USA
Centers of Disease Control, 2001;SaRoriz Fonteles et Al.,2005; Irish
Oral Health Service Guideline Iniziative, 2008; New Zealand
Guidelines Group, 2009;European Academy of Paediatric Dentistry,

36
2009; Rozier et Al., 2010; American Academy of Paediatric Dentistry,
2011).

FATTORI EZIOLOGICI INTRINSECI

CONDIZIONI PREDISPONENTI PRE O POST -NATALI
Come primo fattore intrinseco predisponente possiamo considerare la
peculiare morfologia degli elementi dental i neo -erotti , che presentano
scarsa mineralizzazione. Le corone dei denti decidui sono inoltre più
piccole di quelle dei permanenti e rispetto a queste ultime sono ricoperte
da uno strato molto sottile di smalto, ridotto di circa il 50 %, a dispetto di
una camera pulpare molto ampia.
Proprio per queste caratteristiche il d ecorso tipico della sindrome è
rapidamente progressivo.
Un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di carie precoci è la
presenza di difetti di sviluppo dello smalto ereditari o acquisiti, le cui
cause possono essere differenti :
• Parto prematuro;
• Mala ttie ereditarie;
• Malnutrizioni;
• Traumi;

37
• Basso peso alla nascita;
• Infezioni;
• Disordini metabolici.
Tra i difetti di sviluppo della sostanza dentaria possiamo annoverare
l’ipoplasia dello smalto . Tale patologia è ben riconosciuta come un forte
indicatore di rischio per la SdB ed è frequente nelle comunità di basso
livello socio -economico [34].
Numerosi studi clinici ed esperimenti condotti su animali indicano infatti
che in caso di ipoplasia dello smalto , è notevolmente aumentat o il rischio
di carie, in quanto il dente risulta meno resistente agli attacchi cariogeni
[30,32 ].
Le superfici dentali ipoplasiche o ipomineralizzate sembrano essere
anche più facilmente colonizzabili da llo S. Mutans [35, 36].
Una possibile causa di ipoplasia dello smalto è l ’inge stione di piombo o
altri metalli pesanti da parte di una donn a in gravidanza, dopo il parto o
direttamente da parte del bambino.
Il metallo si concentra nel latte materno e va ad interferire con il
metabolismo del calcio, altera la funzione salivare, l’ amelogenesi e la
dentinogenesi; quando presente nella saliva e nella placca si lega al
fluoro inibenbo il suo effetto cariostatico [35].

38
STATO DI SALUTE GENERALE
Anche lo stato di salute generale può influire sulla predisposizione alla
carie precoce dell’ infanzia.
I bambin i che hanno ad esempio patologie croniche (mucoviscidosi,
epilessia, cardiopatie, otite media ricorrente, infezioni frequenti delle vie
respiratorie ) o presentano immunodepressione (HIV) sono costretti a
prendere medicinali che, data la giovane età, vengono somministrati
sottoforma di sciroppi. M olte preparazioni pediatriche spesso, a causa
del loro cattivo sapore , vengono addizionate di zuc chero per essere rese
più gradevoli, oppure i farmaci vengono direttamente mescolati a
soluzioni zuccherate somministrate poi con il biberon [35]. Questo
inevitabilmente espone al continuo contatto con carboidrati fermentabili
e al rischio perciò di sviluppare carie destruenti.
Inoltre la prevalenza d ella patologia cariosa è elevata anche nei pazienti
definiti disabili (Beltran -­‐Aguilar and Beltran -­‐ Neira, 2004)[39].
Le disabilità non rappresentano un fattore di rischio per la patologia
cariosa in sé per sé, ma possono ridurre la capacità del singol o di
prendersi cura di sé e quindi anche della propria salute orale.
Un' altra condizione sistemica che espone a rischio di carie è la
xerostomia , ovvero la diminuzione del flusso salivare, che provoca
lesioni cariose rapidamente progressive. La produzione di saliva può

39
essere ridotta in alcune patologie sistemiche a causa dell’assunzione di
farmaci e di terapia radiante della testa e del collo (Lenander -­‐Lumikari
and Loimaranta, 2000). La saliva, come abbiamo precedentemente
accennato, assume un ruolo protettivo fondamentale nei confronti della
patologia cariosa.

CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE E
STATO SOCIO -ECONOMICO
Altri fattori che possono influenzare la suscettibilità alla carie sono
razza, etnia e stato socio -economico del nucleo familiare di
appartenenza.
La prevalenza di carie nelle popolazioni del mondo occidentale
evidenzia una distribuzione asimmetrica : la prevalenza e la gravità della
patologia cariosa sono significativamente più alte nei bambini
appartenenti alle classi socio ‐economiche più basse, sia nella dentatura
decidua che in quella permanente (Schou,1991; Gift and Cohen, 1995;
Holst, 2001; Ferro et Al., 2007, Ferro et Al., 2010, Ferro et Al., 2012).
Questi stessi bambini lamentano anche una maggiore difficoltà d’accesso
alle cure odontoiatriche (Cocker, 2000; Pine et Al., 2004).

40
Studi epidemiologici documentano chiaramente che l’aumentato rischio
di sviluppare la SdB è associato all’appar tenenza ad una minoranza
etnica e ad una classe sociale meno abbiente [37, 38 ].
Individui appartenenti a classi sociali indigenti sono costretti a
sopportare situazioni finanziarie, sociali e materiali tali da
compromettere la loro capacità di badare a sé stessi e di condurre una
vita “ sana”. Questa particolare condizione indebolisce il loro stato di
salute generale.

41
Capitolo 3

Strategie preventive
La S db rappresenta un serio problema di salute pubblica particolarmente
grave in quanto colpisce neonati e bambini molto piccoli, e sembra
purtroppo essere una malattia in costante aumento [15]; proprio per questi
motivi esiste l’urgenza di attuare adeguati programmi di prevenzione
della patologia, e l’obbligo di investire quante più risorse ed energie
possibili in tali strategie preventive.

È possibile distinguere 3 diversi livelli di prevenzione:
• Primaria : rappresentata dall ’insieme di misure necessarie e utili
per impedire l’insorgenza della patologia .
• Secondaria: caratterizzata dai mezzi necessari a garantire una
diagnosi precoce della patologia e ad evitarne quindi la
progressione.
• Terziaria : ovvero il trattamento terapeutico della malattia, che ne
cura gli effetti e si occupa della sua riabilitazione, non riduce né le
cause né la prevalenza della patologia.

42
Il livello più importante sul quale dovremmo agire è ovviamente il
primo, nel tentativ o di mantenere il più a lungo possibile la salute dentale
dei bambini, i cui denti sono sani al momento dell’eruzione.
La prevenzione inizia proprio nella testa dei genitori e la salute orale dei
bambini, troppo piccoli per autogestirsi, è una conseguenza diretta, e non
casuale, dei comportamenti de gli stessi.
Per attuare efficaci programmi di prevenzione dovrebbe esserci una
compartecipazione multidisciplinare che comprenda diverse figure
professionali (ginecologo, pediatra, odontoiatra), nonché la
collabo razione dei genitori o della famiglia, e del bambino stesso.
Dove sono stati approntati validi programmi di prevenzione a livello
pubblico l’incidenza della patologia cariosa è crollata.
In Danimarca ,ad esempio, i ragazzi a 12 anni presentano in media m eno
di una carie in tutta la bocca.
La prevenzione è fatta di comportamenti che devono diventare un’
abitudine, e quanto prima tali comportamenti vengono acquisiti tanto più
saranno efficaci [40].

43
PREVENZIONE PRIMARIA

Il primo livello di prevenzione, il cui compito è impedire l’insorgenza
della malattia, prevede l’ educazione sanitaria dei genitori e l’attuazione
di misure preventive effettuate direttamente sui denti del bambino .
Il bagaglio di informazione è la prima arma che i genitori devono avere
per poter evitare di attuare comportamenti sbagliati che mettano a
repentaglio la salute dei propri figli.
L’EDUCAZIONE deve riguardare diversi aspetti, sia di tipo generale,
che specifico dentale, quali:
 Comportamento da seguire durante la gr avidanza;
 Corretto regime alimentare del bambino;
 Corrette manovre di igiene orale;
 Possibilità di attuare la Fluoroprofilassi;

COMPORTAMENTO DA SEGUIRE IN GRAVIDANZA
Le raccomandazioni da fare alle madri devono risalire al momento della
gravidanza, poic hé è in questo periodo, e precisamente a partire dal 3°
mese di vita intrauterina, che si formano le gemme dei denti decidui.
Innanzi tutto è necessario far capire alle neo – mamme l’importanza della
loro stessa salute orale; infatti perché il bambino cresca privo di carie è

44
fondamentale che la mad re stessa abbia una bocca sana.
Se la mamma non attuerà quotidianamente dei comportamenti preventivi
adeguati per se stessa, è prevedibile che non lo farà nemmeno per il
proprio figlio.
Ai fini del mantenimento della propria salute orale, i consigli pratici da
dare alle madri in gravidanza sono quelli di:
• Seguire un ’ alimentazione corretta , che non preveda un eccessivo e
frequente consumo di carboidrati fermentabili;
• Avere una scrupolosa igiene orale . A tale proposito si consiglia di
usare lo spazzolino tre volte al giorno associato ad un dentifricio
fluorato per rimuovere nel miglior modo possibile la placca batterica
sui denti e sulle gengive [40] .
Lo scopo della particolare attenzione all’igiene in gravidanza è quello
di prevenire non solo la carie dentale ma, andando a diminuire la
carica batterica del cavo orale, di ridurre anche il rischio di
contaminazione mamma -neonato.
Inoltre l’attenzione scrupolosa da parte delle future mamme alla
rimozi one della placca batterica è fondamentale per la prevenzione
della frequente gengivite gravidica. Questa condizione infiammatoria
dei tessuti molli, che si manifesta attraverso il sanguinamento
gengivale, si sviluppa proprio a causa della presenza di placc a

45
associata ad una maggior suscettibilità dei tessuti all’infiammazione,
dovuta quest’ultima ai cambiamenti ormonali che avvengono nel
periodo gravidico.
Per diminuire il rischio della contaminazione madre -figlio , definito
“passaggio intra -famil iare dello streptococcus mutans” , sarà necessario
ridurre il più possibile la carica batterica del cavo orale materno.
I mezzi esistenti a tale scopo sono:
• una scrupolosa igiene orale, come visto in precedenza ;
• controlli odontoiatrici periodici, che prevedano event uale igiene
professionale e trattamento di possibili lesioni cariose;
• si consiglia la masticazione 3 volte al giorno di chewing -gum allo
xilitolo , un dolcificante che ha la caratteristica di non essere
metabolizzato dallo streptococco e che provoca una ne tta
riduzione quantitativa di specie cariogene nel cavo orale.
In questo modo si abbassa significativamente il gr ado di infettività
della mamma.
Studi clinici, condotti all’Università di Turku in Finlandia, hanno
dimostrato che il consumo abituale di che wing -gum allo xilitolo
da parte delle mamme riduce del 75% l’incidenza della carie nella
dentat ura decidua dei propri figli [40].

46
• Possibile applicazione di chemioterapici , dopo valutazione e
corretta gestione del rischio di trasmissione batterica oro -orale
madre -figlio[15].
Nonostante i mezzi usati per cercare di diminuire la carica batterica
materna, è possibile che avvenga comunque la contaminazione del cavo
orale del neonato attraverso la saliva della madre, che rappresenta la
fonte principa le di infezione. Tale scambio di saliva può avvenire in vari
modi: attraverso il bacio , oppure quando la mamma testa la temperatura
del biberon per passa rlo poi nella bocca del bimbo , o quando gioca con il
ciuccio trasferen dolo da una bocca all’altra, oppu re condividendo le
posate col bambino etc.
Dato che diversi studi hanno dimostrato che , quanto più precoce avviene
questa contaminazione , tanto più precoce e p iù intensa sarà l’incidenza
di carie nella dentatura decidua del bambino, risulta fondamentale
spiegare ai genitori la necessità di evitare i suddetti comportamenti
pericolosi.
Fino a poco tempo fa si consigliava inoltre alle madri la fluoroprofilassi
sistemica , attraverso l’assunzione di gocce o compresse, a partire dal 3°
mese di vita intrauterina e con dosaggi prestabiliti in base alla quantità di
fluoro contenuta nell’acqua bevuta normalmente dalle stesse (1 mg/dì,

47
per acque con <0,3 ppm di F, 1 mg/dì per acque con 0,3-0,6 ppm di F e
niente F per acque con >0,6 ppm di F).
Attualmente la tendenza è cambiata poiché è stato dimostrato che la
fluoroprofilassi prenatale non ha alcun effetto sui denti permanenti , ed
esistono ancora molteplici dubbi su un reale effett o preventivo della
stessa sui denti da latte.

