Introduzione …3 [311516]

CONTENUTO

Introduzione …………………………………………………………………………………………………………….3

1.La motivazione del tema scelto……………………………………………………………………………………3

2. L’importanza e l’attualità del tema scelto…………………………………………………………………….4

CAPITOLO 1 LE ESPRESSIONI IDIOMATICHE ……………………………………………………..6

La fraseologia: definizione ed oggetto di studio…………………………………………………..6

Idiomatico ed idiomaticità…………………………………………………………………………………6

[anonimizat]…………………………………………………………….8

Il grado di idiomaticità delle espressioni idiomatiche……………………………………………9

Le caratteristiche delle espressioni idiomatiche…………………………………………………..11

Le espressioni idiomatiche: classificazione…………………………………………………………14

Lo scopo e le funzioni delle espressioni idiomatiche……………………………………………19

Le fonti delle espressioni idiomatiche………………………………………………………………..20

Le collocazioni………………………………………………………………………………………………..23

I verbi idiomatici (pronominali)…………………………………………………………………………25

CAPITOLO 2 ASPETTI METODOLOGICI RIGUARDANTI LINSEGNAMENTO/[anonimizat] ………………………………………………………………………………………………….28

2.1. [anonimizat] – elemento cardine nel processo didattico……28

2.1.1. Gli obiettivi di apprendimento…………………………………………………………………29

2.1.2. Le strategie di insegnamento e l’autonomia nell’apprendimento…………………..29

2.1.3. La valutazione………………………………………………………………………………………..30

2.2. Le caratteristiche delle abilità linguistiche e comunicative………………………………………..31

2.2.1. La produzione orale…………………………………………………………………………………33

2.2.2. La comprensione orale…………………………………………………………………………….37

2.2.3. La produzione scritta……………………………………………………………………………….41

2.2.4. La comprensione scritta…………………………………………………………………………..44

CAPITOLO 3 RICERCA CONSTATATIVA: LA PRESENZA DELLE UNITÀ FRASEOLOGICHE NEI LIBRI DI TESTO DI ITALIANO PER STRANIERI…………….49

3.1. Lo scopo della ricerca…………………………………………………………………………………………..49

3.2. L’ipotesi della ricerca…………………………………………………………………….49

3.3. Gli obiettivi della ricerca……………………………………………………………………………………….50

3.4. Il campione di ricerca……………………………………………………………………………………………50

3.4. Lo svolgimento della ricerca………………………………………………………………………………….51

3.4.1. Nuovo Progetto italiano 1…………………………………………………………………………….51

3.4.2. Nuovo Progetto italiano 2…………………………………………………………53

3.4.3. Nuovo Progetto italiano 3……………………………………………….…………56

3.4.4. Contatto 1……………………………………………………………………………………………………60

3.4.5. Contatto 2 A………………………………………………………………………………………………..62

3.4.6. Contatto 2B…………………………………………………………………………………………………65

3.5. Conclusioni…………………………………………………………………………………………………………68

CAPITOLO 4 PROPOSTE DI INCLUSIONE DELLE UNITÀ FRASEOLOGICHE NELLE LEZIONI DI LINGUA ITALIANA …………………………………………………………………………..73

4.1. I fraseologismi e il QCER……………………………………………………………………………………..74

4.2. La presenza dei fraseologismi nel curricolo d’italiano……………………………….….75

4.3. Proposte di inclusione delle unità fraseologiche nello studio della lingua italiana………..78

4.3.1. Frasi fatte ed espressioni idiomatiche classificate secondo il significato letterale

4.3.2. Frasi fatte ed espressioni idiomatiche con equivalenti (quasi) identici in romeno

4.3.3. Repertorio di espressioni idiomatiche proposte per ogni livello del QCER, scelto seguendo da vicino i programmi scolastici in uso, stabiliti per ogni classe

4.4. Suggerimenti didattici per l’impiego delle tessere

4.5. Unità didattica: Le espressioni idiomatiche

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

ALLEGATI

INTRODUZIONE

La motivazione del tema scelto

La lingua è lo strumento attraverso il quale si vede la realtà, ci si sposta nel mondo, ci si comporta in un modo o in un altro e ha una funzione sociale di primaria importanza: permette di mettersi in contatto con gli altri membri del gruppo. La lingua straniera è la lingua imparata in un contesto in cui non è parlata abitualmente, in un ambiente formale, a scuola, ad esempio, nella presenza e con l’aiuto di un insegnante che utilizza quella lingua. La padronanza della lingua straniera si appoggia su un processo di insegnamento/apprendimento il quale, se efficace, riesce a destare nell’apprendente l’interesse per le altre culture e apporta un contributo fondamentale all’integrazione nell’odierna società multilingue e multiculturale europea. L’insegnamento della lingua straniera nella scuola incoraggia un atteggiamento morale capitale per la democrazia sociale e culturale delle comunità linguistiche, in quanto solo attraverso il linguaggio e la comunicazione si riesce a costruire la propria identità e a gestire i rapporti sociali.

Le espressioni idiomatiche sono una sfida per qualsiasi parlante, non solo quando si parla la propria lingua, ma soprattutto quando si ha l’intenzione di imparare a/e parlare correttamente ed in modo espressivo una lingua straniera in generale e la lingua italiana, in particolare. Allo stesso tempo è una sfida per gli insegnanti, i quali si trovano davanti a un argomento che è poco presente nei manuali di italiano per stranieri. Perciò chi entra in contatto con questa lingua si accorge del fatto che insegnare/apprendere la lingua è come ”costruire” una casa. Gordana Vranic afferma che ”sus cimientos, siendo la estructura gramatical básica, deben asegurar nuestra vivienda para que no se derribe. Sus paredes, hechas de ladrillos como si de vocabulario se tratara, habrían de soportar el tejado para completarla. Pero, para llegar a ser un verdadero hogar, tenemos que estudiar y aprender las frases hechas y dichos que representan su verdadera decoración que en una casa crea ese ambiente ameno tan particular y distintivo.” Per questo l’apprendimento delle espressioni idiomatiche e delle altre forme fisse della lingua, al di là della loro fondamentale importanza, è la parte più divertente, senza la quale lo studio della lingua italiana non sarebbe quello che è: una lingua universale, una lingua ricca e innanzitutto molto bella.

L’importanza e l’attualità del tema scelto

Esistono diverse forme attraverso le quali la saggezza popolare si esprime e si trasmette di generazione in generazione. Una di queste forme è mediante le frasi fatte, i modi di dire che abitualmente si trasmettono a viva voce, come espressione della saggezza profonda e ancestrale dei popoli che non avevano bisogno dell’ausilio della scrittura o, come diremmo oggi, dell’informatica. Tutta questa serie di formule e detti modellano la vita di un popolo, ma servono anche come modalità per conoscerlo meglio. I modi di dire sono una modalità facile per arrivare a conoscere il carattere di chi li usa e li applica, perché molte di queste espressioni hanno un vero senso pratico per la vita quotidiana.

Le espressioni idiomatiche e tutte le altre frasi fatte sono parte integrante della cultura di un popolo e, in effetti, accedere ad una lingua senza la conoscenza di queste espressioni si trasforma in un compito impossibile. Uno studente che padroneggia la grammatica e la pronuncia di una lingua può affrontare la lingua dentro l’aula, ma non potrà mai capire gli usi reali della lingua, perché la conversazione, le canzoni, la televisione, i giornali, i libri e, in fin dei conti, la vita quotidiana e tutte le manifestazioni culturali si nutrono continuamente di queste espressioni.

Che cosa fa un alunno che studia la lingua italiana con questo materiale? Espressioni come stare con le mani in mano, fare le corna, rimanere di stucco, prendere due piccioni con una fava, essere battezzato di domenica, dormire il sonno del giusto … devono essere imparate dall’alunno dentro un contesto reale e devono essere integrate nella comunicazione giornaliera. Ma come fa un insegnante ad insegnarle e integrarle in un quadro culturale? Di sicuro la soluzione migliore non è offrire una lista di espressioni e fare continuamente esercizi di riempimento degli spazi vuoti. L’obiettivo maggiore di questo lavoro è presentare una soluzione al problema dell’insegnamento delle espressioni idiomatiche e come lo studente di italiano può integrarle nella sua comunicazione quotidiana e ampliare in questo modo le sue conoscenze sulla cultura italiana. Non è, dunque, uno studio sintattico sulle espressioni, ma un tentativo di stabilire una relazione tra la cultura e la lingua.

Una volta che l’alunno incomincia ad assimilare queste espressioni, guadagna non solo la possibilità comunicativa, ma gli si apre un nuovo spazio culturale perché può comprendere con maggiore facilità la visione che hanno gli abitanti di un paese sul mondo; tutto questo gli permetterà di vedere la lingua italiana da un’altra prospettiva e con una conoscenza più profonda della realtà in cui stanno immersi i suoi parlanti.

Si dice che l’uomo si differenzia dagli animali per il fatto che riesce ad esprimere i suoi desideri, idee, sentimenti attraverso la lingua che parla. In più, l’uomo riesce a comunicare tutto questo sia in maniera obiettiva, che soggettiva, cioè metaforicamente e può manipolare il suo discorso fino al punto di dire esattamente il contrario di quello che intende dire. Durante la storia, l’uomo ha ideato varie frasi per questo, ad esempio le espressioni idiomatiche, uno dei componenti più interessanti e flessibili del discorso.

A partire dall’esame delle più diffuse ricerche sulle espressioni idiomatiche italiane e dal fatto che queste espressioni sono trascurate nell’insegnamento della lingua italiana, il presente lavoro tende ad illustrare alcune strategie che siano un utile ausilio per coloro che vogliano insegnare/imparare bene la lingua italiana. Le strategie illustrate nella presente tesi sono state pensate con lo scopo di fornire agli interessati degli spunti nella progettazione di un percorso mirato al raggiungimento di una buona competenza lessicale degli studenti e di coprire le carenze esistenti nel sistema. L’approccio pragmatico è puntato anche a stimolare la riflessione sulle particolarità delle lingue, promuovendo un atteggiamento attivo e consapevole verso questo ramo della linguistica che non è ancora abbastanza definito nella letteratura specialistica.

CAPITOLO 1

LE ESPRESSIONI IDIOMATICHE

La fraseologia: definizione ed oggetto di studio

Ancora in corso di costituzione, a metà strada tra la lessicografia e la sintassi, la fraseologia è un fenomeno complesso la cui posizione nell’ambito della linguistica non è ancora molto chiara. Disciplina trascurata dai linguisti, la fraseologia si riferisce alla totalità delle espressioni fisse di una lingua, espressioni il cui significato non è dato sommando le parole costituenti, ma hanno un significato convenzionale.

I primi studi teorici sul campo fraseologico della lingua risalgono al Diciottesimo secolo, quando la scuola linguistica russa propone una distinzione chiara tra frase ed idiomatismo. In seguito, il linguista svizzero Ch. Bally denomina con il termine fraseologia una nuova disciplina che intenda studiare le unità pluriverbali o polilessicali fisse nel parlato delle comunità linguistiche. Bally sottolinea il fatto che tali unità hanno come tratto distintivo il carattere di fissità nato dalla ripetizione continua di una combinazione di parole. Questo vuol dire che ad esempio nell’espressione cantare come un canarino “confessare, tradire un segreto” le parole che la compongono non possono essere sostituite da altre parole, non si può dire cantare come un uccello/merlo/usignolo*, né si può modificare il numero del sostantivo o aggiungere altre parole: cantare come i canarini* o cantare quasi come un canarino*.

La fraseologia ha come oggetto di studio una vasta categoria di espressioni fraseologiche che sono molto disomogenee e perciò molto difficile da classificare. Nonostante ciò i linguisti europei hanno provato a raggruppare dette espressioni in più categorie: espressioni idiomatiche (modi di dire), collocazioni, proverbi e formule di routine.

Idiomatico ed idiomaticità

Federica Casadei afferma: “L’idiomatico è ciò con cui una lingua articola e dà forma alla propria visione del mondo, ne esprime il disegno, la forma interna, lo spirito o il genio che la fa diversa da altre (…); è il ponte visibile tra strutture linguistiche e strutture cognitive, tra il linguaggio e la mentalità o il carattere dei parlanti (tipicamente del popolo, della nazione, della razza)”. L’idiomatico è un richiamo che fa la lingua per preservare il suo statuto contro le influenze straniere. Non è una caratteristica del modo di parlare delle classi meno colte, poco educate, ma offre spontaneità ed espressività alla lingua.

L’idiomaticità delinea una nozione particolarmente controversa perché può essere intesa in due sensi. In senso largo, rappresenta un elemento particolare, specifico di una lingua e perciò un oggetto di studio prototipico della linguistica. In senso più ristretto, attraverso l’idiomaticità si indica la natura di quegli elementi lessicali o grammaticali individuali e rilevanti di una lingua rispetto ad un’altra, cioè si potrebbe affermare che certe unità fraseologiche sono idiomatiche se ad un’analisi interlinguistica si possono mettere in risalto le loro peculiarità rispetto a espressioni equivalenti in altre lingue. In ambito fraseologico si parla comunemente di idiomaticità quando si vuole indicare il carattere semantico di certe costruzioni linguistiche fisse, il cui senso non è ricostruibile dai significati dei singoli elementi costitutivi. In altre parole è idiomatico ciò che non è composizionale, letterale o ciò che è ritenuto anomalo riguardo alla normale capacità di combinazione delle unità lessicali. Si potrebbe dire quindi che tutto ciò che sfugge alle regole lessicali e grammaticali può essere considerato idiomatico.

In quello che riguarda le unità fraseologiche, quando si parla di espressione idiomatica ci si riferisce dunque al fatto che essa ha perso parzialmente o totalmente la sua autonomia semantico-funzionale: ciò è dimostrato dal fatto che la somma dei significati letterali dei suoi elementi costituenti non rende il significato dell’espressione, o almeno non il significato figurato. Inoltre, da un punto di vista formale, maggiore è il grado di idiomaticità, minore sarà la possibilità di apportare all’espressione modifiche sintattiche. L’idiomaticità è dunque strettamente connessa alla fissità ed entrambe sono inversamente proporzionali al grado di composizionalità dell’espressione.

Malkiel fa una distinzione tra idiomaticità intralinguistica e idiomaticità interlinguistica. Secondo il linguista una forma/struttura di una lingua può essere ritenuta idiomatica confrontandola o con quella di altre lingue (idiomaticità interlinguistica o bilingue) o con forme/strutture di quella stessa lingua (idiomaticità intralinguistica o monolingue). I due termini però combaciano dato che “la differenza di tradurre un’espressione in una L2 ne conferma di solito l’idiomaticità nella L1”, ma non si devono confondere: l’idiomatico come specificità di una lingua è legato all’approccio interlinguistico, mentre ultimamente si fa sempre più strada il punto di vista intralinguistico che vede l’idiomatico come eccezione, irregolarità e anomalia.