CORRETTO REGIME ALIMENTARE DEL BAMBINO
L’alimentazione tipo del neonato e del bambino deve seguire le
indicazioni fornite ai genitori da parte del pediatra, che è sicuramente la
prima figura professionale di riferimento.
Proprio per questo i pediatri dovrebbero essere a conoscenza delle
caratter istiche di questa grave patologia, spesso trascurata, e tenerne
conto nelle indicazioni date ai genitori.
La dieta tipo per il bambino deve sicuramente fornirgli tutte le sostanze
nutritive necessarie alla crescita, ma dovrebbe anche essere adeguata al
mantenimento della sua salute dentale.
L’odontoiatra può fornire le sue raccomandazioni soltanto al momento
della prima visita, che spesso avviene però tardivamente, magari proprio
a seguito della comparsa dei segni e sintomi della malattia.

48
I consigli util i da fornire ai genitori possono essere così riassunti:
• Evitare una modalità di allattamento, sia esso naturale o artificiale,
a richiesta, che esponga quindi il bambino al continuo contatto con
gli zuccheri del latte;
• Non prolungare l’allattamento oltre i 12 mesi;
• Evitare di far addormentare il bimbo col ciuccio o il biberon
cosparsi di miele od altre sostanze zuccherate, o contenenti liquidi
diversi dall’acqua. Tali sostanze rimangono adese ai denti per
molte ore, in un momento oltretutto di fisiologica riduzione della
salivazione;
• Controllare la dieta del bambino nella quantità e nella frequenza di
esposizione ai carboidrati fermentabili: limitando al momento dei
pasti l’assunzione di zuccheri , quando il flusso s alivare è
maggiore; utilizzando cibi meno cariogeni negli intervalli tra un
pasto e il successivo (evitare caramelle, succhi di frutta che
abbassano il ph); pulire inoltre sempre i denti del bambino dopo il
pasto, nonché dopo l’assunzione di farmaci contenenti saccarosio .

49
CORRETTE MANOVRE DI IGIENE ORALE
Come abbiamo visto nel capitolo dedicato all’eziologia, un fattore
imprescindibile per l’insorgenza della carie è quello microbiologico.
Senza batteri cariogeni che compongono la placca dentaria non può
innescarsi il processo carioso; è propri o per questo che risulta
fondamentale il mantenimento dell’igiene orale attraverso un quotidiano
spazzolamento dei denti , necessario per rimuovere la placca batterica ed
i detriti alimentari.
Le prime manovre di igiene orale nel neonato devono cominciare a l
momento dell’eruzione dei primi dentini; si consiglia ai genitori di
passare una garza imbibita di dentifricio al fluoro (con una
concentrazione non superiore a 500 parti per milione) sui denti e sulle
gengive, almeno due volte al giorno. Inizialmente qu indi lo spazzolino
non è necessario.
Successivamente, dai 2 fino ai 6 anni, i genitori devono sollecitare e
aiutare il bambino a lavarsi i denti almeno due volte al giorno con un
dentifricio contenente 500/1000 ppm di fluoro, in accordo con quanto
defini to nel 2009 dall’European Academy of Paediatric Dentistry.
La quantità ideale di dentifricio è la “pea size amount”, cioè una quantità
pari alla grandezza di un pisello (nel complesso attorno a mezzo
grammo).

50
Mentre dai 6 anni in su è bene aumentare la qu antità di dentifricio, pari a
una striscia di dentifricio di 1 -2 cm, mantenendo la concentrazione di
1000/1400 ppm di fluoro.
Un bambino piccolo non ha la maturità neuromuscolare necessaria a
lavarsi i denti da solo, ma è importante che lo si abitui a farl o almeno
due volte al giorno dopo i pasti principali, ponendolo quasi come un
gioco. Questo è importante per due motivi:
• lo spazzolino servirà come mezzo per trasportare il fluoro all’interno
della bocca, garantendone quindi il necessario apporto;
• attraver so questa azione quotidiana si cercherà di far acquisire al
bambino un’abitudine che gli rimanga per il resto della vita. Tale
abitudine sarà il mezzo più efficace per prevenire le malattie del cavo
orale più frequenti: la carie dentale e la malattia parod ontale.
L’apprendimento del bambino è anche frutto dell’ “imitazione”,
possiamo perciò sfruttarla a nostro vantaggio; un piccolo che vede i
genitori mentre si lavano i denti può esserne stimolato e tenderà a farlo
naturalmente. È importante che il genitore dopo aver lasciato “giocare” il
bambino con lo spazzolino provveda personalmente alla rimozione di
eventuali detriti alimentari e depositi di placca residui, ripassando con lo
spazzolino sui denti per una ventina di secondi circa.

51
Se garza o spaz zolino sono difficili da usare, eventualità non infrequente
in caso ad esempio di un bambino non collaborante, è opportuno
ricorrere alla somministrazione di una compressa al fluoro di 0,25 mg
fino ai 3 anni. Come aiuto durante l’istruzione alle manovre d i igiene
orale è possibile utilizzare soluzioni o compresse rilevatrici di placca.
Questi dispositivi sono composti da particolari sostanze coloranti (viola,
rosa) che consentono un controllo visivo immediato dei punti dove si
trovano ancora residui di placca dopo lo spazzolamento. Ci permettono
quindi di insistere con lo spazzolino al fine di ottenere una rimozione più
accurata della placca ed una completa eliminazione dei batteri che la
compongono. I residui di placca sono infatti molto difficili da
identificare ad occhio nudo.

In figura è mostrato un
esempio di collaborazione ,
che è possibile ottenere in
una bambina di soli 2 anni,
se viene affrontato il
momento dell’igiene orale
come un gioco.

52
FLUOROPROFILASSI
Il fluoro è un elemento naturale, primo elemento del gruppo degli
alogeni, le cui proprietà preventive sono state scoperte attorno agli anni
’40 e sono risultate successivamente molto efficaci.
Per comprendere al meglio il perché della sua applicazione cl inica è
meglio chiarirne brevemente le caratteristiche e le funzioni.
Il Fluoro, come il calcio e il fosforo, è essenziale per la formazione di
denti e ossa: circa il 99% del fluoro che si trova nell’organismo è
localizzato nei tessuti mineralizzati.
Le sue azioni principali possono essere riassunte come segue:
• Il suo meccanismo principe è rappresentato dalla capacità di inserirsi
nella molecola fondamentale dello smalto dentario, l’apatite,
riducendone così la solubilità. La fluoroapatite infatti è più r esistente
dell’idrossiapatite in presenza di acidi derivati dal metabolismo
batterico degli zuccheri; t ale inserimento può avvenire in 2 momenti
diversi della vita del dente: durante la sua maturazione all’interno
dell’osso alveolare o durante la sua perma nenza nel cavo orale.
La fluoroapatite ottimizza inoltre la cristallizzazione dello smalto
essendo una molecola più piccola e quindi più stabile.

53
• È in grado di formare una crosta labile e impermeabile sullo smalto,
in caso di elevata acidità, per precipita zione di sali insolubili quali
Fosfato di calcio, dopo la reazione idrossiapatite – fluoroapatite .
• Inibisce la formazione della cuticola che normalmente si deposita sul
dente pulito, e della sua azione chemiotattica nei confronti dei batteri,
poiché alter a la formazione dei legami a ponte di Ca della cuticola.
• Inibisce i batteri agendo a livello della glicolisi, della crescita
batterica, o attraverso un’azione battericida a seconda della quantità
di F in forma ionica disponibile. Più basso è il pH maggiore sarà
l’azione del F sui batteri.
Il fluoro si ritrova in tanti alimenti (formaggi, pesce azzurro, tè ecc.) e
nelle acque potabili in diverse concentrazioni .
Fra gli anni ’50 e ’60 negli Stati Uniti fu sperimentata l’aggiunta di
fluoro nelle acque potabi li di alcune aree, ottenendo una netta
diminuzione dell’incidenza della carie nella popolazione interessata. Si
ipotizzò pertanto che il somministrare fluoro per via sistemica (ovvero
con la sua assunzione per via generale tramite l’ingestione) fosse la pi ù
efficace delle metodiche di prevenzione della carie. Gli studi portarono
alla ricerca di forme diverse di fluoroprofilassi sistemica, ovvero la
fluorizzazione del sale da cucina, del latte, oppure l’uso di compresse o
gocce fluorate. L’indubbia efficaci a della fluoroprofilassi sistemica non

54
bastò comunque a spiegare la netta riduzione della carie nei paesi
industrializzati avvenuta nelle ultime tre decadi […] perché solo una
piccola parte della popolazione ne usufruiva. La causa fu più tardi
individuat a invece nel fluoro presente nei dentifrici, cioè del fluoro
assunto per via topica [40].
Come abbiamo accennato precedentemente il fluoro, se presente in
bocca nel momento dell’attacco acido, protegge lo smalto dalla
demineralizzazione, rendendolo meno solubile.
Quindi risulta molto importante l’apporto topico quotidiano nel cavo
orale della giusta quantità di fluoro, attraverso l’utilizzo di dentifrici,
collutori, gel e chewing – gum fluorati.
È anche possibile l’applicazione professionale di fluoro attraverso ge l,
schiume, vernici o dispositivo a rilascio costante di fluoro.
Il fluoro contenuto nei dentifrici come ingrediente attivo può essere in
diversa formulazione: ci può essere il fluoruro stannoso, il fluoruro di
calcio, il fluoruro di sodio, il sodio mono -fluoro -fosfato, le ammine
fluorate, tali forme di fluoro in alcuni dentifrici sono addirittura
accoppiate; l’importante è usare quotidianamente un dentifricio
contenente fluoro non meno di 2 volte al giorno.
I dentifrici per bambini contengono meno fluoro d i quello degli adulti.
Questa precauzione è dovuta al fatto che i bimbi ingeriscono spesso

55
parte del dentifricio perché sotto i sei anni il riflesso della deglutizione
non è ben controllato, e anche perché, dato il gradevole sapore della
pasta dentifricia , a volte l’ingestione è deliberatamente voluta.
Gli studi riportano infatti che nei bimbi di due anni l’ingestione del
dentifricio è stimata essere attorno al 65%, a quattro anni del 50% e a
cinque del 34%; nel complesso i bimbi sotto i sei anni di età in geriscono
dal 24% al 60% del dentifricio [40].
Se l’assunzione di fluoro per via sistemica è esagerata, il F va ad
incorporarsi nello smalto dei denti permanenti in via di formazione, con
rischio di fluorosi, caratterizzata da alterazioni cromatiche dello smalto
che possono dar luogo anche a forti inestetismi.
Nelle pagine seguenti ( pag g. 57 -58) sono riportate rispettivamente:
• la tabella riguardante la valutazione del rischio di carie
individuale (SIGN,2005).
• la tabella riassuntiva delle tecniche di prev enzione da seguire,
per fasce di età e livello di rischio individuale [39].
Da 0 a 3 anni le misure di prevenzione sono esclusivamente
somministrate dalle figure genitoriali, dopo i 3 anni il bambino
acquisisce gradualmente le competenze.
Il fluoro sistemi co (gocce o compresse) non dovrebbe essere prescritto se
il bambino si spazzola regolarmente utilizzando un dentifricio fluorato.

56
Se ne riserva la prescrizione a situazioni di oggettiva difficoltà nella
somministrazione topica e come tecnica preventiva add izionale nei
soggetti ad alto rischio (carie precoce dell'infanzia – Early Childhood
Caries (ECC), contesti socio ‐economici svantaggiati, disabili), con la
raccomandazione di sciogliere in bocca la compressa per 1 ‐2 minuti
prima di ingoiarla.
Il dosaggio va inoltre valutato con attenzione in rapporto all'età ed al
quantitativo di fluoro assunto con l’acqua di rubinetto e/o in bottiglia.
Gli integratori fluorati sono indicati per una concentrazione di fluoro
nell’acqua <0.6ppm (mg/l). (American Academy of P aediatric Dentistry,
2012).
LINEE GUIDA NAZIONALI sui dosaggi indicati per il F sistemico
Età <0,3 ppm F 0,3-0,6 ppm F >0,6 ppm F
0 – 6 mesi 0,25 mg 0 0
6 mesi – 3 anni 0,25 mg 0 0
3 – 6 anni 0,50 mg 0,25 mg 0

Per la prevenzione della patologia cariosa e della sua recidiva è utile
valutare il livello di rischio individuale, che deve essere monitorato nel
tempo (SIGN,2005) date la molteplicità e variabilità dei fattori di rischio.
I soggetti possono essere classificati a basso e ad alto rischio.

57

*Ipomineralizzazione di origine sistemica che riguarda da 1 a 4 primi molari
permanenti, con frequente interessamento degli incisivi. Livello di
rischio A basso rischio Ad alto rischio
Condizioni di
salute orale
• Nessuna lesione cariosa
• Placca non visibile
• Assenza di gengivite
• Almeno una lesione
cariosa
• Placca visibile sui denti
anteriori
• Portatori apparecchi
ortodontici
• Ipoplasia dello smalto,
MIH*
Caratteristiche
socio –
ambientali
individuali

• Fluoroprofilassi ottimale
(uso di spazzolino e
dentifricio 2 o più volte al dì) • Fluoroprofilassi non
ottimale
• Consumo di zuccheri
semplici durante i pasti

• Status socio -economico
familiare medio -alto

• Controlli odontoiatrici
regolari

• Consumo occasionale o
frequente fra i pasti (>2
volte) di zuccheri semplici

• Status socio‐economico
familiare medio -basso o
basso

• Scarsi o assenti controlli
odontoiatrici regolari

• Lesioni cariose nella
madre
Stato di salute
generale

• Bambini diversamente
abili

• Condizioni cliniche di
ridotto flusso salivare

58
*I sigillanti vengono utilizzati per proteggere il sistema fissurale dei molari
permanenti in pazienti ad alto rischio di carie all’interno di una strategia preventiva
mirata

Deve essere l’odontoiatra che, in base alla ricettività individuale,
stabilisce la periodicità delle visite di controllo. Se un bimbo è a basso
rischio può essere rivisitato anche a distanza di 1 anno, ma se è molto
ricettivo alla carie va controllato anche dopo 4 mesi. Età Tutti Soggetti a rischio
O-3
anni
• Igiene orale quotidiana effettuata da o
con la supervisione dei genitori
• “striscio” di dentifricio con almeno
1.000 ppm di fluoro
• Spazzolamento 2 volte al dì dalla
comparsa del primo deciduo
• La frequenza e la quantità di cibi e
bevande zuccherati deve essere
ridotta e limitata ai pasti principali
• Utilizzare se possibile farmaci “sugar –
free”
• F sistemico

3-6
anni
• Visita odontoiatrica periodica
• Non somministrare cibi e/o bevande
dopo lo spazzolamento serale
• Lo spazzolamento con la supervisione
di un genitore
• “pisello” di dentifricio contenente
almeno 1.000ppm di fluoro • Applicazione di
vernici fluorate

Dai
7
anni
• Visitaodontoiatrica periodica
• Filo interdentale (14 anni)
• “pisello” di dentifricio contenente
almeno 1.000ppm di fluoro
• Applicazione di
sigillanti*
• Applicazione di
vernici fluorate
• Applicazione di gel
fluorati
• Utilizzo di collutorio
fluorato

59
PREVENZIONE SECONDARIA
Il secondo livello di prevenzione ha lo scopo di riconoscere
precocemente i primi segni della patologia, evitandone la progressione
attraverso un intervento terapeutico preventivo .
Perché possa essere attuato questo tipo di prevenzione dovrebbero essere
informati prima di tutto i genitori, o chi si occupa del bambino, delle
caratteristiche c liniche della patologia, così da poter riconoscere
precocemente le lesioni e poter accedere il prima possibile alle cure
odontoiatriche.
Un ruolo chiave nella prevenzione e nel controllo della ECC è rivestito
dal pediatra , attraverso lo screening dentale , che deve avere come
obiettivo il riconoscimento dei bambini che necessitano di un a visita
odontoiatrica specialistica precoce [41, 42].
Ma a quale età è indicata la prima visita odontoiatrica di un bambino?
Viene solitamente suggerito di visitare il bambin o per la prima volta
all’età di 1 anno .
Il professor Martin Courzon, editore dell'European Academy of
Paediatric Dentistry Journal, ha proposto lo slogan “first tooth -first visit”
per una campagna di sensibilizzazione affinché le famiglie portino il
bimbo dal dentista al momento dell’eruzione del primo dente. Secondo
Courzon questo può essere il modo per sconfiggere la ECC [40].

60
Dal punto di vista teorico tale proposta è certamente condivisibile, ma
secondo Roberto Ferro (presidente della Società Italiana di Odontoiatria
Infantile nel biennio 2010 -2011) è in realtà poco praticabile.
Questo perché, per lo meno in Italia, è diffi cile che una mamma porti il
bambino dal dentista a 6/7 mesi solo per mostrare l’eruzione del primo
dente da latte; solitamente in questa occasione i genitori si rivolgono al
pediatra. Sarà proprio quest’ultimo a dover fornire per primo alla
famiglia tutt e le informazioni necessarie al mantenimento della salute
orale del bambino.
È quindi importante che ci sia una collaborazione diretta tra pediatra e
odontoiatra per poter gestire in maniera congiunta e ottimale la salute
orale del bambino nei primissimi a nni di vita.
Il momento che viene quindi suggerito per la prima visita del bambino è
l’età di 2 anni, cioè quando il bimbo sa relazionarsi in modo più
compiuto con degli estranei. In questo modo l’approccio col dentista
avviene precocemente, in maniera lud ica e non forzata da un eventuale
mal di denti, ma allo stesso tempo in un momento in cui è possibile
interloquire direttamente col bambino che può fornirci la sua
collaborazione. A due anni l’eruzione dei decidui non è di norma
completata (nella media que sto avviene verso i 30 mesi), ma è
un’occasione per scoprire l’eventuale presenza di una iniziale forma

61
grave di ECC e insegnare alla mamma come evitare la progressione della
stessa [40].
PREVENZIONE TERZIARIA
La prevenzione terziaria è rappresentata dal trattamento terapeutico della
patologia e delle sue complicanze e dalla fase riabilitativa che ha lo
scopo di gestire i defici t e delle disabilità funzionali conseguenti.
Il metodo più efficace e meno costoso è rappresentato dal trattamento
restaurativo a -traumatico (ATR) da utilizzare quando possibile .
I vantaggi di questa tecnica , che si serve di cementi vet roionomeri , sono
diversi:
• tali materiali sono in grado di rilasciare fluoro;
• presentano una notevole ritenzione;
• la quantità di anestetico necessaria è minima.
Tutte queste qualità rendono tale tecnica ben accetta sia da parte del
paziente che dell’odonto iatra.
L’obiettivo di quest’ ultimo livello di prevenzione è sostanzialmente
quello di limitare il più possibile il danno ormai avvenuto.
Gli interventi effettuabili oltre alla terapia conservativa sono il
trattamento endodontico, o l’exodonzia quando nece ssaria.
Nella fase riabilitativa vengono effettuati interventi protesici e spesso
anche ortodontici.

62
Capitolo 4

Opportunità terapeutiche
L’approccio terapeutico di tale patologia non è di facile attuazione per
l’odontoiatra, che si trova spesso a dover intervenire in uno stadio molto
avanzato della malattia, caratterizzato da una sintomatologia dolorosa
importante per il bambino. I pazienti in questione sono inoltre bimbi
molto piccoli da cui è difficile ottenere un buon grado di collaborazione.
Scopo de ll’intervento terapeutico è quello di bloccare la progressione
della malattia e di curarne gli esiti, ripristinando per quanto possibile le
funzioni estetica, masticatoria e fonetica che sono state compromesse,
anche al fine di evitare eventuali e gravi co mplicanze future di natura
ortognatodontica.
La terapia dei bambini affetti da SdB si differenzia sotto diversi aspetti
dalla terapia degli adulti.
Questo è inevitabile date le molteplici differenze morfologiche e
funzionali esistenti tra gli elementi dec idui e i permanenti, che possiamo
così elencare:

63
1. I denti decidui sono più piccoli dei corrispondenti permanenti, tranne
i molari decidui, la cui larghezza in senso mesio -distale è di solito
maggiore di quella dei premolari permanenti.
2. La corona dei denti d ecidui è sporgente, spesso con u n evidente
cingolo vestibolare.
3. Il colletto dei decidui è più netto e marcato di quello dei permanenti.
Lo smalto cessa bruscamente al di sopra del colletto invece di
assottigliarsi gradualmente.
4. All’eruzione le cuspidi dei denti decidui sono più appuntite di quelle
dei denti permanenti.
5. Lo spessore dello smalto che riveste la corona dei denti decidui è più
sottile (in media 0,5 -1,0 mm) rispetto a quello dei denti permanenti
(in media 2,5 mm) .
6. Lo smalto dei denti decidui, più opaco di quello dei denti permanenti,
conferisce alla corona una maggiore bianchezza.
7. Lo smalto deciduo è meno duro e si usura più fa cilmente rispetto al
permanente, ed è inoltre più permeabile.
8. Le radici dei denti da latte sono più corte e meno robus te di quelle dei
denti permanenti.
9. Le radici dei molari decidui, nettamente divergenti, superano il
perimetro della corona. Ciò è da mettere in relazione al fatto che,

64
durante lo sviluppo, i premolari sono situati provvisoriamente sotto la
corona dei dent i decidui che dovranno sostituire.
10. La cavità pulpare nel deciduo è più ampia, i cornetti pulpari sono più
prominenti (è più facile l’esposizione pulpare ). I canali radicolari dei
denti decidui sono estremamente sottili.
11. Esistono nel deciduo comunica zioni pulpo -parodontali a livello della
base pulpare e a livello radicolare attraverso gli apici radicolari.
12. La papilla interdentale dei decidui è più voluminosa.
13. La corona del deciduo è molto più curvilinea e l’inserzione epiteliale
della “gengiva” avviene a livello dello smalto anziché a livello della
giunzione amelo -cementizia.
14. La dentina nei decidui è più sottile ed è men o calcificata. Lo spessore
è circa la me tà di quello del permanente. I tubuli sono più ampi per
cui vi è un più rapido interessamento pulpare in caso di carie. La
dentina che calcifica prima della nascita è molto omogenea, quella
che calcifica dopo ha una calcificazione parcellare che si rimuove e
si asporta più facilmente.
15. Lo spessore totale smalto -dentina è di 2 – 3 mm (contro 6 mm del
dente permanente).
16. Tra i decidui non ci sono punti di contatto, ma è presente una
superficie di contatto ampia. Ciò comporta pericolo di intasamento

65
soprattutto nei molari decidui.
17. Presenza di diastemi fisiologici nei denti decidui .
18. I ligamenti e le zone alveolari subiscono rimaneggiamenti durante
tutta la permanenza del dente deciduo.
Spesso purtroppo l’importanza dei denti da latte viene sottovalutata dai
genitori e, fatto ancora più grave e sconvolgente, dagli stessi odontoiatri.
Questo accade perché si pensa che il deciduo conti meno del permanente
visto che andrà perso in fase di permuta.
I denti da latte sono invece estremamente importanti, in quanto
perme ttono al bambino di mangiare e parlare correttamente; hanno
inoltre una valenza estetica, mantengono lo spazio e guidano l’eruzione
dei permanenti corrispondenti, impedendo l’instaurarsi di future
malocclusioni. Il mantenimento di una dentatura decidua san a previene
inoltre possibili difetti di sviluppo degli elementi dentari permanenti, i
cui germi sono in intimo rapporto con le radici dei rispettivi decidui.
Il compito dell’intervento terapeutico sarà quindi quello di conservare il
più a lungo possibile e per quanto possibile i denti colpiti o distrutti dalla
carie.
Nella programmazione terapeutica si devono considerare diversi aspetti,
ovvero: il grado di maturazione del bambino, l’estensione delle lesioni,

66
la vitalità degli elementi coinvolti, la collabo razione dei genitori e la
possibilità di acquisire la collaborazione del piccolo paziente.
Possiamo distinguere tra due possibili situazioni che il clinico si trova ad
affrontare:
1. Il trattamento di LESIONI PRECOCI
2. Il trattamento di LESIONI AVANZATE

LESION I PRECOCI
In questo caso ovviamente il bambino è giunto all’osservazione precoce
dell’odontoiatra ed esistono più possibilità di conservare gli elementi
dentali colpiti dalla carie.
Se le lesioni sono ancora allo stadio di sem plice demineralizzazione
(whit e-spot) sarebbe teoricamente possibile arrestarle attraverso una
serie di accortezze. P oiché i bambini che presentano le prime lesioni
della sindrome sono molto piccoli, è necessario in questa fase un attivo
coinvolgimento dei genitori.
Il trattamento prevede l’attuazione di tutte le misure di prevenzione
primaria citate nel capitolo precedente, allo scopo di evitare la
progressione della malattia, che in questo caso è stata intercettata
precocemente. Perciò i genitori vengono esortati a sospendere le c attive
abitudini dietetiche e comportamentali finora seguite (assunzione

67
frequente e continua di zuccheri, tipo di allattamento a richiesta, uso
errato di dispositivi come ciuccio o biberon etc.).
In questa occasione, ai fini del controllo della placca, v iene programmate
sedute di igiene professionale e si informano o si ri -motivano i genitori
riguardo alle corrette manovre di igiene orale quotidiana.
È prevista inoltre l’applicazione professionale di fluoro mirata alla re –
mineralizzazione delle lesioni pr ecoci e al rafforzamento del “terreno”.
Nel caso di lesioni clinicamente evidenti ma non penetranti è indicata la
rimozione meccanica del processo carioso, associata alla ricostruzione
conservativa con materiali estetici, vetro -ionomeri o compositi .
In que sto caso nei bambini non collaboranti può essere indicato l’uso di
una pre -medicazione effettuata con benzodiazepine per os.
Se le lesioni si approfondiscono nello spessore di smalto e dentina senza
però raggiungere la polpa dentaria, può essere indicata l a procedura di
incappucciamento diretto.

INCAPPUCCIAMENTO INDIRETTO
Consiste in un trattamento farmacologico d el tetto dentinale ancora duro
e chiuso, con manovre tali da conservare la vitalità del dente e atte a
stimolare la neoapposizione di tessuto dur o. È indicato in un dente
ancora vitale ma asintomatico, in cui siano assenti eventuali segni

68
radiologici di infiammazione, e in cui ci sia una sensibilità crescente
durante la toilette cavitaria. È controindicato in caso di sintomatologia
dolorosa, e in t utte le forme di pulpite . Prevede la toilette cavitaria
parziale, il rivestimento della dentina sensibile con idrossido di calcio e
la chiusura ermetica della cavità. L’idrossido di calcio per la sua basicità
(ph 11) ha proprietà antibatteriche, disinfett anti, desensibilizzanti,
promuove la guarigione biologica, s timola la produzione dei tessuti duri .