Secondo il linguista Ian Roberts, citato da Federica Casadei, l’idiomatico come singolarità porta facilmente a ritenere idiomatiche tutte le frasi di una lingua o la lingua stessa nella sua totalità. Non solo i modi di dire, ma ogni forma lessicale o struttura grammaticale può in questo modo essere chiamata idiomatica. Così per Roberts sono degli idioms la totalità dei mezzi espressivi propri di una lingua, oltre a proverbi, modi di dire, pronomi, avverbi, congiunzioni, flessione e composizione.

L’idiomaticità caratterizza, dunque, le unità fraseologiche, ma in diversa misura. Il carattere idiomatico si riferisce alla dimensione semantica delle espressioni, che è l’elemento principale nella loro formazione, dato che senza unità di significato non si avrebbero le combinazioni fisse di parole, ma soltanto quelle libere. Il massimo grado di idiomaticità è raggiunto dalle espressioni idiomatiche grazie al loro significato non-composizionale e al forte saldamento dei loro componenti, mentre altri fraseologismi possiedono una minore idiomaticità, avendo un significato parzialmente composizionale.

Bisogna però prestare attenzione al fatto che non tutti gli abbinamenti stabili di parole sono idiomatici. Costruzioni come gomma da masticare, cordone ombelicale ecc non sono idiomatiche in quanto il loro significato non subisce nessun processo di mutamento semantico, ma è del tutto letterale, composizionale.

Le espressioni idiomatiche – definizione

Una delle provocazioni dei linguisti occupatisi dello studio della fraseologia e dei suoi fenomeni è stata quella di definire le espressioni idiomatiche. E questo per due motivi: in primo luogo non è molto chiaro quali siano le caratteristiche che le differenziano da altre espressioni fisse di una lingua e, in secondo luogo, costituiscono una classe estremamente eterogenea, ognuna di esse possedendo particolarità proprie.

Cristina Cacciari afferma che “una espressione idiomatica è un insieme o una configurazione formato da una o più parole e dotato di una interpretazione semantica convenzionale che può essere, a diversi gradi, derivata composizionalmente della interpretazione delle parti che la compongono. Può essere totalmente inerte cosi come ammettere che le sue parti siano sintatticamente e semanticamente flessibili”.

D’altra parte Federica Casadei propone le definizione seguente: con il termine “locuzione o espressione idiomatica si indica generalmente un’espressione convenzionale, caratterizzata dall’abbinamento di un significante fisso (poco o niente affatto modificabile) a un significato non composizionale”.

Nonostante i numerosi studi intrapresi negli ultimi anni sull’argomento, non si è arrivati a un consenso generale in ciò che riguarda la definizione delle espressioni idiomatiche. Ma in genere un’espressione idiomatica è definita come una frase il cui significato non risulta sommando i significati degli elementi componenti. Espressioni come avere mantello per ogni acqua “essere preparati per qualsiasi situazione” o sputare tondo “parlare pomposamente” non avrebbero nessun senso se fossero tradotte in base ai significati dei loro componenti, ma fanno riferimento ad un significato figurato, noto soltanto alla comunità che le usa.

La definizione più generale dice che espressioni idiomatiche sono le espressioni convenzionali di una lingua caratterizzate dall’abbinamento di un significato fisso (poco o affatto modificabile) a un significato non-composizionale (cioè che, a differenza del significato letterale o composizionale, non è ricavabile dai significati dei componenti dell’espressione). Secondo tale definizione il termine idiomatico può includere locuzioni, frasi fisse, stereotipi, formule, cliches, luoghi comuni, giri di parole, modi di dire e detti. In conseguenza sarebbe necessario stabilire i criteri di base secondo i quali si potrebbe identificare un’espressione come idiomatica.

Il lessico è dunque caratterizzato da unità lessicali con un diverso grado di idiomaticità che di volta in volta si stabilisce anche sulla base del contesto in cui tali espressioni compaiono.

Il grado di idiomaticità delle espressioni idiomatiche

In seguito all’analisi svolta nel presente lavoro, si avrà modo di notare che l’espressione idiomatica è una frase il cui significato non si ottiene sommando i singoli significati delle parole componenti. Costrutti come essere quattro gatti, sputare il rospo, vedere rosso/nero, tirare fuori un coniglio dal cilindro, passare la notte in bianco non avrebbero nessun senso se si prendesse in considerazione la traduzione ad litteram dei loro componenti, mentre invece rinviano ad un significato figurato conosciuto e condiviso dai parlanti della lingua italiana.

Però, nel lessico di una lingua, esistono tuttavia diverse categorie di unità lessicali, più o meno fisse, che possiedono gradi di idiomaticità diversi. Esistono numerosi morfemi fossilizzati, irrigiditi, fissi il cui senso non emerge da una libera combinazione, ma sono già presenti nella lingua e si comportano come se avessero unità di significato specifiche. Si tratta delle unità lessicali che alcuni studiosi chiamano sintemi, in opposizione ai sintagmi, nel cui caso è il parlante a scegliere come combinarli. Il sintema si riferisce a un’unità lessicale formata da due o più parole, mentre il sintagma è “qualsiasi segno in quanto sia costituito da una successione di unità lessicali e grammaticali minori. (…) Si usa chiamare sintema cristallizzato, in linguistica, un sintagma risultante non dalla libera unione di due o più morfemi (come potrebbe essere, per es., la frase un incontro inatteso) ma fissatosi stabilmente in una determinata forma nella lingua, e ripetuto quasi passivamente da chi parla o scrive (per es.: un imbarazzante silenzio, un viaggio di piacere, in un raptus di follia, ecc.); è detto anche stereotipo (s.m.).”

Anche le collocazioni presentano diversi gradi di idiomaticità. Ad esempio in espressioni quali acqua limpida, l’aggettivo limpido è obbligatorio, però in altre espressioni nelle quali il primo termine è diverso, per esempio vittoria si utilizzerebbe l’aggettivo chiaro. Se in italiano si dice L’acqua del ruscello è limpida, ma non si dice La nostra vittoria è stata limpida riguarda le caratteristiche semantico-lessicali che si sono imposte attraverso l’uso nella comunità linguistica. Il più delle volte le limitazioni lessicali presenti nelle collocazioni non sono così chiuse come nelle espressioni idiomatiche e permettono in una certa misura la sostituzione. Nell’espressione scattare una foto è possibile sostituire il verbo scattare con fare senza modificare il significato della frase. In più, a differenza dalle espressioni idiomatiche, le parole che costituiscono una collocazione conservano lo stesso significato anche quando sono utilizzate fuori dalla collocazione stessa.

Ci sono poi le varie formule di routine nel linguaggio che anche esse possiedono un certo valore idiomatico. Queste unità lessicali vengono spesso utilizzate con un uso pragmatico. Espressioni come: non ne so nulla, c’è una telefonata per te, mi sa che…, sarebbe meglio che/se…, se fossi in te…, è tutto a posto ecc appartengono a questa classe che, d’altronde, è molto importante nel corpo lessicale di una lingua. Fanno parte di questa categoria diverse espressioni utilizzate per organizzare una conversazione, come ad esempio le formule con cui si apre o si chiude la comunicazione (Come stai? Come va?, Ci vediamo, A presto!, Stammi bene! ecc.), oppure sono espressioni che si usano per mantenere la conversazione, per interrompere, ecc. (Cosa dici?, Ascoltami, Senti, Aspetta che ti spiego, Ci sei? Stai zitto, Ma, dai! ecc.). Alle formule di sopra si potrebbero accompagnare le altre espressioni sociali che i parlanti usano per ringraziare, accettare, rifiutare, scusarsi: Grazie, Di niente, Figurati, Mi dispiace, Volentieri, Scusami ecc.

Il lessico dunque è formato sia da parole isolate, che da unità lessicali complesse che nascono dalla tendenza delle parole a formare delle espressioni che nel tempo tendono a lessicalizzarsi assumendo diversi gradi di variabilità e di idiomaticità.

Le caratteristiche delle espressioni idiomatiche

Come accennato, le espressioni idiomatiche di una lingua non costituiscono un insieme omogeneo nel lessico, ma nonostante ciò vi si possono identificare alcuni aspetti identici: tutte le strutture idiomatiche condividono tratti semantici, particolarità e atipicità nella loro struttura e limitazioni in ciò che riguarda il lessico e la grammatica. Anche se finora gli studiosi non sono riusciti a concordare su una descrizione teorica e sistematica dei modi di dire, né a stabilire una classificazione uguale, gran parte di essi conviene che un’espressione viene considerata idiomatica se ha tre proprietà:

Non-composizionalità, ovvero unità di significato..

Fissità (congelamento), cioè mancanza di flessibilità sintattica.

Trasparenza vs opacità semantica.

Non-composizionalità: Il significato di un’espressione idiomatica non è dato dalla somma delle parole che la costituiscono, ma considerandola nel suo insieme. Il significato che questa assume in questo modo rappresenta per il parlante qualcosa di nuovo e di diverso, rispetto a quello che si ottiene spiegandone gli singoli elementi. Nell’indagine condotta da Casadei emerge che il senso non si valuta partendo dai significati delle parole che compongono l’espressione, quindi, non è composizionale. “Le espressioni idiomatiche violano il principio di composizionalità, secondo cui il significato di un’espressione complessa è funzione di, e solo di, significati delle sue parti e le regole con cui esse si combinano. Pertanto è dalla non composizionalità che le espressioni idiomatiche acquistano lo statuto di anomalie che le ha lasciate al margine della riflessione linguistica e ne ha reso impossibile per definizione l’analisi semantica.”

Ad esempio, nell’espressione avere la coda di paglia se si prendesse in considerazione il significato composizionale, letterale, si dovrebbe immaginare una persona che va in giro con una coda di paglia attaccata. In realtà, però, il significato che si deve intendere è “stare sulle difensive, sentirsi attaccabili sapendo di aver commesso una colpa o simili”, totalmente differente dall’immagine dell’uomo con la coda di paglia attaccata e per niente desumibile dall’analisi letterale.

La non composizionalità è una condizione indispensabile per ritenere un’espressione come idiomatica.

Trascurata inizialmente dagli studiosi la fissità / il congelamento è la parola con cui vengono descritte in genere le espressioni idiomatiche in quanto, dal punto di vista lessicale e sintattico, sono delle espressioni fisse. Il grado di congelamento dà la possibilità di distinguere le espressioni che sono idiomatiche da quelle che non lo sono. Se all’interno di una frase abituale qualunque elemento può occupare qualsiasi posizione purché abbia le caratteristiche richieste, gli elementi componenti dell’espressione idiomatica sono fissi, cioè invariabili o comunque scambiabili con pochi altri, ristretti dunque dal punto di vista lessicale. Oltre a ciò, a differenza di altre frasi che hanno una struttura identica, le espressioni idiomatiche non ammettono trasformazioni al loro interno, come ad esempio: la passivizzazione, la relativizzazione, la modificazione del numero e dell’ordine dei costituenti, l’introduzione di modificatori ecc.

Si veda a questo proposito l’esempio: Alla festa i ragazzi hanno alzato il gomito.

La passivizzazione presuppone la trasformazione del complemento oggetto in complemento d’agente.

*Il gomito è stato alzato alla festa dai ragazzi.

La trasformazione nella forma passiva rende difficile e improbabile la comprensione dell’espressione idiomatica.

La relativizzazione ha il ruolo di spiegare l’elemento a cui fa riferimento:

* Il gomito, che i ragazzi hanno alzato …

Nelle espressioni idiomatiche il numero del sostantivo è fisso e anche se la sua modificazione non è accettata, non si perde il significato, ma è considerata un errore nel formulare l’espressione:

*Alla festa i ragazzi hanno alzato i gomiti.

– Nella maggior parte dei casi non si possono inserire parole che portino delle modifiche, sebbene l’espressione possa essere compresa.

*I ragazzi hanno alzato il loro gomito/ quel gomito ecc.

Solo in alcuni casi, l’introduzione di avverbi di tempo (spesso, di solito, sempre, raramente, di tanto in tanto ecc) è permessa e non viene ritenuta come un errore:

Alzare spesso il gomito non fa bene alla salute.

Alle feste Marco alza sempre il gomito.

Evidentemente anche in ciò che riguarda la fissità le espressioni idiomatiche hanno comportamenti diversi: se alcune di esse, come visto sopra, non accettano nessun intervento nella loro struttura, d’altro canto esistono moltissimi modi di dire che hanno una struttura semi-fissa e, quindi, possono subire delle trasformazioni (numero, tempo verbale, modo). Ad esempio: nuovo di zecca “nuovissimo, come una moneta appena uscita dalla Zecca, quindi appena coniata” accetta il plurale:

Questo vestito è nuovo di zecca. – I vestiti sono nuovi di zecca.

L’opacità si riferisce alla facilità o, anzi, la difficoltà con cui si può ricavare, dedurre il significato di un’epressione idiomatica. I modi di dire presentano un basso grado di trasparenza, perché in molti casi non è possibile interpretare il significato senza possedere delle conoscenze esterne o in assenza di un contesto linguistico ben definito. Per questo motivo esistono più livelli di opacità strettamente legati al tempo di fossilizzazione dell’espressione e dunque:

espressioni in cui il senso si può ancora dedurre dal significato composizionale, letterale di ogni elemento, chiamate espressioni motivate: non svegliare il can che dorme; allevare un serpente al seno.

espressioni in cui alcuni elementi hanno un significato letterale, chiamate espressioni parzialmente motivate: mangiare da cani, febbre da cavallo.

espressioni demotivate, il cui senso complessivo “non è deducibile dalla composizione dei significati letterali dei singoli elementi”: avere la coda di paglia, menare per il naso, tirare le cuoia, seminare zizzania.

Le espressioni idiomatiche: classificazione

È difficile classificare le espressioni idiomatiche in assenza di un consenso generale in ciò che riguarda la loro posizione nell’ambito della fraseologia. Ogni linguista ha il proprio punto di vista sui modi di dire e ne traccia la propria tipologia. Perciò risulta molto difficile fare una sintesi delle loro tesi, ma in grandi linee gli studiosi si sono soffermati su due aspetti: l’aspetto sintattico che suddivide le espressioni idiomatiche in nominali, avverbiali, verbali, frasi fisse e frasi a verbo supporto, e la prospettiva semantica, che è più complessa perché ha più punti di partenza: il significato letterale o idiomatico, il tipo dell’espressione ecc.