LESIONI AVANZATE
In caso di diagnosi tardiva spesso il clinico si trova a dover affrontare
situazioni molto complesse, in cui gli elementi dentari colpiti d a carie
destruenti sono molteplici; la situazione può inoltre essere complicata
dalla presenza di fistole mucose o ascessi, ed è solitamente associata ad
una sintomatologia dolorosa importante.
Il programma terapeutico deve essere sistematico e prevede se possibile
la terapia conservativa dei denti colpiti .
Gli obiettivi del trattamento sono:
• Risolvere la sintomatologia dolorosa;
• Conserva re il dente deciduo come unità masticatoria funzionale
e fino alla sua naturale esfoliazione ;
• Eliminare possibili foci infettivi ;

69
Il mantenimento in situ del deciduo in età evolutiva è importante per:
• Garantire il mantenimento dello spazio e le relazioni topografiche
con i permanenti adiacenti , evitando coì eventuali correzioni
ortodontiche ;
• Guidare il permanente nel tragitto eruttivo ;
• Vicariare il permanente in caso di agenesia .
Trattandosi in questa fase di lesioni avanzate ci sarà quasi sicuramente
un interessamento pulpare, con possibile processo pulpitico in atto,
oppure necrosi della polpa.
Il trattamento sarà d iverso per ogni dente in base all’estensione della
lesione cariosa in profondità e allo stadio maturativo del dente.
In generale nel 1° e 2° stadio maturativo del deciduo, che vanno
rispettivamente dall’eruzione alla completa formazione della radice
(durat a di circa 1 anno) e dalla completa formazione della radice
all’inizio del suo riassorbimento (durata di circa 3 anni), la t erapia
quando possibile è orientata verso la conservazione della vitalità pulpare .
In queste fasi infatti la cellularità della polpa è elevata ed è quindi
possibile la riparazione della sostanza dentaria.
Nel 3° stadio maturativo, fase infiammatoria di riassorbimento del dente,
il trattamento può protendere verso l’estrazione, soprattutto se si
avvicina il periodo di permuta.

70
Nel caso di lesioni profonde che raggiungono la polpa dentaria abbiamo
a disposizione due opportunità terapeutiche, ognuna delle quali è
indicata a seconda del diverso livello di interessamento pulpare.

1. PULPOTOMIA
Prevede la rimozione della sola polpa camerale e la creazione di un
sigillo all’imbocco dei canali radicolari che promuova la neoapposizione
di tessuti duri, allo scopo di mantenere la vitalità pulpare.
Indicata in un dente in cui ci sia stata esposizione pulpare, ma si possa
constatare visivamente la vi talità della polpa, ci sia un processo pulpitico
iniziale caratterizzato da dolore persistente insorto da poche ore, ma ci
sia assenza di segni e sintomi parodontali clinici e radiologici.
La sequenza operativa prevede: anestesia, accesso alla camera pulpa re,
asportazione della polpa camerale, visualizzazione dei monconi pulpari
radicolari, emostasi con acqua ossigenata, applicazione di idrossido di
calcio in pasta cremosa e chiusura con cemento all’ ossido di zinco
eugenolo.

71
2. PULPECTOMIA
Consiste in un v ero e proprio trattamento endodontico, indicato in caso
di insuccesso della pulpotomia, in un dente non vitale infetto, con segni
radiografici di riassorbimento osseo e presenza di fistola mucosa.
Per poter effettuare questo tipo di trattamento devono essere ancora
presenti almeno 2/3 della radice dentaria, ovvero il deciduo non deve
essere troppo vicino alla permuta o troppo vicino al germe del
permanente sottostante, con il rischio di lederlo durante la procedura.
La sequenza operativa prevede: isolam ento del campo, apertura della
camera, alesaggio, asportazione dei detriti con irrigazioni di NaCl al 3 %
e H 2O2 al 10 % , asciugatura con coni di carta, riempimento canalare,
chiusura cavitaria con cemento all’ ossido di zinco eugenolo.
Materiali da ottura zione utilizzabili nella pulpectomia dei decidui
• OSSIDO DI ZINCO EUGENOLO
• ANTIBIOTICO MACROLIDE , in caso di ascesso
• IDROSSIDO DI CALCIO
• PASTA IODOFORMICA , raramente usata per il rischio di
assorbimento sistemico con possibili danni al germe del pe rmanente. Le
caratteristiche indispensabili che questi materiali devono avere sono:
• Biocompatibilità
• Riassorbibilità

72
• Effetto antibatterico
In caso di insuccesso terapeutico, che si manifesta con permanenza della
fistola o della sintomatologia e manca to ripristino della funzionalità, è
indicato ripetere le manualità della prima seduta . Solo se si ottiene la
guarigione in terza seduta si può procede re al restauro definitivo. In caso
contrario si procede all’estrazione .
Nel caso di ricostruzioni compless e di corone distrutte dal processo
carioso possiamo utilizzare coroncine pedodontiche preformate.

3. ESTRAZIONE
Quest’ultima opzione terapeutica è riservata ai casi di insuccesso della
terapia endodontica oppure al caso di elementi decidui vicini alla
permut a, per cui non vale la pena effettuare la terapia conservativa.
Nel caso di perdita prematura del deciduo il bambino necessita di una
riabilitazione estetico -funzionale di tipo protesico o di mantenito ri di
spazio fissi e removibili, che evitino l’instaura rsi di possibili
malocclusioni.

In tutti i casi possibili di trattamento è necessaria la collaborazione del
bambino. Nel caso di bambini m olto piccoli in assenza di sintomatologia
è opportuno attendere per tentare di raggiungere una capacità di

73
collaboraz ione migliore. Se i bambini sono poco collaboranti è possibile
ricorrere all’uso preventivo di benzodiazepine per os o nei casi gravi
eventualmente all’anestesia generale, opzione che viene ovviamente
lasciata come ultima spiaggia.

Si riportano nelle tab elle 4 -5-6 seguenti, i protocolli terapeutici istituiti
dall’American Academy of Pediatric Dentistry (AAPD), per la gestione
delle carie nei bambini rispettivamente delle fasce di età comprese tra 1 –
2 anni, 3 -5 anni e ≥ 6 anni.
Tali protocolli sono stati istituiti a seguito di una revisione della
letteratura aggiornata al 2013, e sono basati sulla valutazione del rischio
di carie del bambino e della collaborazione del paziente e dei genitori.

LEGENDA PER TAB. 4 -6
α :Livelli batterici salivari di S.mutans
χ : Monitoraggio periodico dei segni di progressione di carie
β: Supervisione dei genitori della quantità “spalmata” di dentifricio
δ: Bisogno di considerare i livelli di fluoro nelle bevande
Ɛ: Monitoraggio attento della progressione di carie e programma di prevenzione
ø: Temporanea terapia restaurativa 63
γ: supervisione dei genitori della quantità di dentifricio “della dimensione di un pisello”
λ: Indicato per denti con fessure anatomiche profonde o difetti di sviluppo
μ: Minore importanza della quantit à di dentifricio

74
Tabella 4. Esempio di protocollo di gestione delle carie per bambini di 1 -2 anni

Categoria di
rischio Diagnosi Interventi
Fluoro Dieta Terapia
Basso
rischio  Richiami ogni
6-12 mesi
 Rilevazione
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì  Consulenza  Sorveglianzaχ
Rischio
moderato

Genitori
collaboranti  Richiami ogni
6 mesi
 Rilevazione
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoroβ
 Supplementi di
fluoroδ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 6 mesi  Consulenza  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
Rischio
moderato

Genitori
non
collaboranti  Richiami ogni
6 mesi
 Rilevazione
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoroβ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 6 mesi
 Consulenza con
limitate
aspettative  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
Alto rischio

Genitori
collaboranti  Richiami ogni
3 mesi
 Rilevazione e
controlli
successivi di
SMα  Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoroβ
 Supplementi di
fluoroδ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 3 mesi

 Consulenza  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Restauro
delle lesioni
cavitarie con
ITRø o
restauri
definitivi
Alto rischio

Genitori
non
collaboranti  Richiami ogni
3 mesi
 Rilevazione
 e
monitoraggio
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoroβ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 3 mesi
 Consulenza con
limitate
aspettative  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Restauro
delle lesioni
cavitarie con
ITRø o
restauri
definitivi

75
Tabella 5. Esempio di protocollo di gestione delle carie per bambini di 3 -5 anni

Categoria di
rischio Diagnosi Interventi
Fluoro Dieta Sigillantiλ Terapia
Basso
rischio  Richiami ogni
6-12 mesi
 Radiografie
ogni 12 -24
mesi
 Rilevazione
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì γ  No  Yes  Sorveglianzaχ
Rischio
moderato

Genitori
collaboranti  Richiami ogni
6 mesi
 Radiografie
ogni 12 -24
mesi
 Rilevazione
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoro γ
 Supplementi di
fluoroδ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 6 mesi  Consulenza  Yes  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione
Rischio
moderato

Genitori
non
collaboranti  Richiami ogni
6 mesi
 Radiografie
ogni 12 -24
mesi
 Rilevazione
di SMα  Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoro γ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 6 mesi
 Consulenza
con limitate
aspettative  Yes  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione
Alto rischio

Genitori
collaboranti  Richiami ogni
3 mesi
 Radiografie
ogni 6 mesi
 Rilevazione e
controlli
successivi di
SMα  Spazzolamento
con dentifrici
allo 0,5% di
fluoro (con
attenzione)
 Supplementi di
fluoroδ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 3 mesi

 Consulenza  Yes  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione
Alto rischio

Genitori
non
collaboranti  Richiami ogni
3 mesi
 Radiografie
ogni 6 mesi
 Rilevazione
 e
monitoraggio
di SMα  Spazzolamento
con dentifrici
allo 0,5% di
fluoro (con
attenzione)
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 3 mesi
 Consulenza
con limitate
aspettative  Yes  Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione

76

Tabella 6. Esempio di protocollo di gestione delle carie per bambini di età ≥ 6
anni

Categoria di
rischio Diagnosi Interventi
Fluoro Dieta Sigillantiλ Terapia
Basso rischio  Richiami
ogni 6 -12
mesi
 Radiografie
ogni 12 -24
mesi
 Spazzolamento
2 volte/dì μ  No  Yes  Sorveglianzaχ
Rischio moderato

Paziente/ Genitori
collaboranti  Richiami
ogni 6 mesi
 Radiografie
ogni 6-12
mesi
 Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoroμ
 Supplementi di
fluoroδ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 6 mesi  Consulenza  Yes  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione
Rischio moderato

Paziente/ Genitori
non collaboranti  Richiami
ogni 6 mesi
 Radiografie
ogni 6-12
mesi
 Spazzolamento
2 volte/dì con
dentifricio al
fluoroμ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 6 mesi
 Consulenza
con limitate
aspettative  Yes  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione
Alto rischio

Paziente/ Genitori
collaboranti  Richiami
ogni 3 mesi
 Radiografie
ogni 6 mesi
 Spazzolamento
con dentifrici
allo 0,5% di
fluoro
 Supplementi di
fluoroδ
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 3 mesi

 Consulenza
 Xylitolo  Yes  Attiva
sorveglianzaƐ
delle lesioni
iniziali
 Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione
Alto rischio

Paziente/ Genitori
non collaboranti  Richiami
ogni 3 mesi
 Radiografie
ogni 6 mesi
 Spazzolamento
con dentifrici
allo 0,5% di
fluoro
 Trattamenti
topici
professionali
ogni 3 mesi
 Consulenza
con limitate
aspettative
 Xylitolo  Yes  Trattamento
restaurativo
delle lesioni
cavitate o in
espansione

PARTE SPERIMENTALE

Studio Clinico

78
Capitolo 5

Materiali e Metodi
Questo studio clinico è stato effettuato nell’ambulatorio di pedodonzia
della U.O di Chirurgia del cavo orale e odontostomatologia della
A.O.U.P., diretto dalla Prof.ssa Maria Rita Giuca, con la collaborazione
dell’igienista dentale Francesca Vannucci.
Il campione del nostro studio è rappresentato da 30 bambini, di età
compresa tra i 2 e i 5 anni e dalle rispettive madri.
Le coppie madri -figlio sono state divise in 2 gruppi:
– Il GRUPPO STUDIO: composto da 20 bambini affetti da Sindrome
da Biberon e dalle rispettive madri;
– Il GRUPPO CONTROLLO: composto da 10 bambini sani
(completamente privi di carie) e dalle rispettive madri.
L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di evidenziare le differenze tra
i due gruppi riguardanti:
 abitudin i alimentari
 abitudini di igiene orale
 indici di placca

79
con l’intento di verificare e confermare l’importanza di questi fattori
nella genesi della patologia.
Valutando anche gli indici di placca e di carie delle madri, attraverso
l’esame clinico, abbiamo c ercato di evidenziare una possibile
associazione tra le condizioni di salute orale delle madri e quelle dei
rispettivi figli.
Inoltre è stata fatta una ricerca microbiologica su campioni di placca
sopragengivale e di fluido crevicolare, prelevati da entram bi i gruppi
“madre -figlio”, per verificare la presenza del batterio Streptococcus
mutans, ritenuto il principale responsabile dell’inizio e dell’evoluzione
del processo carioso.