6.1. Punto di vista sintattico:

Per quanto riguarda le frasi libere, il loro significato è letterale; ciò vuol dire che esso è derivabile dalla somma dei significati delle singole parole: avere mal di testa/stomaco/gola, avere fame, avere sete, avere paura.

Le frasi a verbo supporto sono delle frasi semplici che hanno un verbo che dal punto di vista semantico è vuoto, ma il cui significato è influenzato dal nome che segue. Il nome, a sua volta, riceve dal verbo supporto indicazioni sul tempo, modo e aspetto: avere orecchio per la musica, avere un buon naso/il fiuto per gli affari, avere fegato, mandare giù, buttare giù, mandare a quel paese, mettere su, andare incontro.

Nelle frasi fisse il significato non è letterale, cioè non si può dedurre dai significati delle singole parole e, in più, sono caratterizzate dalla fissità dei gruppi nominali: andare a rotoli, andare a ruba, correre a tutta birra, prendere il toro per le corna, bere a gogò.

Le espressioni verbali si possono raggruppare in:

verbo transitivo + nome

avere una fifa blu, sudare sette camicie, cambiare registro, bruciare le tappe, aspettare la manna dal cielo, darsi la zappa sui piedi, avere il bernoccolo, fare fiasco, fare il diavolo a quattro, prendere piede, salvare capra e cavoli, perdere la testa, voltare le spalle, rompere il ghiaccio, venire a galla, prendere fiato.

verbo + prep. + nome/avverbio

andare con i piedi di piombo, andare in oca, rimanere di stucco, partire in quarta, partire in tromba, arrivare al dolce, ballare al suono di qualcuno, cantare ai sordi, essere alle prime battute, rispondere a tono, lasciare/piantare in asso, passare in cavalleria, pescare nel torbido, menare per il naso, mettere i puntini sulle i, mettere una mano sul fuoco, prendere in contropiede, cadere dalle nuvole, portare all’altare, mandare all’aria, vivere nelle nuvole, mordersi le mani.

essere + nome

essere un altro paio di maniche, essere (sempre) la solita canzone, essere di umore nero, essere musica per le orecchie di qualcuno, essere tutta un’altra musica, essere un disco rotto, essere un vecchio trombone, non essere uno stinco di santo, essere un asino calzato e vestito ecc.

Espressioni nominali

Le espressioni idiomatiche nominali possono essere formate da

nome + nome / nome + aggettivo:

doccia scozzese, ottava meraviglia

nome + preposizione + nome:

canto del cigno, aria/vento di fronda, colpo di grazia, lacrime di coccodrillo, pietra dello scandalo, filo d’Arianna, tallone d’Achille, colpo di fulmine

Con l’aggiunta di un verbo molte delle espressioni nominali possono diventare verbali: essere un tasto delicato, essere una nota stonata, fare / essere una toccata e fuga ecc

Espressioni avverbiali

Le espressioni appartenenti alla classe avverbiale: alla chetichella, a tutta birra, a tutto gas, a gogò, alla mano, su due piedi, a catinelle, a palate, fra capo e collo, ad un tratto, alla meglio/peggio, di recente, a bruciapelo, di buon umore, di cattivo umore, a vicenda, di lì a poco, di colpo, a braccia aperte, in un salto ecc.

Aggiungendo un verbo queste espressioni si possono trasformare in espressioni verbali: correre a tutta birra, gridare/cantare a squarciagola, svegliarsi di buon/cattivo umore.

Espressioni aggettivali / similitudini

Le espressioni aggettivali sono in genere rare perchè di solito formano un’unità con il verbo essere e perciò sono difficili da distinguere dalle espressioni verbali:

(essere) giù di corda/tono, (essere) su di corda/tono, (essere/ andare) fuori tono

Molte espressioni aggettivali sono strutturate come un paragone: rosso come un peperone, bianco come un lenzuolo, pigro come un ghiro, lento come una lumaca, sordo come una campana, muto come il pesce, buono come il pane, nero come il carbone.

6. 2. Punto di vista semantico:

A differenza di altre lingue (tedesco, spagnolo, inglese) nella lingua italiana non esiste alcuna descrizione e classificazione completa e complessa degli elementi fraseologici nella loro totalità, inoltre sono del tutto assenti gli studi semantici sulle espressioni idiomatiche. Per questo motivo le classificazioni presentate sono parziali e si riferiscono solo ad alcuni aspetti delle espressioni idiomatiche, esistendo tuttavia la possibilità di trattare il fenomeno dell’idiomatismo. In seguito all’analisi di alcuni studi sulla tipologia delle espressioni idiomatiche si possono riassumere alcuni punti di vista:

a. Elia, D’Agostino, Martinelli distinguono:

espressioni idiomatiche che hanno sia un significato letterale che uno idiomatico: alzare/levare gli occhi su (qualcosa/qualcuno) “aspirare, mirare a qualcosa” ha significato letterale perché e realmente possibile alzare gli occhi, alzare il gomito.

espressioni idiomatiche che non hanno un significato letterale: espressioni tipo andare a fagiolo / a pallino “andare benissimo, essere adatto” letteralmente non significano niente.

La stessa situazione vale per espressioni tipo trovare la gallina dalle uova d’oro perché in realtà non esistono galline dalle uova d’oro.

esspressioni idiomatiche con semplice fissità di enunciati tecnici, correnti, familiari: aprire la seduta; rivendicare l’attentato.

espressioni idiomatiche che sono riassunti di discorsi piu ampi (momenti importanti un tempo, episodi storici): scagliare la prima pietra, lavarsene le mani. In questa categoria si possono inserire anche espressioni con riferimento a diversi dati storici o culturali importanti: aspettare la manna dal cielo “aspettare fortuna, grazia”.

b) Federica Casadei, analizzando le espressioni idiomatiche verbali, fa una classificazione semantica più precisa. La linguista stabilisce tre categorie di epressioni:

1. espressioni iconiche – che a loro volta si suddividono in:

iconico-descrittive – descrivono un gesto compiuto il quale rappresenta un valore simbolico convenzionale: grattarsi la testa “in segno di perplessità”; darsi la mano “per salutarsi, per fare la pace”; fare un nodo al fazzoletto “per ricordarsi qualcosa”.

iconico-evocative – non descrivono soltanto un gesto o una postura ma alludono anche al valore simbolico universale di essi anche se non sono compiuti: espressione tipo toccare il ferro viene vista come “segno di scongiuro” non come un’azione reale e compiuta.

iconico-metaforiche – il significato viene associato metaforicamente al gesto o alla postura: camminare a testa alta “esprimendo il proprio orgoglio e la propria sicurezza”; alzare la cresta “darsi delle arie, metter su superbia”.

2. esempi ideali – riguardano espressioni idiomatiche tipo:

“fare una cosa inutile”: per esempio acchiappare farfalle, raddrizzare le gambe ai cani, soffiare il naso alle galline/fagiani/pavoni, parlare al vento.

“(voler) fare una cosa impossibile”: ferrare le oche; friggere con l’acqua.

espressioni idiomatiche basate sullo schema: “portare X in luogo Y dove ce n’è in abbondanza”; per esempio portare vasi a Samo; portare legna al bosco/selva; portare pietre alla muriccia, portare acqua al mare, portare cavoli a Legnaia, portare nottole ad Atene.

3. metonimie pure – in cui include espressioni che riguardano:

stati fisiologici o psico-fisiologici descriventi uno stato fisiologico correlato: essere pelle ed ossa “essere molto magro”; restare secco “morire”; sudare sette camicie “lavorare/impegnarsi moltissimo”.

un’azione tramite descrizione di un’altra azione che ne fa la parte: allungare il passo “camminare più svelto”; andare a letto “mettersi a dormire”; chiudere la bocca/il becco “smettere di parlare, tacere”.

un’azione descrizione di un’azione/comportamento/gesto con valore culturale oppure simbolico: prendere l’anello “sposarsi”; salire/ascendere al trono “diventare re/imperatore/papa”; abbandonare l’abito/collare “spretarsi”.

c) Anche Eugen Coșeriu, citato da Silvia Madincea Pașcu nella sua tesi di dottorato, nelle osservazioni fatte nel suo studio sull’espressione idiomatica, paragonando due lingue, il romeno e l’italiano, classifica queste espressioni in cinque categorie:

l’identità tra i complessi lessicali o l’equivalenza termine per termine dove l’espressione idiomatica di una lingua viene tradotta nello stesso modo, con le stesse parole in un’altra lingua: prendere in considerazione, passare una notte in bianco, lacrime di coccodrillo, colpo di grazia, costare un occhio della testa, essere tutt’occhi/orecchi.

l’attualizzazione del senso meno generale nella lingua bersaglio, dove l’espressione idiomatica è resa nell’altra lingua con una parola sostituita, generalmente il verbo: avere fame/sete/freddo/caldo, venire la pelle d’oca.

la modificazione dell’ordine delle parole che formano l’espressione idiomatica originaria quando viene resa in un’altra lingua.

differenze grammaticali tra l’espressione originaria e quella dall’altra lingua:

un sintagma preposizionale reso da un sintagma nominale e viceversa: restare fermo “a rămâne pe loc”;

un nome di un genere reso da un nome di genere diverso: gettare uno sguardo “a arunca o privire”, fare una doccia “a face un duș”;

un nome al singolare reso da un nome al plurale o viceversa: buttare l’occhio su qualcosa “a arunca ochii pe ceva”.

la metonimia, dove il particolare è sostituito dal generale e viceversa: cadere dalle nuvole.

Lo scopo e le funzioni delle espressioni idiomatiche

Nell’analizzare le espressioni idiomatiche bisogna chiarire anche quale è lo scopo per cui queste vengono usate, che funzioni assumono nel parlato e, non in ultimo luogo, in quali ambiti vengono utilizzate.

Le espressioni idiomatiche sono usate ogni giorno in qualsiasi tipo di discorso, dalle persone più istruite a quelle meno educate, ma vengono utilizzate con frequenza maggiore in registri informali, da parlanti di classe sociale medio-bassa. Le persone istruite le usano invece per ottimizzare i registri formali: per rendere pià chiaro ed espressivo un concetto, per spiegare una situazione particolare, per aiutare il destinatario a capire meglio l’atto comunicativo e farlo partecipe allo stesso, per distinguersi dagli altri. Quindi si arriva alla conclusione che le espressioni idiomatiche vengono usate specialmente nel linguaggio orale. Ciò non le impedisce a essere sempre più presenti anche in diversi tipi di testi e strategie comunicative proprio per il loro potere espressivo e per la loro capacità di richiamare l’attenzione. Evidentemente esistono tipologie testuali che non concedono l’uso delle espressioni idiomatiche: il contratto, il curriculum vitae, la domanda di concorso, o le accettano con una certa moderazione d’uso: la relazione, la lettera commerciale, la tesi di laurea. I modi di dire sono invece presenti:

nel linguaggio giornalistico

I giornali italiani ricorrono a un linguaggio sensazionalistico sia nel titolo degli articoli

che nei contenuti, sfruttando al massimo il potere espressivo che le espressioni idiomatiche hanno, approfittando della dicotomia tra il significato non-composizionale, figurato e quello letterale, composizionale che i modi di dire possiedono o, addirittura, escogitando espressioni simili, ma con un significato diverso da quello standardizzatosi nella lingua.

nel linguaggio della politica

La lingua della politica non è esente da queste forme perché ha più o meno lo stesso

scopo del linguaggio giornalistico: quello di avvicinare l’elettore e di renderlo complice, partecipe a situazioni della vita quotidiana o ad altre situazioni a lui note. Il linguaggio figurato, il quale in genere è abbastanza facile da comprendere, diventa così un’arma nelle mani degli oratori che hanno come principale scopo captare l’attenzione dell’uditorio, del pubblico a loro favore.

nel linguaggio umoristico

Le espressioni idiomatiche sono spesse volte presenti nei giornali, nelle riviste umoristiche, con lo scopo di stuzzicare coloro che leggono, puntando al massimo sul valore espressivo che esse offrono. Nella barzelletta: – Qual è il colmo per un idraulico? Non capirci un tubo, il lettore deve focalizzare la sua attenzione sia sul significato letterale, composizionale dell’espressione, sia su quello figurato, non-composizionale. Lo stesso vale per Qual è il colmo per un cuoco? Cacciarsi nei pasticci! e così via.

Quali funzioni compiono le espressioni idiomatiche? Da quanto visto, si può constatare che il loro scopo principale è quello di richiamare l’attenzione, di sorprendere, di divertire, assumendo diverse funzioni come: incoraggiare, ammonire, dare maggiore/minore importanza ecc a seconda del modo di dire utilizzato. ”Un modo di dire si usa sempre in simbiosi con certe circostanze e in un preciso contesto, non può sussistere da solo senza alcun riferimento, in quanto la funzione principale è appunto quella di spiegare ulteriormente, di far capire le intenzioni e gli stati d’animo del parlante in riferimento alla questione in cui la voce trova utilizzo. Si tratta quindi di espressioni che sono da considerare come una parte non trascurabile della saggezza e dell’arguzia umana, dato che la loro origine si fa risalire a precisi eventi presi come modello e che si sa ricorrono spesso nell’esistenza umana.“

Le fonti delle espressioni idiomatiche

Le espressioni idiomatiche rivelano la cultura, la storia, il modo in cui un popolo pensa. Sono uno strumento che aiuta a comprendere lo stile di vita del passato, come ragionavano gli abitanti di un Paese, quali erano le loro paure, in cosa credevano ecc. I modi di dire si sono tramandati appunto perché al loro tempo facevano riferimento a delle questioni importanti nella storia o nella cultura della comunità e nei secoli il loro significato si è cristallizzato tanto che al giorno d’oggi pochi conoscono l’origine di un’espressione o di un’altra. ”Le espressioni idiomatiche e tutti i modi di dire in generale sono la base dell’analisi dei sistemi di valori sociali e sono prova delle varie esperienze che sono state incisive per la comunità. “

Molti modi di dire nascono da prassi giudiziarie del passato che nei secoli scorsi erano normalissime, ma che oggi sembrerebbero incivili, tribali, elementari. Anche se queste espressioni continuano ad essere usate, quasi nessuno conosce più la loro storia e la loro motivazione. Dato che la realtà sociale in cui essi si sono formati si è completamente cambiata, c’è la tendenza a formarsi mentalmente una spiegazione a posteriori, ma il più delle volte le espressioni idiomatiche sono dei residui cristallizzati di realtà storiche di durata spesso plurisecolare.

Fare le corna (alla moglie o al marito): nel Medio Evo una pratica elementare di giustizia era quella di imporre delle corna di derisione, appendendo delle corna alla porta o anche attraverso gesti o disegni, ai mariti che non punivano una condotta immorale della moglie; tutto questo durante delle sfilate nelle quali i poveri mariti venivno indicati agli altri abitanti del paese in segno di disprezzo. La pratica delle sfilate si è dissipata nel tempo, ma l’espressione è rimasta.

Essere al verde risale al gergo delle antiche aste pubbliche quando all’inizio il banditore accendeva una candela tinta di verde all’estremità inferiore. Quando la fiamma raggiungeva il verde, non si potevano più fare le offerte e l’asta si chiudeva. Quindi originariamente l’espressione significava “essere alla fine”, per passare poi al significato figurato attuale.

Essere, finire in bolletta ha lo stesso significato della frase precedente, deriva infatti dalla bolletta del Monte di Pietà che sostituiva le carte da mille nel portafoglio dei poveracci.

Perdere le staffe vuol dire perdere il controllo di sé stesso così come, perdendo le staffe, il cavaliere rischia di perdere anche l’equilibrio.

Fare le cose alla carlona è un modo di dire che risale ai tempi di Carlo Magno, l’imperatore che nei poemi cavallereschi era chiamato il re Carlone per la sua semplicità e bonarietà. Si dice che un giorno l’imperatore aveva invitato a una battuta di caccia tutti i nobili importanti dell’impero che vennero vestiti con dei completi nuovissimi come se fossero appena usciti dai sarti di Francia. L’imperatore, invece, si presentò vestito di abiti di stoffa di taglio contadinesco. Da allora si dice vestire alla carlona per vestire alla buona e di qui nasce più tardi la frase fare le cose alla carlona.

b. Un altro campo molto fertile per i modi di dire è costituito dai riferimenti agli animali. Partendo dall’epopea fino alla saggezza popolare dei proverbi, gli uomini sono ininterrottamente stati confrontati alle bestie: essere un’oca “essere stupidi”, essere cieco come una talpa “non vederci chiaro”, essere un asino “poco intelligente”, essere una vipera ”donna irraconda e vendicativa”, essere un pappagallo “chi ripete i discorsi altrui”, essere una sanguisuga “chi esercita un poco di usura a sollievo dei disperati”, essere un bue “tardo d’ingegno”, è una scimmia “chi riproduce le altrui azioni” .

La forza ha il suo modello nel leone. La fedeltà e l’amicizia hanno per tipo inevitabile il cane. Gli amanti teneri sono colombi, le menti sublimi, aquile, i buoni poeti, cigni. Chi ha acuto l’occhio della mente viene paragaonato alla lince, l’uomo mite viene onorato con il titolo di agnello; chi mette da parte per futuri bisogni, si chiama provvido come la formica, chi non parla è muto come un pesce, chi invece non ha problemi di salute è sano come un pesce.

Inoltre can che abbaia non morde per indicare che chi urla e minaccia non è pericoloso; cane da pagliaio si dice di una persona che è più coraggiosa a parole che a fatti; raddrizzare le gambe ai cani, vuol dire tentare un’impresa disperata, impossibile; menare il cane per l’aia, essere come cane e gatto significa essere continuamente in discordia, essere un elefante in un negozio di porcellane, dormire come un ghiro, essere un orso, andare in oca, chiudersi a riccio, contare le pecore, andare a letto con le galline, sputare il rospo, essere un topo di biblioteca, prendere il toro per le corna ecc.

c. La vita quotidiana dei secoli passati e specialmente i suoi aspetti degradanti, ironici e spettacolari lascia le sue tracce profonde. Lo stesso fenomeno visto in precedenza si ha per i vestiti, in quanto rappresentanti dello status sociale: attraverso i segni esterni, i colori, la nudità si potevano applicare punizioni esemplari, o al contrario, si poteva far valere la propria superiorità sociale. Da qui una serie di modi di dire: fare cappotto, nascere con la camicia, è un altro paio di maniche, gettare/raccogliere il guanto, sudare sette camicie, avere il cintolino rosso “essere fortunati”, fare le scarpe a qualcuno, è una mezza calzetta, ecc.

d. Molte espressioni in italiano provengono da varie esperienze legate alla religione. Molte di queste sono oggi poco comprensibili nella loro origine: “Diversi riflessi di esperienze religiose si sono sedimentati nel vissuto della gente: se non che l’intrico fu ed è tale che spesso oggi non sappiamo più riconoscerle”. Moltissime espressioni idiomatiche sono ricordi indiretti del mondo ecclesiastico: essere in odore di santità, non andare né a messa né a predica, fare tutto in un amen, fare scherzi da prete, vivere all’ombra del campanile, prendere quel che passa il convento, è un bacchettone, il gioco non vale la candela, noioso come un libro da messa, non essere uno stinco di santo, messa greca, messa delle palme, più lungo della messa cantata, essere come la messa del venerdì santo, fare come le campane che chiamano alla messa e non entrano mai in chiesa ecc.

L’Italia è un Paese in cui le tradizioni regionali contano moltissimo anche nelle espressioni idiomatiche.

I dialetti settentrionali e in particolare quelli lombardi forniscono una grossa quantità di modi di dire, molti dei quali provenienti da antiche pratiche di scherno: essere in bolletta, figlio della serva, essere una meza calzetta, far ridere i polli, morire come le mosche, per modo di dire, essere nati con la camicia, restare in braghe di tela.

Dal romanesco: avere la iella, scapparci il morto, tirare a campare, schiaffare uno dentro, fare il finto tonto, fare una pennichella, fare il portoghese, molte espressioni diffusesi da quando Roma è diventata capitale.

Dal napoletano: passare un guaio, cose da pazzi, fare la ricotta, fare la faccia feroce, fare una rimpatriata, è un disguido, quartieri alti, essere un pallone gonfiato ecc.

Dal siciliano: su questo non ci piove, pezzo da novanta, come il cacio sui maccheroni ecc.

I modi di dire, le locuzioni viaggiano e non si limitano a passare da un dialetto all’altro, ma varcano i confini linguistici nazionali e diventano europei, dimostrando profondissimi contatti tra culture. Marcello Aprile cita Lurati che dice: “Gran parte delle locuzioni paneuropee oggi in voga (come del resto molti proverbi e paragoni fissi) risalgono al comune fondo culturale greco, latino, poi cristiano, medievale e rinascimentale. Indubbia poi la traccia dell’Illuminismo e dei grandi successivi momenti storici.”

Le Collocazioni

Conoscere a fondo una competenza linguistica non riguarda solo l’acquisizione e l’uso delle regole grammaticali e sintattiche, ma piuttosto il corretto utilizzo di diverse combinazioni lessicali che sono proprie di una lingua. Nel parlato quotidiano ci si trova davanti a una moltitudine di combinazioni lessicali, di certe unità fraseologiche che hanno il ruolo di arricchire la padronanza di una lingua e di differenziare tra loro lingue e culture differenti.

Un caso particolare è, per questo, costituito dalle collocazioni ovvero “espressioni formate da due o più parole che, per uso e consuetudine lessicale, formano una unità fraseologica non fissa, ma riconoscibile.” Le collocazioni, le quali da una parte sono delle costruzioni libere e dall’altra espressioni idiomatiche, sono, dunque, delle combinazioni semifisse, cioé né idiomatiche, né libere. Però, a differenza delle espressioni idiomatiche che sono caratterizzate da opacità, fissità e non-composizionalità, cambiare l’ordine delle parole oppure inserirne delle altre tra gli elementi componenti delle collocazioni non incide sulla loro funzione grammaticale. Si veda l’esempio:

Ho teso un tranello al mio nemico.

La frase può essere trasformata in passiva: Il tranello è stato teso da me.

Oppure si possono inserire delle parole all’interno della struttura: Ho teso un bel tranello al mio nemico. Ho teso un tranello letale al mio nemico. Oppure addirittura cambiare il numero del nome, aggiungerne dei determinanti o invertire l’ordine delle parole:

Ho teso parecchi tranelli ai miei nemici.

Ho teso al mio nemico un tranello.

Il tranello che gli ho teso lo ha quasi ammazzato.

Bisogna, però, prestare attenzione perché non è possibile sostituire gli elementi di una collocazione da parole sinonime:

Si dice vittoria chiara, ma non vittoria limpida

una pacca leggera, ma non una pacca facile

Le collocazioni sono formate da:

La base, una parola che conserva il suo significato originario.

Il collocatore, la parte „sorpresa” della collocazione, il quale assume un significato diverso da quello originario, essendo spesso ignoto a coloro che entrano in contatto con una lingua straniera.

perdere la pace, riportare la pace, riposare in pace, ritrovare la pace, sconvolgere la pace, stare in pace, togliere la pace, trovare la pace, turbare la pace, vivere in pace; vittoria clamorosa / decisiva / inaspettata / inequivocabile / insperata / netta / schiacciante / sensazionale / sofferta / storica / travolgente ecc.

Gli studiosi hanno cercato di classificare le collocazioni, distinguendone diversi tipi. Secondo Paola Tiberii, nel suo Dizionario delle collocazioni, le collocazioni più frequenti sono composte da:

Sostantivo + verbo: la luce vacilla, la guerra scoppia, il tempo stringe.

Sostantivo + sintagma preposizionale: scontro a fuoco, tendere un tranello, tentativo di furto, coppie di fatto.

Sostantivo + sostantivo: parola chiave, vacanza studio.

Sostantivo + aggettivo: caffè forte, mare burrascoso, testimone chiave, vittoria travolgente, cattolico praticante.

Aggettivo + sostantivo: atroce sciagura, piacevole sorpresa

Avverbio + aggettivo: fermamente convinto, nettamente visibile.

Verbo + avverbio: accettare incondizionamente, pentirsi amaramente.

Verbo + sintagma preposizionale: lottare per l'indipendenza, mettere in moto, scoppiare in lacrime.

Verbo + articolo + sostantivo: scattare una foto, sposare un'idea, trascorrere una vacanza.

I verbi idiomatici (pronominali)

I verbi idiomatici sono verbi accompaganti da uno o due pronomi o particelle (per questo vengono chiamati anche verbi pronominali), il cui significato è diverso da quello originale, vale a dire senza pronomi. Sono molto numerosi e molto utilizzati in italiano sia nel parlato che nello scritto perché sono estremamente espressivi e rendono una lingua molto viva e pittoresca.

Una parte di questi verbi fa parte di forme ormai cristallizzate, per esempio non esistono le forme farsene, poterne, solo le espressioni farsene una ragione, non poterne più. Alcuni verbi hanno un significato deducibile a prima vista (aspettarsela), mentre altri no (avercela, bersela).

In ciò che segue viene presentato un elenco non esaustivo di questi verbi che hanno un signficato autonomo:

andarsene ”andare via da un luogo”.

Ho finito qui, me ne vado a casa.

aspettarsela “prevedere che qualcosa succeda, esprime sorpresa o rammarico”.

Me l’aspettavo, sapevo che prima o poi sarebbe successo.

avercela “essere arrabbiato con qualcuno, essere contro qualcuno, avere qualcosa contro qualcuno, provare antipatia o rancore per qualcuno”.

Maria ce l’ha con noi perché l’abbiamo trattata male.

bersi, bersela “credere a qualcosa che non è vero”.

Si è bevuto tutto quello che gli ho raccontato senza scocciarmi con domande ridicole.

cavarsela “uscire da una situazione difficile; superare una situazione difficile. trovare una soluzione “

Non ho studiato granché per il test, ma me la sono cavata lo stesso.

darsela a gambe/filarsela “andaresene via rapidamente”

Dattela a gambe!

entrarci “avere o non avere qualcosa a che vedere con qualcosa o qualcuno”

Che c’entro io? Non ne so niente.

farcela “riuscire a fare qualcosa, riuscire a raggiungere un obiettivo”

Ce la fai a portare questa roba al primo piano?

N.B. L’espressione non ce la faccio più significa “sono stanco, non ne posso più, non voglio più continuare”

Non ce la faccio più a mantenere tanti segreti!

lavarasene le mani “fuggire da ogni responsabilità al riguardo di qualcosa”

Arrangiati da solo, io me ne lavo le mani!

legarsela al dito “non dimenticare un’offesa”

Questa non te la perdono, me la lego al dito.

mettercela tutta “impegnarsi moltissimo”

Ho studiato tanto, ce l’ho messa tutta, ma non sono riuscita a superare la prova!

passarla liscia “evitare una punizione, una conseguenza spiacevole”

Pensi di passarla liscia dopo tutto quello che hai fatto?

passarsela “vivere, essere in derminate condizioni, anche con particolare riferimento alle condizioni economiche”.

È andato in Italia a cercare lavoro e se la sta passando male/bene.

non poterne più ”essere stanchi di qualcosa”

Basta, faccio una pausa, non ne posso più di studiare.

prendersela “offendersi”

Smettila, non è il caso di prendertela!

sentirsela “essere disposto a fare qualcosa, avere la forza o il coraggio di fare qualcosa”.

Te la senti di guidare con questa nebbia?

spassarsela “passare il tempo allegramente, dandosi alla bella vita; divertirsi molto”

Maria? È sulla Costa Smeralda con il nuovo fidanzato; se la spassa proprio bene lei!

svignarsela “allontanarsi cercando di non farsi vedere”

I malviventi furono scoperti mentre svaligiavano un appartamento, ma se la svignarono al suono della sirena della polizia.

vedersela “avere a che fare con qualcuno, specialmente in modo conflittuale”

Te la vedrai tu con lei!

vedersela brutta “trovarsi in una situazione di grave pericolo.”

Quando mi sono trovato davanti al camion, me la son vista brutta!

CAPITOLO 2

ASPETTI METODOLOGICI RIGUARDANTI L’INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO DELLA COMPETENZA LINGUISTICO-COMUNICATIVA

Le ragioni per cui si studia una lingua straniera sono molteplici e diverse. Per questo l’insegnante ha un ruolo fondamentale nel mantenere viva la motivazione, cercando continuamente di seguire e di aumentare l’interesse attraverso un percorso didattico che abbia come finalità una buona padronanza della lingua.

Affinché il suo lavoro sia efficiente, l’insegnante deve assolutamente essere consapevole di quello che è il suo compito: portare lo studente a essere capace di affrontare diverse situazioni di comunicazione in diversi contesti di scambio linguistico.

Nel percorso didattico c’è una continua interazione tra l’insegnante e i suoi alunni. L’insegnante efficace è colui che fa sempre molte domande e riesce a coinvolgere nella discussione e nella lezione tutti gli alunni. Allo stesso tempo fa uso di tutta una serie di strategie e tecniche d’insegnamento in modo da poter raggiungere gli obiettivi proposti e tenere gli alunni sempre impegnati attraverso un insegnamento attivo, inducendoli a ragionare e monitorando allo stesso tempo il grado di comprensione dei contenuti insegnati. Per questo, oltre alla lezione frontale, suole utilizzare anche altri tipi di lavoro, quali il lavoro individuale e le attività a piccoli gruppi o a coppie per consolidare l’apprendimento mediante la riflessione e l’esercitazione.