Nella scelta dei pazienti partecipanti allo studio sono stati usati i seguent i
criteri di inclusione / esclusione :
 inclusi i bambini di età compresa tra i 2 anni e l’inizio della
permuta, in dentatura totalmente decidua;
 esclusi i bambini:
o affetti da patologie sistemiche (diabete, cardiopatie ecc.),
o che avevano assunto antibioti ci nei 3 mesi precedenti
all’inizio dello studio,
o che facevano uso di colluttori alla clorexidina;

80
 i bambini facenti parte del gruppo controllo dovevano essere
assolutamente privi di lesioni cariose.
La visita dei pazienti si è svolta attraverso due fasi fondamentali:
 Prima fase anamnestica
 Seconda fase clinica

La prima fase è rappresentata da un colloquio con i genitori e dalla
compilazione di una cartella clinica contenente, oltre i dati anagrafici dei
bambini, un questionario incentrato su due aspetti fondamentali:
le abitudini alim entari e quelle di igiene orale (Vedi pagg. 88 -95).

La seconda fase è rappresentata dalla visita clinica dei pazienti (sia madri
che figli) con identificazione dei lo ro livelli di igiene e di salute orale.

L’igiene orale è stata valutata attraverso l’INDICE di PLACCA DI
SILNESS E LOE, caratterizzato da 4 livelli:
0 : Assenza di placca;
1 : Pellicola di placca sul margine gengivale libero e sulla regione
adiacente del dente, visibile con sonda o con agente evidenziatore;
2 : Accumulo moderato di depositi molli, all’interno della tasca
gengivale o sul dente o sul margine gengivale, visibili ad occhio nudo;

81
3 : Abbondanza di materiale molle all’interno della tasca gengi vale e/o
sul dente e sul margine gengivale.
Questo indice viene valutato considerando 6 siti per ciascun elemento
dentale tramite sondaggio circonferenziale con sonda parodontale
manuale. I 6 siti dentali considerati sono: buccale, mesio -buccale, disto –
buccale, linguale, mesio -linguale e disto -linguale. Le sei misurazioni
rilevate vengono sommate e divise per 6 per ottenere il PlI per singolo
elemento. L'indice di placca per soggetto viene poi calcolato come media
dell'indice dei singoli elementi (Media: so mma degli indici dei singoli
elementi dentali diviso il numero di elementi dentali considerati)
I valori per ogni paziente sono stati trascritti nella cartella clinica, e
precisamente nello schema esempli ficativo della FORMULA
DENTARIA (vedi pagg . 93-94).
La formula dentaria da noi utilizzata è stata quella della cosiddetta
“doppia cifra”: ogni dente è identificato da 2 cifra.
La prima si riferisce al quadrante in cui è presente l’elemento dentario; la
numerazione dei quadranti inizia a livello del quadrant e superiore di
destra e procede in senso orario. I quadranti sono quindi 1,2,3,4 per la
dentatura permanente e 5,6,7,8 per quella decidua. La seconda cifra
indica invece il numero dell’elemento dentario, da 1 a 8 per i permanenti

82
e da 1 a 5 per i decidui, partendo dall’incisivo centrale di ogni quadrante
in direzione distale.
ES: Elemento 1.4: primo premolare superiore di destra
Elemento 7.5: secondo molaretto inferiore di sinistra

Le condizioni di salute orale dei pazienti sono state valutate attraverso
l’INDICE DI CARIE dmft /DMFT rispettivamente per figli e madri.
Questo indice viene calcolato in base al numero di denti (TEETH):
o CARIATI (DECAY)
o MANCANTI (MISSED, a causa di carie p regressa)
o OTTURATI (FILLED)
Ci permette di avere un’informazione immediata sul grado di salute
dentale del paziente, così da poter verificare l’eventuale familiarità per
tale aspetto.
Anche questo dato è stato inserito all’interno della cartella clinica s ia per
le madri che per i figli.
Durante la visita odontostomatologica sono stati effettuati per ogni
paziente di entrambi i gruppi:
o un prelievo di placca sopragengivale
o un prelievo di fluido crevicolare.

83

o I prelievi sono stati effettuati in corrispondenza di un unico
elemento dentario:
o 7.4 ( primo molaretto inferiore di sinistra ) nei bambini destrorsi
o 8.4 ( primo molaretto inferiore di destra ) nei bambini mancini
o 3.4 ( primo premolare inferiore di sinistra ) nelle madri destrorse
o 4.4 ( primo premolare in feriore di destra ) nelle madri mancine
o Primo elemento dentario in direzione distale a quelli sopraindicati
in caso di mancanza in arcata di questi ultimi
PRELIEVO DI FLUIDO CREVICOLARE:
MATERIALI utilizzati:
– Coni di carta assorbenti
n°45
– Rotolini di cotone
– Pinzette sterili
– Specchietti per divaricare
PROCEDURA seguita:
– Isolamento del campo
– con rotolini di cotone
– Asciugatura del campo
– con aspira saliva
Figura 1: Immagine raffigurante un
prelievo di fl uido crevicolare in una
bambina

84
– Posizionamento del cono di carta assorbente tramite una pinzetta
all’interno del solco gengivale e mantenimento in sede per circa
30 secondi
– Posizionamento del cono imbevuto di fluido crevicolare
all’interno di una provetta contenete DMSO (Dimetilsolfossido,
un crioprotettore usato per proteggere il tessuto biologico dai
danni da congelamento)
– Conservazione della provetta precedentemente agitata in
congelatore alla temperatura di -20°C fino all’analisi
microbiologica.

Figura 2: Immagine raffigurante un prelievo di fluido
crevicolare in una mamma

85
PRELIEVO DI PLACCA SOPRAGENGIVALE

MATERIALI utilizzati:
– Rotolini di cotone
– Matrici metalliche sterili di 2 -3 cm circa di lunghezza
– Pinze – Porta aghi di Mathieu sterili
– Specchietti per divaricare

PROCEDURA seguita:
– Isolamento del campo con rotolini di cotone
– Asciugatura del campo con aspira saliva
– Grattamento in senso apico -coronale della superficie vestibolare
del dente selezionato con una matrice metallica sterile di 2 -3 cm
circa, piegata ad U e fissata alle estremità attraverso due pinze –
porta aghi di Mathieu
– Posizion amento della matrice in una provetta contenente DMSO,
successivamente agitata e conservata in congelatore alla
temperatura di -20°C fino all’analisi microbiologica.

86

Io e la mia collega abbiamo cercato di rendere questa esperienza il meno
traumatica possibile per i bambini, che nella maggior parte dei casi
hanno avuto il primo approccio con l’odontoiatra proprio in questa
occasione.
Grazie all’aiut o della Prof.ssa Giuca, che ci ha spiegato quale fosse il
miglior modo di approcciarsi ai bambini, siamo riuscite ad ottenere una
buona collaborazione e a divertirci insieme a loro.

Figura 3: Dettaglio del prelievo di placca sopra -gengivale
Nella foto è possibile notare la placca che rimane adesa al bordo
della matrice durante lo sfregamento della superficie vestibolare
del dente.

87

Di seguito la cartella clinica utilizzata nello studio in cui è possibile
consultare il questionario sottoposto ai genitori, mirato a verificare:
il tipo di parto e il peso alla nascita del bambino, la tipologia, la durata e
le modalità di allattamento, il tipo di dieta seguita dal bambino e le
abitudini e le conoscenze dei genitori riguardanti l’igiene orale.
Figura 5: Esempi di approccio
pedodontico

88
CARTELLA CLINICA
Scheda N°…
Cognome……………………………………….Nome…………………………………….. ..
Nato/a a……………………………………. Prov……………il……………………….
Nazionalità……………………………………………………………..
Residente in via/piazza……………………………….. ………………………………….
Sesso: M  F  N°di telefono……………………………
Età……..
ABITUDINI ALIMENTARI
1) Dieta:
Semiliquida 
Liquida 
Solida 
2) Il bimbo fa colazione
Sì, sempre 
No, mai 
A volte 
3) Cosa mangia a colazione:
Latte e biscotti/cereali ecc. 
Salato 
Frutta 

89
4) Che tipo di alimentazione segue:
Completa (Carne,pesce,uova,formaggi,verdura,frutta ecc.) 
Parziale (Mancante di 1 -2 alimenti importanti per la crescita ) 
Incompleta (Mancante di più di 2 alimenti importanti per la crescita) 
5) Cosa beve di solito
Acqua naturale 
Bibite addizionate (coca cola, aranciata, Estathè, fruttini, spremute) 
6) Cibi assunti lontano dai pasti principali
Salato (panino, pizza, focaccia ecc.) 
Snack -Cioccolata e altro 
Frutta 
7) Usa zucchero per addolcire i cibi e/o bevande
Sì 
No 
8) Succhiamenti
Succhiotto 
Biberon 
Nulla 
9) Contenuto biberon:
Latte 
Latte e biscotti 

90
Succo di frutta 
Estathè 
Nulla 
10) Modalità allattamento :
Seno 
Artificiale 
Mista 
11) L’allattamento è stato a richiesta o con degli orari prestabiliti?
Richiesta 
Orari prestabiliti 
12) Fino a che età:
Entro il 1° anno di vita 
Oltre il 1° anno di vita 
13) Nascita:
A termine 
Pre-termine 
14) Peso alla nascita:
Sottopeso < a 2,5 kg 
Normopeso 2,5 < P < 4 kg 
Sovrappeso 4 < P < 5 kg 

91
ABITUDINI DI IGIENE ORALE
1) Frequenza di lavaggio dei denti:
Saltuariamente 
1 volta al dì 
2 volte al dì 
Più volte 
2) Chi lava i denti
Genitori 
Da solo 
3) Lavate i denti insieme al vostro bambino:
Sempre 
Mai 
A volte 
4) Cosa usate per lavare i denti al vostro bambino
Solo lo spazzolino 
Spazzolino + dentifricio 
Altro 
5) Che tipo di spazzolino usate:
Elettrico 
Manuale 

92
6) Tipo di dentifricio usato:
Per bimbi dai 3 -6 anni, 500 ppm di fluoro 
Per adulti, 1200 – 1400 ppm di fluoro 
Senza fluoro 
Nessuno 
7) Usate colluttori
Sì 
No 
8) Conoscete l’uso del filo interdentale?
No 
Sì, ma non lo uso 
Sì e lo uso 
9) Conoscete il fluoro e le sue funzioni:
Sì 
No 
Ne ho sentito parlare 
10) Avete mai usato pasticche o gocce contenenti fluoro?
Sì 
No 
11) Conoscete la figura dell’Igienista Dent ale:
Sì  No 

93

Bambino: Mancino 
Destrorso 
Mamma : Mancina 
Destrorsa 

GRADO D’IGIENE ORALE
BAMBINO
Indice di placca:
Dx Sn

Denti cariati:

dmft : DENTI CARIATI: ……
MANCANTI: ……
OTTURATI: …… 55
V 54
V 53
V 52
V 51
V 61
V 62
V 6 3
V 64
V 65
V

L
85 L
84 L
83 L
82 L
81 L
71 L
72 L
73 L
74 L
75

94

FAMILIARITA ’ : MAMMA

Indice di placca:
Dx Sn

Denti cariati :

DMFT : DENTI CARIATI: ……
MANCANTI: ……
OTTURATI: ……
18
V 17
V 16
V 15
V 14
V 13
V 12
V 11
V 21
V 22
V 23
V 24
V 25
V 26
V 27
V 28
V

L
48 L
47 L
46 L
45 L
44 L
43 L
42 L
41 L
31 L
32 L
33 L
34 L
35 L
36 L
37 L
38

95
Dati della Mamma:
COGNOME………………………………NOME……………………
Nato/a a ………………………. Il ……………..
Nazionalità……………….

CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI E FOTO
PERSONALI
(art.81 Decreto Legislativo 196/2003)
Il sottoscritto, letta l’informativa sul trattamento dei dati personali (art.13
D. Lgs 196/203) predisposta dall’Azienda Ospedaliero -Universitaria
Pisana, acconsente al trattamento dei propri dati personali per le finalità
istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale e per le attività di ricerca
finalizzata all’assistenza s anitaria, nei limiti indicati dalla normativa
suddetta.

Data____________________ Firma del paziente________________ ___

96
Capitolo 6

Risultati
Da questo studio abbiamo ottenuto dei risultati riguardanti la parte
anamnestica, e altri riguardanti gli indici clinici ricavati dall’esame
obiettivo intra -orale e le analisi microbiologiche.

PARTE ANAMNESTICA

Di seguito sono riportate le tabelle che riassumono i dati ottenuti dal
questionario fatto ai genitori, sia per il gruppo studio che per quello
controllo.
Le tabelle 1.a e 1.b riportano le risposte riguardanti le abitudini
alimentari, le tabelle 2.a e 2.b si riferiscono invece a quelle ricavate dal
questionario sulle abitudini di igiene orale.
Le domande sono ripor tate nello stesso ordine della cartella clinica (vedi
pagg. 88-95) e alle varie opzioni di risposta è stato assegnato un numero
di riconoscimento progressivo partendo dallo 0.
Es: 1) Dieta: (Domanda 1)
Semiliquida  0 Liquida  1 Solida  2

Tabella 1.a: Questionario sulle abitudini alimentari del Gruppo C ontrollo
0 1 2 0 1 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 12 3 4 5 6 7 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1
PZ G.CONTROLLO 1 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 2 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 3 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 4 X X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 5 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 6 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 7 X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 8 X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 9 X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 10 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
TOTALE 4 3 9 10 0 0 9 1 0 0 1 0 0 0 110 910 9 9 8 8 7 3 0 8 33 6 7 2 2 1 6 1 7 6 2 4 7 9 6 3 2 8ABITUDINI ALIMENTARIDOMANDA 7 DOMANDA 1 DOMANDA 2 DOMANDA 3 DOMANDA 4 DOMANDA 5 DOMANDA 6

0 1 2 3 4 5 6 0 1 2 3 4 0 1 2 0 1 0 1 0 1 0 1 2
PZ G.CONTROLLO 1 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 2 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 3 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 4 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 5 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 6 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 7 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 8 X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 9 X X X X X X X X
PZ G.CONTROLLO 10 X X X X X X X X
TOTALE 1 3 2 0 0 0 6 1 2 0 0 7 6 2 2 2 8 7 3 5 5 2 8 0ABITUDINI ALIMENTARIDOMANDA 14 DOMANDA 8 DOMANDA 9 DOMANDA 10 DOMANDA 11 DOMANDA 12 DOMANDA 13

Tabella 1.b : : Questionario sulle abitudini alimentari del Gruppo S tudio
0 1 2 0 1 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 12 3 4 5 6 7 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1
PZ G.STUDIO 1 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 2 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 3 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 4 X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 5 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 6 X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 7 X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 8 X X X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 9 X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 10 X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 11 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 12 X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 13 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 14 X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 15 X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 16 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 17 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 18 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 19 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 20 X X X X X X X X X X X X X X X X XX X X X X X X X X X X X X X
TOTALE 15 15 17 16 2 2 10 6 4 1 6 2 1 2 116 20 17 20 16 17 17 19 3 020 712 11 15 12 13 410 17 14 12 313 15 15 14 15 10 10ABITUDINI ALIMENTARIDOMANDA 7 DOMANDA 1 DOMANDA 2 DOMANDA 3 DOMANDA 4 DOMANDA 5 DOMANDA 6

0 1 2 3 4 5 6 0 1 2 3 4 0 1 2 0 1 0 1 0 1 0 1 2
PZ G.STUDIO 1 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 2 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 3 X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 4 X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 5 X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 6 X X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 7 X X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 8 X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 9 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 10 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 11 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 12 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 13 X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 14 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 15 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 16 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 17 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 18 X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 19 X X X X X X X X
PZ G.STUDIO 20 X X X X X X X X
TOTALE 8 11 2 3 2 1 6 4 6 1 1 9 12 3 5 16 4 9 11 16 4 0 19 1ABITUDINI ALIMENTARIDOMANDA 14 DOMANDA 8 DOMANDA 9 DOMANDA 10 DOMANDA 11 DOMANDA 12 DOMANDA 13

Tabella 2.a : Questionario sulle abitudini di igiene orale del Gruppo Controllo
0 1 2 3 0 1 2 0 1 2 0 1 2 0 1
PZ G.CONTROLLO 1 X X X X X X
PZ G.C. 2 X X X X X X X
PZ G.C. 3 X X X X X
PZ G.C. 4 X X X X X X
PZ G.C. 5 X X X X X
PZ G.C. 6 X X X X X X
PZ G.C. 7 X X X X X X
PZ G.C. 8 X X X X X X
PZ G.C. 9 X X X X X X
PZ G.C. 10 X X X X X X
TOTALE 0 4 6 0 8 3 5 8 0 3 1 9 0 3 9ABITUDINI DI IGIENE ORALEDOMANDA 5 DOMANDA 1 DOMANDA 2 DOMANDA 3 DOMANDA 4

0 1 2 3 0 1 0 1 2 0 1 2 0 1 0 1 2
PZ G.CONTROLLO 1 X X X X X X
PZ G.C. 2 X X X X X X
PZ G.C. 3 X X X X X X
PZ G.C. 4 X X X X X X
PZ G.C. 5 X X X X X X
PZ G.C. 6 X X X X X X
PZ G.C. 7 X X X X X X
PZ G.C. 8 X X X X X X
PZ G.C. 9 X X X X X X
PZ G.C. 10 X X X X X X
TOTALE 7 0 2 1 0 10 1 7 2 7 1 2 6 4 9 1 0ABITUDINI DI IGIENE ORALEDOMANDA 11 DOMANDA 6 DOMANDA 7 DOMANDA 8 DOMANDA 9 DOMANDA 10

Tabella 2.b: Questionario sulle abitudini di igiene orale del Gruppo Studio
ABITUDINI DI IGIENE ORALE
0 1 2 3 0 1 2 0 1 2 0 1 2 0 1
PZ G.STUDIO 1 X X X X X
PZ G.STUDIO 2 X X X X X X
PZ G.STUDIO 3 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 4 X X X X X X
PZ G.STUDIO 5 X X X X X X
PZ G.STUDIO 6 X X X X X
PZ G.STUDIO 7 X X X X X X
PZ G.STUDIO 8 X X X X X
PZ G.STUDIO 9 X X X X X
PZ G.STUDIO 10 X X X X X
PZ G.STUDIO 11 X X X X X X
PZ G.STUDIO 12 X X X X X
PZ G.STUDIO 13 X X X X X X
PZ G.STUDIO 14 X X X X X
PZ G.STUDIO 15 X X X X X X X
PZ G.STUDIO 16 X X X X X X
PZ G.STUDIO 17 X X X X X X
PZ G.STUDIO 18 X X X X X X
PZ G.STUDIO 19 X X X X X X
PZ G.STUDIO 20 X X X X X X
TOTALE 6 6 6 2 18 4 12 9 1 10 4 16 0 1 20DOMANDA 5 DOMANDA 1 DOMANDA 2 DOMANDA 3 DOMANDA 4

ABITUDINI DI IGIENE ORALE
0 1 2 3 0 1 0 1 2 0 1 2 0 1 0 1 2
PZ G.STUDIO 1 X X X X X X
PZ G.STUDIO 2 X X X X X X
PZ G.STUDIO 3 X X X X X X
PZ G.STUDIO 4 X X X X X X
PZ G.STUDIO 5 X X X X X X
PZ G.STUDIO 6 X X X X X X
PZ G.STUDIO 7 X X X X X X
PZ G.STUDIO 8 X X X X X X
PZ G.STUDIO 9 X X X X X X
PZ G.STUDIO 10 X X X X X X
PZ G.STUDIO 11 X X X X X X
PZ G.STUDIO 12 X X X X X X
PZ G.STUDIO 13 X X X X X X
PZ G.STUDIO 14 X X X X X X
PZ G.STUDIO 15 X X X X X X
PZ G.STUDIO 16 X X X X X X
PZ G.STUDIO 17 X X X X X X
PZ G.STUDIO 18 X X X X X X
PZ G.STUDIO 19 X X X X X X
PZ G.STUDIO 20 X X X X X X
TOTALE 15 0 1 4 9 11 9 9 2 8 7 5 10 10 6 12 2DOMANDA 11 DOMANDA 6 DOMANDA 7 DOMANDA 8 DOMANDA 9 DOMANDA 10

101
Di seguito sono riportate le tabelle riassuntive contenenti le percentuali
delle varie risposte per ogni domanda e per entrambi i gruppi.
ABITUDINI ALIMENTARI
1) Dieta Gruppo Studio Gruppo Controllo
Semiliquida 10 % 10 %
Liquida 20 % – %
Solida 70 % 90 %

2) Il bimbo fa colazione Gruppo Studio Gruppo Controllo
Sì sempre 80 % 100 %
No mai 10 % – %
A volte 10 % – %

3) Cosa mangia a colazione Gruppo Studio Gruppo Controllo
Latte e biscotti/cereali ecc. 80 % 90 %
Salato 15 % – %
Frutta 5 % 10 %

4) Che tipo di alimentazione segue Gruppo
Studio Gruppo
Controllo
Completa
(Carne,pesce,uova,formaggi,verdura,frutta) 80 % 70 %
Parziale
(Mancante di 1 -2 alimenti importanti per la crescita ) 5 % 20 %
Incompleta
(Mancante di più di 2 alimenti importanti per la crescita 15 % 10 %

5) Cosa beve di solito Gruppo Studio Gruppo Controllo
Acqua Naturale 15 % 70 %
Bibite Addizionate 85 % 30 %

6) Cibi assunti lontano dai pasti principali Gruppo Studio Gruppo Controllo
Salato (panino, pizza, focaccia ecc.) 50 % 70 %
Snack -Cioccolata e altro 20 % 20 %
Frutta 30 % 10 %

102
7 ) Usa zucchero per addolcire i cibi e/o bevande
Gruppo Studio Gruppo Controllo
Sì 50 % 20 %
No 50 % 80 %

8) Succhiamenti
Gruppo Studio Gruppo Controllo
Succhiotto 60 % 30 %
Biberon 5 % 10 %
Nulla 35 % 60 %

9) Contenuto biberon Gruppo Studio Gruppo Controllo
Latte 50 % 30 %
Latte e biscotti 5 % – %
Succo di frutta 45 % 70 %
Estathè – % – %
Nulla – % – %

10) Modalità allattamento Gruppo Studio Gruppo Controllo
Seno 60 % 60 %
Artificiale 15 % 20 %
Mista 25 % 20 %

11) L'allattamento Gruppo Studio Gruppo Controllo
A Richiesta 80 % 20 %
Orari Stabiliti 20 % 80 %

12) Fino a che età Gruppo Studio Gruppo Controllo
Entro il 1° anno di vita 45 % 70 %
Oltre il 1° anno di vita 55 % 30 %

13) ) Nascita Gruppo Studio Gruppo Controllo
A termine 80 % 50 %
Pre-termine 20 % 50 %

103
14) Peso alla nascita Gruppo Studio Gruppo Controllo
Sottopeso < a 2,5 kg 5 % 20 %
Normopeso 2,5 < P < 4 kg 95 % 80 %
Sovrappeso 4 < P < 5 kg – % – %

ABITUDINI DI IGIENE ORALE
1) Frequenza di lavaggio dei denti Gruppo Studio Gruppo Controllo
Saltuariamente 30 % – %
1 volta al dì 30 % 40 %
2 volte al dì 30 % 60 %
Più volte 10 % – %

2) Chi lava i denti Gruppo Studio Gruppo Controllo
I Genitori 40 % 90 %
Da Solo 60 % 10 %

3) Lavate i denti insieme al vostro bambino Gruppo Studio Gruppo Controllo
Sempre 45 % 70 %
Mai 5 % – %
A volte 50 % 30 %

4) Cosa usate per lavare i denti al vostro bambino Gruppo Studio Gruppo Controllo
Solo lo spazzolino 20 % 10 %
Spazzolino + dentifricio 80 % 90 %
Altro – % – %

5) Che tipo di spazzolino usate Gruppo Studio Gruppo Controllo
Elettrico 5 % 30 %
Manuale 95 % 70 %

6) Tipo di dentifricio usato Gruppo Studio Gruppo Controllo
Per bimbi dai 3 -6 anni, 500 ppm di fluoro 75 % 30 %
Per adulti, 1200 – 1400 ppm di fluoro – % 40 %
Senza fluoro 5 % 20 %
Nessuno 20 % 10 %

104
7) Usate colluttori Gruppo Studio Gruppo Controllo
Sì 45 % 100 %
No 55 % 0 %

8) Conoscete l’uso del filo interdentale Gruppo Studio Gruppo Controllo
No 45 % 10 %
Sì, ma non lo uso 45 % 70 %
Sì e lo uso 10 % 20 %

9) Conoscete il fluoro e le sue funzioni Gruppo Studio Gruppo Controllo
Sì 40 % 70 %
No 35 % 10 %
Ne ho sentito parlare 25 % 20 %

10) Avete mai usato pasticche o gocce contenenti
fluoro Gruppo
Studio Gruppo
Controllo
Sì 50 % 60 %
No 50 % 40 %

11) Conoscete L'igienista Dentale Gruppo Studio Gruppo Controllo
Si 30 % 90 %
No 70 % 10 %

105
PARTE CLINICA

Nelle tabelle seguenti sono riportati gli indici valutati attraverso l’esame
clinico.
Le Tabelle 3.a e 3.b si riferiscono agli indici dmft/DMFT di entrambi i
gruppi, le Tabelle 4.a e 4.b riportano invece i rispettivi indici di placca .