2.1. La competenza linguistico-comunicativa – elemento cardine nel processo didattico

Gli studi glottodidattici svolti negli ultimi decenni hanno fatto emergere l’importanza dell’approccio comunicativo nel processo di insegnamento/apprendimento delle lingue, approccio che si oppone all’inflessibiltà dell’approccio strutturalista. Questo nuovo modo di apprendimento dà esiti considerevoli in quanto la lingua viene percepita come un sistema che aiuta a relazionarsi con il mondo e con gli altri. L’approccio comunicativo propone che nello studio della lingua siano trattate tutte le abilità e le competenze che la compongono, quindi che lo studente acquisisca non solo una competenza linguistica (la totalità delle regole e conoscenze che aiutano a esprimersi e a comunicare attraverso un linguaggio verbale), ma anche una competenza comunicativa, cioè la capacità di trasmettere un messaggio in base ad alcune abilità che si attivano contestualmente.

La competenza comunicativa è uno dei concetti più importanti della linguistica applicata, tanto nell’acquisizione di una lingua straniera quanto, a un livello più pratico, nell’insegnamento delle lingue. Infatti, la competenza comunicativa è un concetto chiave quando si cerca di rispondere alle domande seguenti:

In che cosa consiste acquisire una lingua?

Che conoscenze, capacità o abilità sono necessarie per parlare una lingua?

Qual è l’obiettivo dell’insegnamento delle lingue?

Il concetto di competenza comunicativa ha implicazioni pedagogiche a più livelli: gli obiettivi di apprendimento, le strategie di insegnamento e l’autonomia nell’apprendimento, la valutazione.

2.1.1. Gli obiettivi di apprendimento

L’obiettivo più importante nell’insegnamento delle lingue straniere deve essere l’insegnare le diverse dimensioni della competenza comunicativa, perché non basta conoscere gli elementi del sistema linguistico, ma è necessario utilizzarli nella forma appropriata. È importante includere negli obiettivi di ciascuna lezione e di ciascuna unità didattica i vari aspetti della competenza comunicativa nelle forme specifiche. Un aspetto distintivo delle lezioni di lingua straniera è che la lingua è, allo stesso tempo, l’obiettivo della lezione e il mezzo per raggiungerlo. L’insegnante pianifica le attività in modo che faciliti l’acquisizione e l’uso della lingua da parte degli studenti. Al contempo utilizza la lingua straniera come strumento principale per dare istruzioni, ordini, reagire alle risposte degli studenti. A loro volta gli studenti imparano la lingua per interagire in aula con il professore e con gli altri compagni, ma anche per svolgere i compiti in classe o a casa.

2.1.2. Le strategie di insegnamento e l’autonomia nell’apprendimento

Nel processo d’insegnamento la strategia didattica riguarda l’orientamento che il docente, nella sua qualità di facilitatore, di mediatore, assume nel processo di apprendimento, cioè la scelta dei mezzi e dei modi più opportuni per raggiungere un certo risultato. È importante che il professore insegni aspetti specifici relazionati con le diverse dimensioni delle competenze e, inoltre, che dia l’opportunità di accedere a testi orali e scritti prodotti in contesti naturali (nel presente caso le unità fraseologiche: frasi fatte, espressioni idiomatiche, collocazioni).

Una delle strategie più importanti per la competenza comunicativa potrebbe essere il paragone con la propria lingua, nel caso presente il romeno. È altrettanto importante che lo studente arrivi ad avere sempre più autonomia nell’apprendimento e per questo l’insegnante deve trovare la via giusta affinché lo aiuti a essere ogni volta più consapevole e che rifletta sull’importanza di imparare questa dimensione.

Una delle caratteristiche più evidenti nello sviluppo della capacità comunicativa è che quest’abilità si potenzia mediante alcuni processi interni dell’apprendente. Qualsiasi cosa faccia l’insegnante per influire sullo sviluppo della competenza, lo studente cercherà di adottare una strategia di apprendimento adeguata alle sue particolarità. L’insegnante deve essere preparato a subordinare il proprio comportamento alle necessità di apprendimento dei suoi studenti, il che significa riconoscere che ciò che s’impara non è solo il risultato diretto del suo insegnamento. Ci sono alcuni aspetti che si apprendono in un modo più efficiente se, una volta iniziata l’attività, l’insegnante si trattiene dal parteciparvi, lasciando posto ai processi spontanei di apprendimento dei suoi studenti.

2.1.3. La valutazione

Apprendere una lingua straniera significa innanzitutto padroneggiare la competenza comunicativa e perciò la valutazione ha un ruolo di grande importanza in quanto aiuta a monitorare l’acquisizione degli obiettivi stabiliti e a colmare le eventuali lacune che potrebbero compromettere gravemente la comunicazione. La valutazione non deve essere tralasciata, perché l’intero processo di insegnamento/apprendimento della lingua è articolato in certe tappe che vanno assolutamente rispettate, altrimenti gli obiettivi delle fasi successive non potranno essere raggiunti. Il compito dell’insegnante è controllare in permanenza che questo non accada, attraverso una valutazione costante, obiettiva, non ansiogena, ma capace di stimolare lo studente a migliorare, a progredire.

Lo sviluppo delle abilità comunicative è possibile solo se gli studenti sono motivati e hanno l’opportunità e il contesto adeguati per esprimere la propria identità, la propria importanza come individui, per relazionarsi con le persone che hanno intorno in un ambiente che offra loro un sentimento di sicurezza, di accettazione, di sostegno, privo di inibizioni. Ogni studente è uno specialista nel suo modo di imparare. I metodi d’insegnamento comunicativi lasciano all’alunno lo spazio per contribuire con la propria personalità al processo di apprendimento. Inoltre, danno al professore la possibilità di lasciare da parte i suoi documenti didattici per essere un semplice essere umano. Il messaggio fondamentale, quindi, è che l’insegnamento delle lingue si deve occupare della realtà: la realtà della comunicazione così com’è fuori dall’aula e la realtà degli alunni che sono fuori e dentro l’aula. Siccome queste due realtà sono così complesse e di difficile comprensione, nessuno potrà mai fornire una metodologia di insegnamento definitiva.

Questo lavoro in definitiva, come qualunque altro sull’argomento, non è altro che un piccolo capitolo di una storia senza finale.

2.2. Le caratteristiche delle abilità linguistiche e comunicative

Nel QCER la competenza linguistico-comunicativa, che permette di comunicare attraverso strumenti linguistici, include più competenze che insieme aiutano il discente a compiere diverse attività linguistiche di ricezione, produzione, interazione e mediazione di un messaggio :

Chi impara la lingua italiana deve raggiungere due obiettivi fondamentali: usare la lingua per comunicare e per studiare → la competenza comunicativa e conoscere la lingua italiana → la competenza linguistica.

Le abilità linguistiche sono le forme nelle quali si attiva l’uso della lingua. Tradizionalmente la didattica le ha classificate secondo il modo di trasmissione (orali e scritte) e secondo il ruolo che svolgono nella comunicazione (produttive e ricettive). Le abilità linguistiche sono quattro: produzione/espressione orale, produzione/espressione scritta, comprensione orale/uditiva e comprensione scritta/della lettura. Di recente, in consonanza con gli studi sull’analisi del discorso e della linguistica del testo, viene considerata come un’abilità distinta l’interazione orale, dato che nella conversazione si attivano in modo simultaneo e in forma indissociabile l’esprimersi e l’ascoltare.

In gran parte i manuali di italiano lingua straniera includono attività collegate con i diversi aspetti della competenza comunicativa e delle abilità linguistiche, però si può facilmente notare che queste dimensioni sono trattate in modo molto superficiale e non sono sufficientemente contestualizzate. In più, in molti casi è necessario completare le attività esistenti oppure creare attività complementarie. Per riuscire a raggiungere gli obiettivi proposti nel suo percorso didattico e perché gli studenti padroneggino quanto meglio la lingua, l’insegnante deve pianificare ed ideare attività per lo sviluppo di tutte e quattro le abilità linguistiche che sono strettamente connesse tra loro. Allo stesso tempo deve conoscere molto bene il gruppo classe con cui lavora perché lo deve organizzare affinché ogni studente partecipi in modo attivo alla lezione e deve preparare materiali adeguati alle capacità di ognuno. È importante che l’insegnante :

– utilizzi insieme alle tecniche e ai metodi didattici opportuni anche una larga gamma di risorse ed ausiliari didattici per uno sviluppo armonioso delle abilità: libri di testo, schede di esercizi, fotografie, immagini, disegni, filmati, cd, TV, siti Internet, giornali, riviste, LIM;

– organizzi la classe in diversi modi di lavoro: individuale, frontale, a coppie, in gruppi, a squadre.

2.2.1. La produzione orale

La produzione orale è una delle abilità che si sviluppa durante un atto comunicativo e attraverso la quale si possono processare, trasmettere, scambiare informazioni con uno o più interlocutori. È strettamente legata alla comprensione uditiva, l’altra abilità orale, e insieme alle abilità scritte (espressione/produzione scritta e comprensione della lettura) costituiscono le quattro abilità di base: parlare, ascoltare, scrivere e leggere.

Nell’espressione orale l’obiettivo del processo di apprendimento è l’uso della lingua per comunicare, da parte dello studente. È un’abilità produttiva e, in genere, viene considerata la più difficile da conseguire. Perciò, per svilupparla in modo adeguato, in classe è necessario proporre attività comunicative ben pianificate e sequenziate, che tengano conto delle peculiarità della comunicazione orale. È fondamentale anche sensibilizzare e allenare lo studente a usare strategie di comunicazione nella produzione di messaggi orali, strategie che aiutano a compensare le carenze grammaticali, sociolinguistiche e discorsive, incrementando così l’efficacia della comunicazione. Il prof. Paolo Balboni propone per lo sviluppo di questa competenza le seguenti tecniche didattiche:

Anche la valutazione è molto importante quando si progettano le attività di espressione orale nel curricolo di italiano lingua straniera, dato che la valutazione è un importante strumento che si utilizza per raggiungere l’obiettivo finale del processo di insegnamento/apprendimento il quale alla fine non è altro che lo sviluppo della competenza comunicativa degli studenti.

Siccome quest’abilità è probabilmente la più ansiogena tra le quattro è molto importante che l’insegnante incoraggi costantemente gli studenti a parlare, a esprimere il proprio punto di vista, a ribattere, ad argomentare ecc.

Esempio di attività per lo sviluppo dell’abilità di produzione orale, classe IX:

Attività pre-produzione: L’insegnante

scrive alla lavagna il titolo dell’argomento in discussione: GLI AMICI e chiede agli studenti di elencare le parole chiave che ritengono utili per lo svolgimento dell’attività di produzione orale;

presenta dei modelli di scambio dialogico come quello che gli studenti dovranno elaborare;

mette in rilievo il fatto che per parlare devono compiere alcune azioni che faciliteranno lo svolgimento delle attività richieste.

fa agli studenti scorrere il lessico proposto per l’attività, chiarisce le eventuali parole sconosciute.

Attività durante la produzione: L’insegnante

– invita gli studenti a descrivere l’immagine con più particolari possibile;

– invita gli studenti a svolgere le altre attività;

– attraverso gesti, sguardi ecc incoraggia continuamente gli studenti a parlare;

– se possibile registra lo studente;

– evita di correggere gli errori, sottolineando, però, le frasi corrette.

c) Attività post -produzione: L’insegnante

– se possibile, fa riascoltare la registrazione, valorizzando ciò che gli studenti hanno detto;

– analizza gli errori in un maniera elegante, puntando su una correzione non ansiogena, incoraggiando gli studenti all’autocorrezione;

– rivolge varie domande di riflessione sull’attività e sulla strategia utilizzata:

Che cosa ti ha aiutato di più nel preparare il discorso?

Come sei riuscito a costruire il tuo discorso?

Quale ritieni che sia la parte più difficile nell’articolazione del discorso?

Propone diverse attività di arricchimento lessicale: immaginare un dialogo aperto tra due amici che hanno litigato per un nonnulla e cercano di fare pace.

2.2.2. La comprensione orale

L’ascoltare è la prima delle quattro abilità che viene messa in pratica nella vita con lo scopo di recepire un messaggio attraverso il riconoscimento di suoni, accenti, intonazioni ecc e la comprensione di parole e frasi orali. Comprendere la lingua orale è diverso da comprendere la lingua scritta perché il discorso è lineare, avviene in tempo reale e, dunque, non può essere ripercorso. Essendo un processo mentale invisibile, non si può osservare e analizzare con la stessa facilità con cui si esamina, ad esempio, l’espressione orale.

Gli obiettivi, i contenuti e i procedimenti concreti di un programma didattico sulle attività di comprensione uditiva si devono stabilire in funzione delle abilità e strategie cognitive e comunicative da sviluppare. La prof.ssa Graziella Pozzo nel progetto Interventi di rafforzamento nelle competenze didattiche degli insegnanti in materia di lingue straniere finanziato dall’Unione Europea propone delle linee guida per la progettazione di compiti di ascolto:

Le tecniche per sviluppare le abilità di comprensione sono molto motivanti perché riescono a creare delle vere sfide tra gli studenti o tra lo studente e sé stesso. In più sviluppano la capacità di fare previsioni:

Cloze – a crescere, facilitato, orale, mirato, classico, alternativi;

Vero/Falso;

Abbinamento lingua-immagine;

Incastro tra battute di un dialogo/tra fumetti/tra paragrafi/tra testi;

Le domande aperte;

Le griglie;

Le scelte multiple;

Gli esercizi di transcodificazione, cioè passaggio da un codice all’altro.

Esempio di attività per lo sviluppo dell’abilità di comprensione orale, classe XII:

Attività di pre-ascolto:

L’insegnante scrive alla lavagna la parola TELEFONINI e chiede agli studenti di:

– ipotizzare sul contenuto del testo che verrà ascoltato;

– elencare il numero maggiore di parole attinenti al campo della telefonia;

– elencare altri vocaboli che si potrebbero trovare nel testo.

– dare un’occhiata sull’attività numero1.

b) Attività durante l’ascolto:

L’insegnante:

– nel primo ascolto interrompe l’audio dopo la prima frase “Il telefonino, oggetto divenuto ormai indispensabile, è al centro di una colossale truffa scoperta dalla polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano.” e chiede di formulare ipotesi sul contenuto del documento che scrive alla lavagna.

– chiede agli studenti di rispondere con Sì o No alle domande dell’attività 1.

– fa ascoltare una seconda volta il testo, di modo che gli studenti verifichino le loro risposte.