GRUPPO STUDIO dmft
PZ G.STUDIO 1 11
PZ G.STUDIO 2 8
PZ G.STUDIO 3 4
PZ G.STUDIO 4 6
PZ G.STUDIO 5 12
PZ G.STUDIO 6 4
PZ G.STUDIO 7 4
PZ G.STUDIO 8 3
PZ G.STUDIO 9 8
PZ G.STUDIO 10 9
PZ G.STUDIO 11 9
PZ G.STUDIO 12 13
PZ G.STUDIO 13 7
PZ G.STUDIO 14 12
PZ G.STUDIO 15 14
PZ G.STUDIO 16 6
PZ G.STUDIO 17 4
PZ G.STUDIO 18 5
PZ G.STUDIO 19 10
PZ G.STUDIO 20 8
MEDIA 7,85
GRUPPO STUDIO DMFT
MAMMA G.STUDIO 1 2
MAMMA G.STUDIO 2 4
MAMMA G.STUDIO 3 7
MAMMA G.STUDIO 4 4
MAMMA G.STUDIO 5 6
MAMMA G.STUDIO 6 6
MAMMA G.STUDIO 7 7
MAMMA G.STUDIO 8 16
MAMMA G.STUDIO 9 13
MAMMA G.STUDIO 10 6
MAMMA G.STUDIO 11 20
MAMMA G.STUDIO 12 5
MAMMA G.STUDIO 13 10
MAMMA G.STUDIO 14 12
MAMMA G.STUDIO 15 12
MAMMA G.STUDIO 16 12
MAMMA G.STUDIO 17 10
MAMMA G.STUDIO 18 7
MAMMA G.STUDIO 19 9
MAMMA G.STUDIO 20 6
MEDIA 8.7

Tabella 3.a: Indici dmft/DMFT di figli/madri del Gruppo Studio

106

Tabella 3.b : Indici dmft/DMFT di figli/madri del Gruppo Controllo

Figura 6: Diagramma a barre che raffigura i valori medi di dmft/DMFT di entrambi
i gruppi; è evidente la differenza di valori tra i bambini e tra le madri dei due gruppi,
e la corrispondenza di valori esistente invece tra madri e figli dello stesso gruppo
GRUPPO CONTROLLO dmft
PZ G.CONTROLLO 1 0
PZ G.CONTROLLO 2 0
PZ G.CONTROLLO 3 0
PZ G.CONTROLLO 4 0
PZ G.CONTROLLO 5 0
PZ G.CONTROLLO 6 0
PZ G.CONTROLLO 7 0
PZ G.CONTROLLO 8 0
PZ G.CONTROLLO 9 0
PZ G.CONTROLLO 10 0
MEDIA 0
GRUPPO CONTROLLO DMFT
MAMMA G.CONTROLLO 1 1
MAMMA G.CONTROLLO 2 5
MAMMA G.CONTROLLO 3 3
MAMMA G.CONTROLLO 4 2
MAMMA G.CONTROLLO 5 4
MAMMA G.CONTROLLO 6 2
MAMMA G.CONTROLLO 7 8
MAMMA G.CONTROLLO 8 10
MAMMA G.CONTROLLO 9 0
MAMMA G.CONTROLLO 10 2
MEDIA 3,7

107

Tabella 4.a : Indici di placca del Gruppo Studio (bambini a sinistra, madri a destra)

GRUPPO CONTROLLO I. placca
PZ G.CONTROLLO 1 1
PZ G.CONTROLLO 2 1
PZ G.CONTROLLO 3 1
PZ G.CONTROLLO 4 1
PZ G.CONTROLLO 5 1
PZ G.CONTROLLO 6 1
PZ G.CONTROLLO 7 1
PZ G.CONTROLLO 8 1
PZ G.CONTROLLO 9 1
PZ G.CONTROLLO 10 1
GRUPPO CONTROLLO I. placca
MAMMA G.CONTROLLO 1 1
MAMMA G.CONTROLLO 2 1
MAMMA G.CONTROLLO 3 2
MAMMA G.CONTROLLO 4 1
MAMMA G.CONTROLLO 5 2
MAMMA G.CONTROLLO 6 1
MAMMA G.CONTROLLO 7 2
MAMMA G.CONTROLLO 8 2
MAMMA G.CONTROLLO 9 1
MAMMA G.CONTROLLO 10 1
GRUPPO STUDIO I. placca
MAMMA G.STUDIO 1 3
MAMMA G.STUDIO 2 2
MAMMA G.STUDIO 3 2
MAMMA G.STUDIO 4 2
MAMMA G.STUDIO 5 2
MAMMA G.STUDIO 6 1
MAMMA G.STUDIO 7 2
MAMMA G.STUDIO 8 2
MAMMA G.STUDIO 9 2
MAMMA G.STUDIO 10 1
MAMMA G.STUDIO 11 2
MAMMA G.STUDIO 12 2
MAMMA G.STUDIO 13 2
MAMMA G.STUDIO 14 3
MAMMA G.STUDIO 15 3
MAMMA G.STUDIO 16 3
MAMMA G.STUDIO 17 3
MAMMA G.STUDIO 18 2\3
MAMMA G.STUDIO 19 2\3
MAMMA G.STUDIO 20 1
GRUPPO STUDIO I. placca
PZ G.STUDIO 1 3
PZ G.STUDIO 2 2
PZ G.STUDIO 3 2
PZ G.STUDIO 4 2
PZ G.STUDIO 5 2
PZ G.STUDIO 6 1
PZ G.STUDIO 7 1
PZ G.STUDIO 8 1
PZ G.STUDIO 9 2
PZ G.STUDIO 10 2
PZ G.STUDIO 11 2
PZ G.STUDIO 12 2
PZ G.STUDIO 13 2
PZ G.STUDIO 14 2
PZ G.STUDIO 15 2
PZ G.STUDIO 16 2
PZ G.STUDIO 17 2
PZ G.STUDIO 18 2
PZ G.STUDIO 19 2
PZ G.STUDIO 20 2
Tabella 4.b : Indici di placca del Gruppo Controllo
Tabella 4.b : Indici di placca del Gruppo Controllo (bambini a sinistra, madri a destra)

108
PARTE MICROBIOLOGICA

Nelle tabelle seguenti sono riportati i risultati ottenuti dalla ricerca
microbiologica dello S. mutans, nei campioni di placca sopra -gengivale e
in quelli di fluido crevicolare.
BAMBINI S. mutans
sopragengivale N.bambini % S.mutans
sottogengivale N.bambini %
Gruppo
controllo Presente 8 80 Presente 10 10
Assente 2 20 Assente 0 0
Totale 10 10
Gruppo
studio Presente 14 70 Presente 14 70
Assente 6 30 Assente 6 30
Totale 30 30

MAMME S. mutans
sopragengivale N.mamme % S.mutans
sottogengivale N.mamme %
G.controllo
e G.studio Presente 21 70 Presente 21 70
Assente 9 30 Assente 9 30
Totale 30 30

Purtroppo nel caso delle mamme, nonostante avessimo separato tra loro
e codificato i prelievi dei due gruppi, ci sono stati inviati dal laboratorio
risultati generici riferiti al totale delle mamme , senza distinzione tra
gruppo studio e gruppo controllo.

109
Capitolo 7

Discussione
In questo studio è stata raccolta una serie di dati anamnestici sui due
gruppi per capire se le cattive abitudini alimentari e di igiene orale
possano avere un ruolo nell’eziologia della sindrome da biberon .
Le risposte ottenute d al questionario sono state analizzate attraverso il
Test statistico non parametrico di Mann -Whitney , per valutare quali
fossero statisticamente significative, ovvero quali potessero essere
considerate rilevanti nell’eziologia della sindrome da biberon.
Una serie di dati viene detta statisticamente significativa se il suo valore
p è minore o uguale a 0,05 (ovvero il 5%).
Il valore p rappresenta la probabilità che tali dati siano puramente
casuali, nel nostro caso quindi indica la probabilità che la diversi tà delle
risposte ottenute dal questionario per i due gruppi non dipenda dalla
presenza o meno della patologia.
Se il valore p è minore del 5%, allora diremo che il dato ottenuto è
statisticamente significativo .

110
Dalla nostra analisi è emerso che i due gr uppi avevano abitudini
alimentari abbastanza simili, tranne che per due aspetti risultati
statisticamente significativi.
Le differenze principali le abbiamo riscontrate sulle seguenti domande:
 Cosa beve di solito il bambino? (p ≤ 0,003)
– Acqua naturale
– Bibite addizionate (coca cola, aranciata, Estathè, fruttini,
spremute)
Possiamo notare dai grafici sottostanti la netta divergenza delle risposte
date a questa domanda da parte dei due gruppi.
L’85 % dei bambini del gruppo studio beveva bibite addizionate con
zucchero, contro il solo 30% dei bambini sani .

111
 L’allattamento è stato : (p ≤ 0,002)
– A Richiesta
– A Orari prestabiliti
L’80% dei bambini del gruppo studio aveva avuto una modalità di
allattamento a richiesta, mentre la stessa percentuale di bambini del
gruppo controllo era stata allattata ad orari prestabiliti.

Questi risultati confermano l’importanza degli zuccheri nella genesi
della patologia. L’assunzione giornaliera di bibite zuccherate al posto
dell’acqua naturale e un tipo di allattamento a richiesta, sia esso naturale
o artificiale, che prevede quindi un contatto più frequente tra le superfici
dentarie e gli zuccheri del latte, favoriscono l’insorgenza precoce delle
lesioni cariose.
Come ampiamente dimostrato in letteratura infatti oltre alla presenza
degli zuccheri e alla predisposizione individuale, un aspetto molto
importante che influisce nella formazione della carie è il “fattore tempo”.

112
L’assunzione frequente di carboid rati fermentabili favorisce infatti la
fase di demineralizzazione dello smalto, a causa della continua
produzione di acidi da parte dei batteri presenti nella placca; non
lasciando il tempo necessario al sistema tampone salivare di innescare il
processo di remineralizzazione. Nonostante non siano risultate
statisticamente significative è interessante osservare dai risultati del
questionario ulteriori differenze tra i due gruppi che rafforzano l’ipotesi
che l’errata alimentazione sia un fattore causale di qu esta patologia.
E’ emerso infatti che:
 La metà dei genitori del gruppo studio , contro un 20 % del gruppo
controllo, usava zucchero per addolcire i cibi e/o bevande;
 Il 65 % dei bambini affetti aveva abitudini di succhiamento del
ciuccio o del biberon, con tro il 40 % dei bambini sani;
Questo è infatti considerato in letteratura un importante fattore
predisponente all’insorgenza delle lesioni cariose tipiche della
SdB, in quanto il succhiamento permette il contatto diretto delle
sostanze zuccherate contenute nel biberon o aggiunte al ciuccio
con le superfici dentarie;
 L’allattamento era stato protratto oltre il 1° anno di vita nel 55%
dei bambini del gruppo studio, mentre era stato interrotto prima di
tale termine nel 70 % dei bambini sani.

113
Per quanto riguard a invece le abitudini di igiene orale le differenze
risultate significative tra i due gruppi sono state le seguenti:
 Chi lava i denti ? (p ≤ 0,010)
– Genitori
– Da solo
Come possiamo notare dai grafici seguenti, meno della metà delle
mamme dei bambini “st udio” si occupava personalmente dell’igiene
orale del proprio figlio, contro la quasi totalità delle madri dei bambini
caries -free.

 Usate colluttori ? (p ≤ 0,013)
– Sì
– No
Tutti i bambini sani facevano uso di colluttori contro il 4 5 % dei
bambini affetti da SdB.

114

– Conoscete la figura dell’Igienista Dentale ? (p ≤ 0,003)
– Sì
– No

Soltanto il 30 % dei genitori del gruppo studio conosceva questa figura
professionale, a differenza della quasi totalità dei genitori del gruppo
controllo.
Il fatto che i bambini del gruppo studio non facessero uso di colluttori, a
differenza dei bimbi sani, è probabilmente dovuto alla mancata

115
conoscenza da parte genitori dei presidi di igiene orale, o alla loro
trascuratezza del problema.
Era logico aspettarsi, come si è infatti verificato, che tali genitori non
conoscessero nemmeno la figura professionale dell’igienista dentale;
questo dimostra come sia importante la prevenzione primaria, attraverso
la giusta informazione fornita ai genitor i da parte del pediatra e dell’
odontoiatra.
Il genitore che sa e conosce i possibili fattori causali della patologia, i
modi per prevenirla e per riconoscerla precocemente, ha un arma in più
per proteggere il proprio bambino.
Anche per quanto riguarda le abitudini di igiene orale, oltre alle
differenze significative sopracitate, abbiamo riscontrato altre interessanti
differenze tra i due gruppi riguardo a:
– Frequenza di lavaggio dei denti (tutti i bambini sani si lavavano i
denti almeno una volta al giorno , il 60% addirittura 2 volte,
mentre il 30% dei bambini studio se li lavava solo saltuariamente);
– Conoscenza e uso del filo interdentale (solo il 10% dei genitori del
gruppo studio usava il filo interdentale , e addirittura il 45% non lo
conosceva nemmeno. Al contrario il 90% delle mamme dei bimbi
sani conosceva questo presidio, anche se magari sceglieva di non
usarlo ritenendo il proprio figlio ancora troppo piccolo);

116
– Conoscenza del fluoro e delle sue funzioni (Il 70% dei genitori del
gruppo controllo aveva sentito parlare del fluoro e della sua
importanza nella prevenzione, a differenza del 40 % delle mamme
dell’altro gruppo).
Da questi risultati deduciamo che le mamme dei bambini caries -free
erano sicuramente più informate e preparate sui modi per sal vaguardare
la salute orale dei propri figli, sia a livello di scelte alimentari sia per
quanto riguarda l’igiene orale. A proposito di quest’ultima, dalle
discrepanze emerse tra i due gruppi emerge l’importanza fondamentale
di una buona igiene orale per pr evenire l’insorgenza della malattia;
trattandosi però di bambini molto piccoli la gestione di questo aspetto è
compito e responsabilità dei genitori, che quindi dovrebbero essere
informati prima di tutto sui mezzi e i modi più adeguati per garantire ai
propri figli una buona igiene orale ed essere poi continuamente motivati.