– chiede agli studenti di completare l’atività numero 2 (il terzo ascolto) che controlla in plenum.

– richiama l’attenzione su parole sconosciute (appostamento, frode, fulcro, ghiaia, hinterland)

c) Attività post-ascolto:

L’insegnante:

chiede di verificare se le ipotesi formulate prime e durante l’ascolto si sono avverate;

chiede agli studenti di evidenziare le espressioni più importanti del testo;

consolida quanto gli studenti già conoscono;

formula domande che aiutino gli studenti a riflettere sull’attività svolta e sulle strategie: – Che cosa ti ha aiutato a comprendere il significato generale?

– Per cogliere l’idea centrale, è stato necessario capire tutte le parole?

– Sei riuscito a cogliere dal contesto il significato delle parole nuove?

– propone attività di arricchimento lessicale: fare frasi con le parole nuove, cercare sinonimi e contrari delle parole nuove, trovare la famiglia lessicale di alcune parole, cercare eventuali modo di dire formati con le parole nuove.

Trascrizione dell’ascolto:

2.2.3. La produzione scritta

La produzione scritta è probabilmente l’abilità più complessa, quella che si utilizza meno durante il giorno e nella vita e quella che, apparentemente, è poco presente nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera. Ma in un mondo colto come l’attuale la scrittura è un potente strumento di mediazione nell’appropriazione di qualsiasi contenuto o abilità, è molto più di un’abilità comunicativa la quale è l’oggetto dell’apprendimento. Se non è possibile sopravvivere in modo dignitoso nel mondo di oggi senza saper scrivere, ci si deve domandare se si può imparare una lingua straniera senza scrivere.

Per poter sviluppare correttamente quest’abilità l’insegnante di lingua italiana deve tener conto delle conoscenze pregresse e delle abilità che lo studente ha nella lingua materna. La pratica della scrittura esige che gli studenti dedichino tempo a scrivere insieme in classe, a leggere e commentare i testi, divisi in coppie oppure in piccoli gruppi. Inoltre l’insegnante deve organizzare accuratamente sistemi di valutazione formativa. In questo modo, la produzione di testi scritti può contribuire in maniera decisiva all’apprendimento dell’italiano come lingua straniera.

Paolo Balboni propone le seguenti tecniche per lo sviluppo dell’abilità di produzione di testi scritti:

Esempio di attività per lo sviluppo dell’abilità di produzione scritta, classe XI:

Materiale didattico: scheda di lavoro disponibile su www.loescher.it/studiareitaliano

L’attività ha come obiettivo lo sviluppo della capacità di scrivere un testo al passato/presente/futuro, utilizzando la fantasia.

L’insegnante divide la classe a coppie o a gruppi e assegna agli studenti un’immagine e una tessera che raffigura il percorso che deve seguire il testo che verrà scritto.

Attività di pre-scrittura:

L’insegnante, prima della stesura del testo:

si accerta che tutti gli studenti sono riusciti a capire le immagini;

chiede agli studenti di elencare le parole chiave che occorrono per il testo che scriveranno;

presenta tipi di testo simili a quelli che dovranno produrre.

Attività durante la scrittura: L’insegnante

chiede ai ragazzi di scrivere un primo abbozzo;

raccoglie gli abbozzi e mette in rilievo ciò che è corretto oppure ciò che si potrebbe migliorare;

suggerisce correzioni attraverso domande, tipo: ”Che cosa andrebbe meglio qui, secondo te?”, ”Questo verbo va bene con il soggetto?”, ”È chiaro quello che volevi esprimere” ecc.

Attività post-scrittura: L’insegnante

fa leggere gli elaborati, davanti alla classe;

propone una riflessione sul processo di scrittura con lo scopo di aiutare gli studenti a concentrarsi sulle azioni compiute (pianificazione, stesura dell’abbozzo, revisione, stesura definitiva);

propone una riflessione, attraverso delle domande costruttive, sulle strategie utilizzate:

Che cosa ti ha aiutato a preparare il testo?

Come sei riuscito a costruire il testo?

Quali sono stati i punti più difficili?

Cosa, invece, ti è sembrato facile?

Attività sfida – Propone un’attività di ampliamento lessicale: trovare per ogni immagine un’espressione idiomatica (suggerimenti: divertirsi un mondo, portare all’altare, prendere una cotta, passare la notte in bianco, chieder la mano, mettere su famiglia, fare il filo a qualcuno, fare/mettere le corna, piantare in asso ecc). Si può proporre una gara: chi trova il numero maggiore di espressioni.

2.2.4. La comprensione scritta

La lettura è una delle attività più complesse e importanti nell’apprendimento della lingua, un’abilità nella quale interagiscono in modo dinamico variabili molto diverse tra loro: cognitive, linguistiche, testuali, socioculturali ecc. Oltre a ciò è uno strumento imprescindibile per la vita scolastica, non solo perché è un’abilità specifica, ma anche per le numerose attività che richiedono per la loro esecuzione la comprensione preliminare di un testo (istruzioni per gli esercizi, preparazione di compiti orali partendo dalla lettura di un articolo ecc).

Un aspetto essenziale di cui si deve tener conto è che è molto importante proporre agli studenti una gamma varia e larga di materiali testuali affinché imparino a identificare quali sono i tratti specifici di ogni tipologia di testo in modo da utilizzarli poi in modo strategico per una migliore comprensione. Allo stesso tempo la lettura va integrata con il conseguimento delle altre abilità, in particolar modo, con la scrittura.

La lettura in una lingua straniera gioca un ruolo fondamentale nel migliorare la comprensione e l’interpretazione dei testi e nell’arricchire il vocabolario. Grazie alla lettura, gli studenti ripassano i suoni e la grafia, il vocabolario e la grammatica, fissano l’ortografia e il significato delle parole e, soprattutto, migliorano la loro competenza comunicativa nella lingua straniera.

Secondo il modo in cui viene fatta dallo studente la lettura può essere orale o silenziosa.

La lettura orale / a viva voce ha come scopo rinforzare la conoscenza del sistema di corrispondenze grafia-suono, esercitare l’intonazione della frase e imparare a leggere per gruppi di parole. La lettura orale può essere una modalità attraverso la quale l’insegnante verifica la comprensione del testo e la pronuncia.

La lettura silenziosa/mentale/sottovoce è un elemento altrettanto importante per lo sviluppo della comprensione scritta e la fissazione delle strutture e del vocabolario. L’insegnante deve promuovere questo tipo di lettura sia in classe, che a casa.

L’insegnante di lingua straniera dovrà rinforzare sempre l’abitudine di leggere, proponendo agli studenti diverse forme di lettura con il fine di venire incontro a tutte le loro aspettative e tenendo conto delle capacità di ognuno di loro, nonché del livello di lingua acquisito fino a quel momento. Tra queste forme, rispetto al tipo di testo e al proprio scopo, si possono segnalare:

La lettura globale, nella quale lo studente si fa un’idea d’insieme sul contenuto, riconosce il tipo di testo scorrendolo rapidamente, capisce se il testo è interessante o meno. Questo tipo di lettura si svolge in silenzio, in modo autonomo e libero.

La lettura riconoscitiva, in cui lo studente determina il tema principale e deve cogliere il significato dal contesto, il che contribuirà alla comprensione efficiente del testo. Si fa di solito individualmente.

La lettura approfondita si fa per comprendere un testo nella sua interezza, con tutti i particolari. Lo studente lavora sulle parole che non conosce e sulle strutture nuove e memorizza quello che ha imparato. Questa forma di lettura si può fare in classe con l’aiuto dell’insegnante e del resto del gruppo.

La lettura ricreativa, in cui lo studente si diverte leggendo e comprendendo la storia. Una volta acquisiti in classe i meccanismi per realizzare una lettura comprensiva e gratificante, lo studente può metterli in pratica tutta la sua vita, riuscendo a migliorare e ampliare le cultura generale.

La lettura nella lingua straniera diventa così un mezzo che aiuta a migliorare l’abilità di lettura anche nella lingua madre e di conseguenza a formare cittadini liberi e critici.

Molti testi di italiano per stranieri sono accompagnati da CD audio che facilitano il lavoro fonetico, l’identificazione dei suoni, la pronuncia dei suoni, delle parole, delle frasi con l’intonazione adeguata. Lo studente può ascoltare il testo, migliorando la fluidità e la rapidità di lettura. Questa modalità di esercitare la lettura è fondamentale per conseguire gli obiettivi fissati dall’insegnante.

Il ruolo dell’insegnante è molto importante perché spetta a lui trovare la via giusta per aiutare gli studenti a sviluppare quest’abilità. Il primo quesito dell’insegnante è come insegnare ad affrontare i diversi compiti che propone per la lettura e in quali fasi?

Esempio di attività per lo sviluppo dell’abilità di produzione scritta, classe XII:

:

Attività di pre-lettura: L’insegnante

introduce il contesto utilizzando la foto raffigurante il quadro Scompartimenti di G. Dean, facendo emergere, dopo l’analisi del quadro, le conoscenze degli studenti relative all’immagine;

fa delle domande per creare il contesto adatto alla lettura: C’è qualcosa che vi fa particolarmente paura? Come reagite quando siete spaventati? Cosa fate per superare le fobie, le paure? Ecc.

chiede agli studenti di formulare ipotesi sul contenuto del testo, partendo dal titolo Qualcosa era successo;

evidenzia le eventuali parole sconosciute che impedirebbero la comprensione del testo;

Attività durante la lettura:

invita gli studenti a fare una lettura globale del testo per confermare le loro ipotesi;

una lettura riconoscitiva per cogliere il tema centrale;

invita gli studenti a una lettura approfondita, per chiarire le parole nuove, estrarre le idee principali e memorizzare le strutture nuove;

rivolge agli alunni delle domande specifiche per una comprensione dettagliata;

Attività post-lettura: L’insegnante

fa agli studenti delle domande libere per controllare la comprensione del testo;

propone due attività per fissare meglio il lessico:

fa delle domande per aiutare gli studenti a riflettere sul messaggio del testo;

stimola gli studenti a una discussione sull’argomento;

chiede agli studenti di fare un disegno raffigurante un momento di paura;

invita gli studenti a leggere anche altri racconti dello scrittore.

CAPITOLO 3

RICERCA CONSTATATIVA: LA PRESENZA DELLE UNITÀ FRASEOLOGICHE NEI LIBRI DI TESTO DI ITALIANO PER STRANIERI

Fino a poco tempo fa la didattica delle lingue straniere non si soffermava nelle sue ricerche sull’importantissimo settore della fraseologia. Se qualche manuale ne faceva riferimento, questo era limitato, scarso oppure sotto forma di elenco di modi di dire con la spiegazione a fianco, senza altre aggiunte riguardanti le funzioni, il registro ecc.

Generalmente per uno studente che si accinge a studiare un nuovo idioma, il primo contatto che ha con quella lingua è il libro di testo, ragione per cui i manuali sono degli elementi di estrema importanza nel processo di insegnamento/apprendimento, essendo spesse volte per il discente l’unico modello della lingua da imparare.

3.1. Lo scopo della ricerca

Il presente lavoro intende analizzare libri di testo in uso dai docenti di lingua italiana del Liceul Teoretic “Jean Louis Calderon” di Timisoara, con lo scopo di stabilire se i manuali eletti siano veramente un ausilio efficace nel processo di insegnamento/apprendimento della lingua italiana e per vedere quali sarebbero i contesti e le modalità più opportune per introdurre nello studio e approfondire le espressioni idiomatiche – condizione sine-qua-non per una buona padronanza della lingua, finalità principale dei docenti e discenti allo stesso tempo. Tutti i manuali scelti per la ricerca si appoggiano sulle norme previste dal QCER nel quale le espressioni idiomatiche e le altre unità fraseologiche sono presentate e valutate come un elemento importante della competenza lessicale, però sono presenti solo ai livelli più alti di padronanza linguistica.

Lo scopo della ricerca è, quindi, quello di mettere in risalto l’importanza delle espressioni idiomatiche, nonché di altri tipi di unità fraseologiche, per ottimizzare e agevolare l’acquisizione delle tali nell’ambito scolastico sin dai primi contatti con la lingua italiana.

3.2. L’ipotesi della ricerca

La ricerca parte dall’ipotesi che la questione dell’insegnamento/apprendimento delle espressioni idiomatiche e degli altri fraseologismi non sia trattata in modo rigoroso e costante nei libri di testo adottati dagli insegnanti e che esistano differenze significative riguardanti il loro numero e il modo in cui sono inserite nel contenuto dei libri di testo. Inoltre si avrà modo di constatare che il posto che i fraseologismi occupa nei libri per i livelli elementari è uno marginale, quasi inesistente, mentre le espressioni idiomatiche godono di un’attenzione maggiore, ma comunque insufficiente, nei libri di testo rivolti ai livelli più avanzati.

3.3. Gli obiettivi della ricerca

Gli obiettivi della ricerca sono:

a. analizzare i libri di testo di italiano per stranieri;

b. individuare i diversi tipi di espressioni idiomatiche presenti nei libri di testo;

c. riflettere sull’uso e sulla funzione delle unità fraseologiche incontrate;

d. identificare diverse modalità per arricchire il bagaglio lessicale degli studenti di nuovi modi di dire.

3.4. Il campione di ricerca

Sin dall’inizio si ritiene opportuno precisare che i libri di testo che verranno analizzati sono la scelta personale della conduttrice della ricerca. A differenza delle altre lingue straniere incluse nel curricolo nazionale romeno (inglese, francese, tedesco, spagnolo), per l’insegnamento della lingua italiana il Ministero dell’Educazione Nazionale ha approvato un numero insufficiente di metodi di studio e questi, a loro volta, solo per alcuni indirizzi.

Per le classi IX e X, lingua 1, sono stati approvati dei libri editi da una casa editrice romena. Questi libri di testo sono scarsissimi, in quanto non propongono attività di comprensione orale e non sono quasi per niente interattivi. Invece per le classi XI e XII, lingua 1, non è previsto nessun libro di testo. In queste condizioni spetta agli insegnanti trovare da soli i libri su cui lavorare, libri adatti ai loro obiettivi e, allo stesso tempo, che siano in consonanza con le richieste del curricolo.

La ricerca è stata condotta su 6 libri di testo:

I libri selezionati sono dei libri progettati per sviluppare le competenze comunicative di chi ne fa uso e sono basati su principi metodologici moderni conformi a quelli del QCER. Tutti i libri sono stati usati dall’autrice del lavoro nel suo percorso didattico per classi di indirizzo bilingue, cioè 5 ore di lezione settimanali, nel modo che segue:

Fino all’anno scolastico 2015 i volumi della serie Progetto italiano, con la seguente scansione: classe IX – Nuovo Progetto italiano 1, classe X – Nuovo Progetto italiano 2, classi XI e XII – Nuovo Progetto italiano 3.

Nell’anno scolastico 2016-2017: classe IX – Contatto 1, classe X – Contatto 2A, classe XI – Allegro, classe XII – Contatto 2B.

3.4. Lo svolgimento della ricerca

3.4.1. Nuovo Progetto italiano 1, di T. Marin e S. Magnelli, Edilingua, 2009, livello elementare A1-A2 del QCER.

a. Analisi del libro

È il primo volume della serie di tre ed è indirizzato a studenti adolescenti e adulti di livello elementare di varie provenienze linguistiche. A parte il libro di testo, il metodo possiede il libro degli esercizi per l’esercitazione delle conoscenze acquisite, il cd audio con testi per sviluppare le abilità di ricezione orale e una guida dell’insegnante, in formato cartaceo oppure on-line, con numerose schede, proposte e la correzione degli esercizi. Le edizioni degli ultimi anni dispongono inoltre di un DVD contenente delle lezioni video ispirate alle aree lessicali presenti nel libro dello studente.

Il libro di testo è articolato in 11 unità tematiche più un’unità introduttiva che ha il ruolo di avvicinamento al metodo. Ogni singola unità comprende elementi comunicativi e lessicali ed elementi grammaticali, nonché una sezione di civiltà italiana (Conosciamo l’Italia), esterna all’unità, ma connessa all’area tematica sviluppata dentro l’unità. In più, ogni due unità c’è un test di Autovalutazione delle conoscenze che permette di quantificare il progresso. Il libro si chiude con un test di autovalutazione generale.

Questo primo volume mette l’accento sullo sviluppo delle competenze orali e di interazione, proponendo diverse attività, quali: lettura dell’immagine, role-play, attività a coppie, attività di produzione orale. Sono presenti numerose vignette, immagini a colori, fumetti. I temi eletti sono quelli del QCER presentati in modo abbastanza accattivante e il lessico è scelto secondo l’utilità funzionale. Nonostante le varie attività, il percorso risulta molto artificiale, soprattutto in assenza di un insegnante di madrelingua italiana, perché i documenti proposti, tanto quelli scritti, quanto quelli orali, non sono autentici, ma fabbricati. Non è presente nemmeno un articolo di giornale o un brano letterario, per non parlare dei documenti audio (dialoghi, interviste, telefonate, giornale radio, trasmissione televisiva, previsioni meteorologiche ecc) che sono tutti registrati in studio e sono sempre le stesse voci a sentirsi.

Lo spazio più generoso viene concesso alla grammatica. Gli elementi grammaticali sono presentati in modo esaustivo, ad esempio l’indicativo pesente viene trattato in una sola unità: desinenze, forme regolari, forme irregolari, uso…, fatto che rende il libro sia faticoso, che noioso. Il metodo di insegnamento della grammatica è deduttivo, anche se cerca di sembrare induttivo. Ci sono molte tavole grammaticali e spiegazioni.

Il libro degli esercizi offre una varia tipologia di item per una migliore esercitazione e assunzione delle forme grammaticali, facendo che il libro diventi difficile per la nuova generazione di apprendenti che non è abituata a imparare scrivendo.

La parte più trascurata sembra essere la produzione scritta che consiste solo di riassunti dei brani introduttivi e una lettera alla fine di ogni unità, attività insufficienti per approfondire la produzione di messaggi scritti.

In ciò che riguarda la tipologia degli esercizi, gli autori hanno optato per una vasta gamma di esercizi, adatti a tutte le competenze che si vogliono sviluppare: esercizi strutturali (ripetizione, sostituzione, trasformazione), completamento, domanda e risposta, scelta multipla, vero-falso, abbinamento, riassunto, attività di espressione libera/guidata.

b. Unità fraseologiche

Le unità sono composte da testi e dialoghi brevi, documenti artificiali, non autentici, privi di valore espressivo.

Il metodo, però, mette un forte accento sulle formule frastiche (saluti) e sulle strutture fisse, quelle che vengono memorizzate e usate come un insieme (sono d’accordo, hai ragione, è proprio vero, penso di no, Che peccato! Che brutta notizia!). Queste strutture sono presentate in modo esplicito in ogni unità, essendo messi in luce il significato e l’uso. Poi vengono riassunte in tabelle. Per la loro assimilazione vengono proposti sia esercizi di tipo ricettivo, che esercizi di tipo produttivo.

Meno frequente s’incontrano le espressioni fisse (collocazioni, locuzioni verbali, prepositive o avverbiali): A dire la verità, Dare fastidio, Avere voglia di, All’estero, Fare spese, In gran fretta, Amica del cuore, Avere fame, Mettersi insieme, Innamorato cotto, Fare zapping. Alcune appaiono in modo intenzionato e sono collegate ad un argomento grammaticale. La presenza di altre, però, è casuale. La maggior parte di queste espressioni sono presentate in modo implicito e, per alcune, sono proposti anche degli esercizi di ricezione.

In ciò che riguarda le espressioni idiomatiche, queste sono presenti nei testi in modo puramente casuale, senza alcun accenno da parte degli autori a questa categoria lessicale: ballare/divertirsi un sacco, fare il filo, fare uno spuntino, essere a posto, fare le ore piccole, essere in gamba, dare un’occhiata, fare un giro. Non sono previsti esercizi per la loro assimilazione, in quanto non è nemmeno segnalata la loro presenza all’interno del testo. Spetta all’insegnante insistere o meno su questo argomento, in funzione della classe a cui insegna, delle sue preferenze, dello stile d’insegnamento ecc.

3.4.2. Nuovo Progetto italiano 2, di T. Marin e S. Magnelli, Edilingua, 2009, livello intermedio B1-B2 del QCER.

È il secondo volume della serie di tre ed è indirizzato a studenti adolescenti e adulti di livello intermedio di varie provenienze linguistiche. A parte il libro di testo, il metodo contiene il libro degli esercizi per l’esercitazione delle conoscenze acquisite, il cd audio con testi per sviluppare le abilità di ricezione orale e una guida dell’insegnante, in formato cartaceo oppure on-line, con numerose schede, proposte e la correzione degli esercizi. Le edizioni degli ultimi anni dispongono inoltre di un DVD contenente delle lezioni video ispirate alle aree lessicali presenti nel libro dello studente.

Il libro di testo segue fedelmente la struttura del primo volume: 11 unità tematiche più un’unità introduttiva con funzione di ripasso della materia percorsa nel volume precedente, ovvero di verifica delle competenze acquisite. Dopo ogni unità c’è la sezione di civiltà (Conosciamo l’Italia) che tratta argomenti connessi all’area tematica studiata e un test di autovalutazione. In più, il secondo volume è corredato da un Appendice grammaticale e da un Appendice delle situazioni comunicative contenenti del materiale per le attività di giochi di ruolo.

Ogni singola unità inizia con delle attività di riscaldamento e motivazione per passare poi alla lettura, preceduta dall’ascolto, di un brano nel quale si riscontrano gli elementi grammaticali, lessicali e le funzioni comunicative che verranno approfondite nell’unità didattica.

Le aree tematiche trattate sono interessanti, allettanti, offrono tanti spunti di riflessione, però non vengono sfruttate in modo sufficiente e si passa troppo rapidamente da un argomento all’altro. Benché esistano ancora dei documenti artificiali, sia scritti che orali, in questo secondo volume vengono inseriti dei documenti autentici (articoli di giornali, trasmissioni televisive, interviste, brani letterari). Il loro inserimento all’interno delle unità è progressivo e ben scelto e immerge l’apprendente in un ambiente italiano veritiero. Gli elementi comunicativi sono altrettanto presenti, ma diminuisce la quantità delle attività di interazione.

Come nel primo volume, anche nel secondo all’insegnamento degli elementi grammaticali viene assegnato uno spazio molto ampio. Si mette troppo l’accento sul verbo, mentre vengono trascurate altre categorie grammaticali (il nome, la preposizione, l’aggettivo ecc). La parte teorica viene presentata in modo troppo esaustivo per una persona il cui obiettivo principale è parlare o avere un riscontro faccia a faccia con un parlante d’italiano. Anche se gli autori hanno provato ad alleggerire un po’ il percorso rispetto alla prima edizione sostituendo o addirittura eliminando degli esercizi di grammatica, la difficoltà è rimasta la stessa in quanto la parte teorica è rimasta uguale: troppo voluminosa e presentata in modo preponderente deduttivo.

La produzione scritta, purtroppo, occupa anche qui un luogo marginale, solo 2 attività alla fine dell’unità, insufficienti però per uno sviluppo armonioso e efficace di questa competenza.

La tipologia degli esercizi proposti è molto diversa, gli autori hanno optato per una vasta gamma di esercizi, adatti a tutte le competenze che si vogliano sviluppare: esercizi strutturali (ripetizione, sostituzione, trasformazione), completamento, domanda e risposta, scelta multipla, vero-falso, abbinamento, riassunto, attività di espressione libera/guidata, trasformazione.

b. Unità fraseologiche

Come nel primo volume del metodo, anche qui si può notare l’uso frequente di formule frastiche e strutture fisse considerate degli insiemi da memorizzare, presentate in modo esplicito in tutte le unità. Sono accompagnate da vari esercizi di tipo ricettivo e produttivo, presenti sia nel Libro di testo che nel Quaderno degli esercizi.

D’altra parte, però, dall’analisi del libro emerge una scarsissima presenza di espressioni idiomatiche che si possono addirittura contare sulle dita. Una delle ragioni della mancanza dei modi di dire potrebbe essere il fatto che la grammatica primeggia in questo secondo volume della serie, anche se gli autori hanno fatto tanti sforzi per migliorare le carenze, rispetto alla prima edizione. Un’altra ragione è il fatto che la maggior parte dei testi proposti per la lettura sono dialoghi e testi corti, non autentici.

3.4.3. Nuovo Progetto italiano 3, di T. Marin, Edilingua, 2008, livello B2 – C1, intermedio-avanzato del QCER.

A differenza degli altri due volumi della serie, Il Nuovo Progetto italiano 3 cambia totalmente punto di vista, proponendo un approccio diverso. Si compone di: Libro di testo, Quaderno degli esercizi, CD audio e Guida dell’insegnante, in formato cartaceo oppure on line con numerosi suggerimenti, schede di lavoro, trascrizione dei brani audio. Il libro di testo è articolato in 32 unità più una sezione introduttiva. Ogni unità è divisa in 9 sezioni:

Per cominciare… – riscaldamento che ha lo scopo di motivare lo studente e di destare l’interesse per il tema proposto;

Comprensione del testo – sezione che propone la lettura di un documento autentico (articolo di giornale, brano letterario) con esercizi di comprensione della lettura (vero/falso, scelta multipla, domande aperte, esercizi di completamento).

Riflettiamo sul testo – sezione che mira a un’analisi più profonda della lettura, identificare significati nuovi, cercare delle espressioni per usarle poi liberamente ecc.

Lavoriamo sul lessico – vari esercizi lessicali: sinonimi, contrari, abbinamenti ecc.

Riflettiamo sulla grammatica – considerazioni su alcuni fenomeni grammaticali individuati nel testo letto.

Lavoriamo sulla lingua – vengono proposte varie attività tipo cloze.

Parliamo e scriviamo – diverse attività di produzione orale e scritta.

Ascoltiamo – brani audio autentici con varie attività di pre e post ascolto.

Riflessioni linguistiche – modi di dire, proverbi, etimologia di alcune parole.

Il Quaderno degli esercizi è un quaderno nel senso proprio della parola, perché è di piccole dimensioni e contiene pochi esercizi. Per ogni unità studiata vengono proposti 1-2 esercizi in relazione all’argomento grammaticale trattato. Inoltre, ogni due unità c’è un test di valutazione riguardante il lessico.

La struttura di questo volume è diversa da tutti gli altri libri di testo incontrati finora, perché non può essere utilizzato come un manuale, meglio come un ausiliare didattico. La parte interessante sta nel fatto che in questo libro la grammatica, la quale nei precedenti due occupava uno spazio eccessivo, è quasi del tutto trascurata. L’autore offre degli input che lo studente deve poi sviluppare da solo. Da una parte vengono ripresi argomenti già conosciuti che l’autore ritiene necessario rivedere, da un altro lato poi sono presenti argomenti grammaticali a cui non si è ancora attinto e che avrebbero bisogno di più spiegazioni ed esercitazioni (ad esempio i nomi sovrabbondanti). Anche se a questo punto lo studente ha un livello di lingua abbastanza alto, necessita ancora delle spiegazioni dell’insegnante.

In genere gli autori dei libri di testo prevedono un aumento progressivo del grado di difficoltà e cercano di mantenere la stessa struttura in tutti i volumi. In ciò che riguarda il Nuovo Progetto italiano il cambiamento di metodo è troppo brusco, provocando un po’ di confusione sia da parte degli insegnanti, che si trovano nella situazione di preparare del materiale supplementare per ricoprire i ”buchi” che sicuramente i discenti hanno, sia da parte degli studenti che, dopo tanta grammatica studiata nei volumi anteriori, si rilassano totalmente, trascurando (per non dire dimenticando) gli elementi già studiati.

Un lato positivo, d’altra parte, è rappresentato dal fatto che la maggior parte delle attività proposte sono uguali alla tipologia di item richiesta per gli esami di competenza linguistica CELI, CILS o PLIDA. Questo aspetto rende il manuale molto utile per chi ha l’intenzione di prepararsi per uno degli esami soprannominati. Positiva è anche la presenza di numerosi documenti autentici.

Un punto debole sarebbe il fatto che il manuale non è molto interattivo ed esiste il rischio di annoiarsi. Mancano le attività da svolgere a coppie e in gruppi o sono pochissime.

b. Unità fraseologiche

Nella maggior parte delle unità del Nuovo Progetto italiano 3 esiste una sezione dedicata all’approfondimento delle espressioni idiomatiche. Come si può notare l’autore propone l’assimilazione dei modi di dire attraverso esercizi di abbinamento espressione-significato o completamento di spazi liberi. Un’altra strategia prediletta è l’inserimento dei modi di dire in brevi testi in cui compaiono al contempo le espressioni e la loro spiegazione.

I modi di dire non appaiono casualmente, ma girano intorno a una parola chiave, di solito un verbo.

Nonostante il grande numero di espressioni idiomatiche presenti nel libro, gli esercizi proposti per la loro assimilazione sono pochissimi e invariati. L’autore non cerca altre possibilità di insegnamento o di approfondimento dell’argomento.