Per quanto riguarda la PARTE CLINICA abbiamo confrontato gli indici
di placca dei bambini “studio” con quelli del gruppo controllo. Per le
madri invece abbiamo confrontato tra loro si a gli indici di placca che gli
indici DMFT di esperienza di carie.
Per valutare se i differenti indici di placca riscontrati nei due gruppi
fossero statisticamente significativi abbiamo usato il test di Mann –

117
Whitney, mentre ci siamo serviti del test T di S tudent nel caso
dell’indice DMFT.
Dall’esame clinico dei bambini sono risultati i seguenti livelli di placca:
Indice di Placca di Silness e Löe

In tutti i bambini “controllo” abbiamo riscontrato un indice di placca di
grado 1, mentre in quelle affetti da SdB soltanto il 15% aveva il
medesimo livello di placca, il restante 85% aveva un indice di placca ≥
2.
Per il test di Mann -Whitney il grado di significatività p risulta nullo in
quanto il test non è valido in caso di valori di uno stesso gruppo pari
merito; allo stesso tempo risulta evidente la differenza sostanziale del
grado di placca tra i due gruppi che conferma ulteriormente l’importanza
dell’igiene orale per la prevenzione della malattia. P.I. Bambini Studio Bambini Controllo
Grado 0 0% 0%
Grado 1 15% 100%
Grado 2 80% 0%
Grado 3 5% 0%

118
I diversi indici di placca delle madri “studio” e “controllo”, riassunti
nella tabella e nei grafici sottostanti, sono risultati statisticamente
significativi, con un indice di significatività p ≤ 0.012.
Indice di Placca di Silness e Löe
P.I. Mamme Studio Mamme Controllo
Grado 0 0% 0%
Grado 1 15% 60%
Grado 2 80% 40%
Grado 3 5% 0%

Se confrontiamo le percentuali relative agli indici di placca dei bambini
“studio” con quelle delle rispettive madri, è interessante notare che
coincidono perfettamente;
La maggior parte delle madri “studio” trascurava quindi la propria igiene
orale, e c ome è logico aspettarsi anche quella del proprio bambino.
Questa osservazione è confermata dal risultato del questionario da cui
risulta che più della metà delle mamme “studio” non si occupava
personalmente dell’igiene orale del proprio bambino.

119
Dal conf ronto degli indici DMFT di esperienza di carie delle mamme dei
due gruppi risulta una differenza statisticamente significativa, con valore
di significatività p ≤ 0.004.
Nella tabella e nel grafico sottostanti sono riassunte le medie dei
dmft/DMFT di entram bi i gruppi.
Indice di esperienza di carie

E’ evidente che, al momento della visita odontostomatologica, le madri
dei bambini affetti da SdB avevano un’esperienza di carie decisamente dmft DMFT
Madri “Studio ” 8,7
Bambini “Studio ” 7,85
Madri “Controllo ” 3,7
Bambini “ Controllo ” 0

120
maggiore rispetto alle madri dei bimbi sani, con una media di 5 elementi
dentari in più colpiti da carie.
Da questi risultati possiamo dedurre che le condizioni di igiene e di
salute orale delle mamme influenzano in qualche modo quelle dei propri
figli , poiché a bambini sani corrispondevano madri con poca esperienza
di carie e a bambini con SdB corrispondevano madri con elevato DMFT.
Il fatto che madri con elevata esperienza di carie avessero figli affetti da
SdB è probabilmente dovuto alla loro scarsa informazione riguardo alle
corrette abitudini alimentari e alle adeguate manovre di igiene orale,
oppure alla trascuratezza dell’importanza della salute orale, sia propria
che dei propri figli.
Si può anche ipotizza re che esista nel gruppo studio una certa
predisposizione i ndividuale alla carie a carattere genetico, come per
esempio una particolare morfologia degli elementi dentari caratterizzati
da solchi e fossette accentuati, una consistenza anomala dei tessuti du ri
del dente, una disposizione dei denti in arcata che può rendere
difficoltosa una buona igiene orale e tc.
In questo caso però prevalgono sicuramente i primi due aspetti,
trattandosi di bambini molto piccoli in cui l’insorgenza di queste lesioni
cariose caratteristiche è dovuta essenzialmente ad errate abitudini
comportamentali.

121
Sarebbe inoltre interessante analizzare dal punto di vista microbiologico
l’eventualità di trasmissione dei batteri responsabili della patologia da
madre a figlio; sembra infatti che la madre possa trasmettere
precocemente al bambino i batteri cariogeni attraverso abitudini errate
(come mettersi in bocca il ciuccio per pulirlo dopo che è caduto o
assaggiare i pasti del bimbo con le solite posate), questo anticipa
logicamente il ri schio di carie del bambino.
Per quanto riguarda invece le analisi microbiologiche effettuate sui
campioni di placca sopra e sotto – gengivali, sono riportati di seguito i
risultati della presenza o meno dello Streptococcus Mutans, da sempre
ritenuto il pri ncipale responsabile dell’inizio e della progressione della
lesione cariosa.
S.Mutans sopra -gengivale
Streptococcus Mutans SPG Bambini Studio Bambini Controllo
Presente 70% 80%
Assente 30% 20%

122
S.Mutans sotto -gengivale

A dispetto delle nostre aspettative è risultata maggiore la prevalenza del
batterio nella placca dei bambini caries -free rispetto a quelli con
sindrome.
La differenza tra i due gruppi risulta maggiore per la placca sotto –
gengivale, in quanto il batterio era presente nel fluido crevicolare di tutti
i bambini sani e solo nel 70 % di quelli affetti.
Per la placca sopra -gengivale la differenza risulta essere meno
significativa, in quanto le percentuali di prevalenza del batterio per i
gruppi studio e controllo sono risultate rispettivamente dell’80% e del
70%. Steptococcus Mutans STG Bambini Studio Bambini Controllo
Presente 70% 100%
Assente 30% 0%

123
Quello che a primo impatto ci stupisce è che il batterio non fosse
presente in bambini affetti da S dB anche severa, e che invece fosse
presente in quelli sani e addirittura con una prevalenza maggiore.
Potremmo spiegare l’assenza del batterio nei bambini con SdB severa
considerando che lo S. mutans è sì ritenuto il batterio più importante nel
determinar e l’inizio e la progressione della carie, ma successivamente
all’avvenuta cavitazione dello smalto i Lattobacilli assumono un ruolo
preponderante [44].
Inoltre il fatto che i batteri cariogeni fossero presenti nei bimbi cosiddetti
“caries -free” può essere spiegato dal fatto che tali bambini sono sì privi
di lesioni cariose clinicamente evidenti, ma in realtà possono essere
considerati in una condizione di “carie inattiva”.
Quello che li differenzia dal gruppo studio non è quindi l’assenza dei
batteri, ma la presenza di un equilibrio esistente tra i processi di
demineralizzazione e remineralizzazione dello smalto, dovuti
rispettivamente all’azione degli acidi e all’effetto tampone della saliva.
Ciò che sposta l’equilibrio verso il processo di cavitazione è l ’aumentata
frequenza del substrato, dovuta quindi al fattore comportamentale, che
risulta infatti molto diverso dal confronto dei due gruppi [44] .

124
Per quanto riguarda i prelievi effettuati nelle madri, le analisi ci hanno
fornito purtroppo informazioni ge neriche che non ci permettono di
confrontare la presenza dello Streptococco nelle madri e nei rispettivi
figli.
Per verificare l’eventualità di trasmissione del batterio è necessario
effettuare nuove ricerche microbiologiche mirate, eventualmente
amplia ndo il campione esaminato per ottenere risultati più significativi.

125
Capitolo 8

Conclusioni
Questo studio clinico ha confrontato un campione di bambini affetti da
Sindrome da Biberon (SdB) con un gruppo di bambini caries -free allo
scopo di verificare e confermare l’importanza delle errate abitudini
alimentari e della scarsa igiene orale nella genesi della patologia.
Attraverso l’analisi microbiologica è stata inoltre valutata, la prevalenza
nel cavo orale dei pazienti e saminati del batterio Streptococcus mutans,
considerato il principale agente eziologico della carie, per verificarne il
ruolo nella SdB.
Lo studio è stato esteso anche alle mamme di entrambi i gruppi, con
l’intento di capire se il grado di igiene orale e l’esperienza di carie delle
madri possano influire in qualche modo sulla salute orale dei figli.
I risultati ottenuti dimostrano che il fattore eziologico principale di
questa patologia è quello comportamentale, in quanto tra i due gruppi
analizzati sono s tate riscontrate dall’anamnesi molte differenze
riguardanti: le scelte e le modalità di alimentazione e allattamento dei
bambini, e le conoscenze e l’attuazione delle corrette pratiche di igiene
orale da parte dei genitori.

126
Dalla corrispondenza riscontrata tra l’esperienza di carie e i livelli di
placca delle madri e quelli dei rispettivi figli, possiamo inoltre
concludere che le abitudini e i comportamenti personali delle madri
influenzano inevitabilmente la salute orale dei propri figli; trattandosi
infatti di bambini molto piccoli, questi dipendono completamente dai
propri genitori.
Sarà loro compito e responsabilità quindi effettuare delle scelte
alimentari corrette e partecipare attivamente alle manovre di igiene orale
giornaliere dei bambini.
Per favorire una corretta condotta da parte dei genitori, il pediatra e/o
l’odontoiatra dovrebbero adeguatamente informarli sulle caratteristiche
di questa sindrome, spesso sconosciuta o sottovalutata, e sui mezzi a loro
disposizione per prevenirla.
Attraverso i risultati ottenuti dalle analisi microbiologiche effettuate,
possiamo inoltre ritenere che lo Streptococcus mutans possa non essere
né necessario né sufficiente per determinare da solo tale patologia.
Il fatto che il Mutans fosse presente nella totalità dei bambini privi di
carie, dimostra infatti che il batterio da solo non può causare la
sindrome, ma necessita inevitabilmente del fattore comportamentale, per
il quale infatti sono state riscontrate notevoli differenze tra i due gruppi.

127
Lo Streptococco p uò infine non essere considerato indispensabile per
causare la patologia, poiché nel 30 % dei bambini con SdB severa il
batterio risultava assente.
Questo risultato sembra essere confermato da r ecenti studi [45] che hanno
riscontrato in bambini con Sindrome da Biberon severa , nei quali
Streptococcus mutans era assente, la presenza di un possibile nuovo
patogeno, Scardovia wiggsiae .
Se tale scoperta venisse confermata da future indagini, potremmo
definire ancora meglio i fattori eziologici della mala ttia e chiarirne
l’importanza relativa, nel tentativo di prevenire una patologia che
colpisce bambini molto piccoli e che ha gravi complicanze estetiche,
funzionali e di salute generale.

128
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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio di cuore:

La Prof.ssa Maria Rita Giuca, per la sua infinita disponibilità e l'estrema
competenza che ha fornito sia durante la fase clinica che nella stesura
della tesi.

Le sue collaboratrici: dott.ssa Elisabetta Carli, d ott.ssa Debora Bonfigli e
dott.ssa Elisa Zampollo, che hanno contribuito in modi diversi alla
realizzazione del lavoro, e sono state per me un grande punto di
riferimento.

La mia collega Igienista Dentale Francesca Vannucci, con la quale ho
condiviso la realizzazione de llo studio clinico, e che è stata per me fonte
di incoraggiamento continuo.

I miei genitori Giovanna e Giuliano e tutta la mia Famiglia , senza i quali
non avrei potuto raggiungere questo tr aguardo tanto sperato, e che hanno
continuato a credere in me anch e nei momenti di difficoltà.

Giacomo, che ringrazio particolarmente, perché c'è stato sempre ,
capendomi, incoraggiandomi, correggendomi quando necessario; g razie
al suo appoggio e al suo affetto ho ritrovato la grinta per andare a vanti e
raggiungere finalm ente il mio obiettivo.

I miei amici e colleghi : Elena G., Fabio, Francesca e Andia, con i quali
ho condiviso gioie e dolori, con cui ho trascorso anni importanti e
indimenticabili della mia vita.

Le mie più intime amiche, lontane e vicine: Laura, Elena D ., Ilaria, Sara,
Chiara, che mi hanno supportato e sopportato nel corso di questa lunga
avventura.

Dedico qu esto lavoro alle mie carissime N onne, importanti punti di
riferimento nella mia vita. Vi ringrazio per tutto quello che mi avete
insegnato e che po rterò sempre nel cuore.

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