3.4.4. Contatto 1, di R. Bozzone Costa, C. Ghezzi e M. Piantoni, Loescher Editore, 2005

a. Analisi del libro:

Questo è il primo volume di una serie di tre volumi e si rivolge a studenti giovani- adulti e adulti, principianti, di lingue materne simili all’italiano, per 100-120 ore di lezione in classe e altre 60 di rinforzo a casa.

Il metodo si compone di: libro dello studente con esercizi, 2 CD audio per la classe e 2 CD per casa/studio individuale, guida dell’insegnante.

Il volume è articolato in 10 unità tematiche con altrettante parti dedicate agli esercizi contenenti pure le soluzioni, 4 dossier culturali, esterni alle unità; in Appendice si possono trovare schede sulle strategie di apprendimento. I temi trattati nel volume sono: presentarsi, i servizi pubblici, le abitudini quotidiane, mangiare e bere, muoversi in città, viaggiare, comprare, la famiglia e gli studi, la casa, la salute; i dossier culturali parlano di: tempo libero, un po' di geografia, il made in Italy, la popolazione.

Ciascuna unità offre moltissimi input sia orali, che scritti, esercizi sulle funzioni comunicative, elementi lessicali e grammaticali, approfondimento della pronuncia. Ogni unità si conclude con una sintesi grammaticale e funzionale.

Il metodo si basa su un approccio pragmatico-comunicativo e linguistico-affettivo. Sin dall’inizio l’apprendente viene immerso nel mondo italiano attraverso testi autentici essendogli offerta la possibilità di immedesimarsi nel contesto presentato. Tutte le attività sono centrate sullo sviluppo di tutte le competenze del QCER, in modo equo, senza che qualcheduna venga tralasciata.

Per il raggiungimento degli obiettivi proposti, le autrici hanno concesso ampio spazio alla comunicazione, lasciando su un posto secondario la grammatica. Nel libro ci sono numerosissime attività di comprensione dell’ascolto e di produzione orale. Le tracce audio, pur non essendo testi autentici, sono molto realistici, in quanto non sono riproduzioni dei brani da leggere come in altri libri di testo, ma situazioni che veramente s’incontrano nella vita quotidiana. Inoltre gli esercizi per verificare la comprensione dell’ascolto sono molto diversi: completamento di spazi vuoti, riempimento di tabelle, cloze, domande aperte, abbinamento ascolto-immagine ecc.

Per la comprensione della lettura sono proposti dei testi autentici (pochissimi, però) che sono abbastanza impegnativi per un principiante assoluto, anche se gli studenti non devono fare la traduzione del testo, dovendo solo afferrarne l’idea centrale. Probabilmente gli autori hanno optato per questo tipo di testo pensando ad un riscontro diretto dell’apprendente con il mondo italiano. D’altra parte, in un contesto in cui sempre meno persone hanno la passione della lettura, proporre pochi testi scritti non è un atteggiamento molto benefico.

La grammatica viene trattata in modo induttivo. In ogni unità sono trattate più questioni grammaticali, che vengono sviluppate a poco a poco, man mano che si avanza nella materia. Gli esercizi proposti per esercitare la grammatica utilizzano un lessico attinente all’argomento trattato all’interno dell’unità, quindi lo studente può tanto esercitare l’apprendimento delle strutture grammaticali quanto arricchire/rinforzare il lessico imparato.

Una notevole attenzione si concentra sulla pronuncia, il libro offrendo numerose attività di pronuncia e scrittura corretta.

La parte dedicata allo studio individuale propone attività per il rinforzo di tutte le competenze: comprensione orale, comprensione scritta, lessico, grammatica, funzioni comunicative, perfino pronuncia e ortografia. La tipologia degli esercizi è varia: scelta multipla, cloze, lettura dell’immagine, esercizi di correzione delle forme sbagliate, esercizi di trasformazione, completamento di spazi vuoti. Una tipologia molto varia che non permette allo studente di annoiarsi al momento dello svolgimento degli esercizi individuali.

b. Unità fraseologiche

Essendo un metodo molto comunicativo, sono molto presenti le formule frastiche (saluti) e le strutture fisse, che vengono memorizzate e usate come un insieme (Va bene, sono d’accordo, ho voglia di, Senta, scusi!, penso di no, Certo!, Non vedo l’ora di partire! ecc). In ogni unità queste strutture vengono presentate in modo esplicito, perché lo studente sia capace di esprimersi in italiano sin dall’inizio. Per la loro assimilazione vengono proposti sia esercizi di tipo ricettivo, che esercizi di tipo produttivo.

Le espressioni fisse (collocazioni e locuzioni) sono poco frequenti e collegate di solito a una questione grammaticale: fare colazione, spaghetti al dente, pista ciclabile, permesso di soggiorno, ogni tanto ecc oppure presenti negli esempi, senza alcun indugio su di esse. Questo fatto è dovuto soprattutto ai pochissimi testi scritti presenti nel manuale.

In ciò che riguarda le espressioni idiomatiche, queste non esistono. Solo l’insegnante, se vuole, può inserirne alcune nello studio in funzione della classe a cui insegna, delle sue preferenze, dello stile d’insegnamento ecc.

3.4.5. Contatto 2A, di R. Bozzone Costa, C. Ghezzi e M. Piantoni, Loescher Editore, 2007

a. Analisi del libro

Il secondo volume si rivolge a studenti giovani-adulti e adulti di livello intermedio (B1) e si compone di: libro dello studente con esercizi di approfondimento, 1 CD audio per la classe e 1 CD audio per lo studio individuale, guida dell’insegnante.

Il libro è diviso in 6 unità didattiche, ciascuna contenente 6 sezioni (Per cominciare, Per capire, Lessico, Grammatica, Pronuncia, Produzione libera), 6 dossier culturali esterni alle unità didattiche, una sezione di strategie per imparare, una sintesi grammaticale, un appendice e le chiavi degli esercizi.

Le unità didattiche trattano i seguenti temi: parlare di sé; cronaca e fatti passati; emozioni e sentimenti; viaggi e vacanze; tempo libero, divertimenti e cultura; ambienti professionali; famiglia e ruoli sociali. I dossier culturali sono ideati come una continuazione di uno degli argomenti trattati nell’unità precedente, offrendo un approfondimento attraverso immagini e testi: italiani celebri nel mondo, il giallo italiano, le festività, il popolo della notte, l'economia, la famiglia del XXI secolo.

La sezione Per cominciare, attraverso immagini e attività di brainstorming, ha ruolo di motivazione dello studente e di riscaldamento per le attività che seguono.

La sezione Per capire, attraverso tracce audio e testi scritti, approfondisce l’argomento proposto nel titolo. Le tracce audio non sono tutte dei documenti autentici, ma sono molto realistiche, sono molto bene realizzate: molte voci, intonazioni diverse, ritmo diverso del parlare, rumori nel sottofondo, insomma tutto l’occorente per immergere lo studente nella situazione italiana presentata. Gli esercizi proposti per la comprensione dell’ascolto sono altrettanto diversi: vero/falso, riempimento tabelle, scelta multipla, domande aperte.

Per la comprensione della lettura i testi proposti sono nella maggioranza dei testi autentici giornalistici. Mancano del tutto i brani letterari. Ogni testo è corredato di varie attività per la comprensione: vero/falso, sì/no,domande aperte, cloze. In più esistono in fondo ai testi delle tabelle in cui gli studenti possono inserire le eventuali parole nuove:

Una novità, specialmente per questo livello, la costituisce la lettura di grafici, che sono degli strumenti fondamentali per la rappresentazione dei fenomeni del mondo reale. I grafici sono stati inseriti all’inizio della lettura come attività di riscaldamento, dopo la lettura come rinforzo di certe informazioni presenti nel testo, ma anche nella sezione Confronto tra culture e nei Dossier.

Nella sezione Lessico le autrici si soffermano sull’arricchimento lessicale proponendo tutta una serie di testi scritti ed orali. Si lavora molto sulla derivazione, alterazione, famiglie lessicali, campi lessicali, funzioni comunicative.

Nella sezione Grammatica gli elementi da studiare sono spezzati in più parti e inseriti nel libro in modo progressivo, lungo tutto il percorso didattico. In ogni unità vengono trattate più questioni grammaticali sviluppate in modo progressivo fino alla fine del libro. Come nel primo volume gli esercizi proposti per fissare la grammatica utilizzano un lessico relativo al tema centrale dell’unità, affinché lo studente sia in grado di esercitare l’apprendimento delle strutture grammaticali nonché di arricchire il lessico.

Al libro non manca la sezione dedicata alla Pronuncia e ortografia, che propone diverse attività mirate all’acquisizione di una buona intonazione e di una buona competenza grafemica. Le attività sono diverse: dettato, completamento testi ecc.

La Produzione libera punta sulla creatività attraverso attività di role-play, in gruppi, a coppie, attività di scrittura. Lo studente a questo punto ha la possibilità di esercitare il contenuto imparato, fissandosi meglio le questioni teoriche e correggendo gli eventuali errori.

Un particolare interessante è la “rubrica” Confronto tra culture presente in tutte le unità, che offre allo studente l’occasione di riflettere sulla situazione del proprio Paese facendo un parallello con la situazione italiana incontrata nel testo.

b. Unità fraseologiche

Tutte le unità del libro hanno una parte dedicata alle funzioni comunicative, anche se queste non vengono nominate esplicitamente. Queste funzioni presentano un linguaggio colloquiale, il quale è molto espressivo perché “gode” della presenza di questi intensificatori del significato che sono le unità fraseologiche.

Le unità fraseologiche che s’incontrano più spesso sono le formule frastiche e le strutture fisse che sono messe in relazione con gli argomenti trattati nelle unità per un milgliore assorbimento. Non mancano le collocazioni ed altre locuzioni, tutto presentato in modo implicito, senza alcun intervento in ciò che riguarda le spiegazioni sul significato o sull’uso, forse perché si ritiene che lo studente abbia ormai una certa indipendenza e che sia in grado di capire da solo il loro uso.

L’unità 2, però, concede uno spazio molto ampio alle esspressioni idiomatiche, del tutto assenti nelle altre unità, mentre nell’unità sei sono presenti proverbi e verbi pronominali idiomatici.

3.4.6. Contatto 2B, di R. Bozzone Costa, C. Ghezzi e M. Piantoni, Loescher Editore, 2009

a. Analisi del libro:

L’ultimo volume della serie contiene il libro dello studente che comprende anche una parte con esercizi da approfondire e da svolgere individualmente, 1 CD audio per la classe e 1 CD per casa, guida dell’insegnante. Il volume è organizzato in 6 unità didattiche che sono a loro volta suddivise in 4 sezioni (Per cominciare, Per capire, Grammatica e Produzione libera), 6 dossier culturali esterni alle unità, ma collegate tematicamente con l’unità affrontata in precedenza, una sintesi grammaticale e un Appendice con delle indicazioni per le attività di role-play. All’inizio di ciascuna unità c’è una sintesi degli obiettivi didattici mirati.

La prima sezione, Per cominciare, presenta i temi dell’unità e alcune parole chiave che hanno il ruolo di motivare lo studente e di prepararlo per le attività che seguono. Sono attività interattive che offrono numerosi spunti di riflessione e di conversazione.

La sezione Per capire introduce lo studente nell’argomento. Le autrici propongono attività di ascolto e letture per la comprensione orale e scritta con esercizi per l’arricchimento lessicale: sinonimi, contrari, famiglie lessicali, espressioni, derivazione, alterazione. In più ci sono varie attività da svolgere in gruppi. I testi proposti corrispondono al livello B2 del QCER, sia dal punto di vista del grado di difficoltà, che della lunghezza e sono testi autentici, nella maggior parte appartenenti al settore giornalistico.

Nella sezione Grammatica vengono proposti esercizi e riflessioni sulle questioni grammaticali incontrate nei testi letti ed audiati. Le strutture grammaticali si apprendono in modo deduttivo, ogni unità affronta più argomenti grammaticali, non in modo esaustivo, ma a poco a poco man mano che si approfondisce la materia. Gli esercizi sono tutti ideati di modo che siano collegati da punto di vista lessicale all’argomento centrale dell’unità.

Infine, l’ultima sezione offre la possibilità di riutilizzare in modo creativo e libero il contenuto imparato nell’unità, proponendo attività da svolgere in gruppi, a coppie o individualmente.

La sezione dedicata all’esercitazione delle competenze segue fedelmente, forse più degli altri due volumi, la struttura della prima parte. Gli esercizi proposti sono diversissimi: esercizi di ordinamento, di trasformazione, riempimenti di spazi liberi, scelta multipla, Vero/Falso, dettato puzzle ecc.

b. Unità fraseologiche

Essendo un corso di livello avanzato, inevitabilmente ci si imbatte in tutta una serie di fraseologismi sotto varie forme: espressioni idiomatiche, collocazioni, diverse espressioni colloquiali, strutture fisse, formule frastiche, proverbi.

Adoperando documenti scritti e audio autentici, l’intero libro dovrebbe essere ”gremito“ di fraseologismi, però in realtà compaiono pochissime espressioni idiomatiche. In nessuna delle 6 unità didattiche del libro, le espressioni idiomatiche vengono trattate come una questione lessicale su cui sarebbe necessario soffermarsi e riflettere.

Nella sezione dedicata agli esercizi e allo studio individuale si possono trovare: un esercizio sui verbi pronominali idiomatici, 2-3 esercizi sulle locuzioni avverbiali e un esercizio sulle espressioni idiomatiche, evidentemente insufficienti per un’assimilazione totale di queste costruzioni. Un altro punto debole è il fatto che gli esercizi non vengono ripresi nelle unità successive per potere controllare la fissazione di questi elementi e per migliorare la padronanza.

Una delle ragioni di questa scarsità potrebbe essere il fatto che nel libro sono presenti soltanto testi giornalistici e sono del tutto trascurati, e perciò inesistenti, i brani letterari dove le parole esibiscono il vero potere espressivo e dove si possono creare contesti adeguati a questo tipo di linguaggio.

Questa situazione è piuttosto strana, dato che il manuale è rivolto a studenti che possono utilizzare la lingua italiana in modo indipendente e il loro parlare dovrebbe essere molto scorrevole ed espressivo. Sono presentissime, d’altra parte, le espressioni del parlato colloquiale: guarda che casino, Hai voglia!, parli bene, tu ecc esclusivamente nei documenti audio che sono molto realistici e ben realizzati.

Conclusioni:

Analisi dei libri

In seguito all’analisi effettuata si può constatare che entrambi i metodi sono ben realizzati, ma rispondono a bisogni ed interessi diversi. Quello che segue è il punto di vista di un’insegnante che ha utilizzato nel processo d’insegnamento entrambi i metodi a studenti liceali, classi IX-XII, di indirizzo filologico, italiano bilingue, 5 ore alla settimana.

Nel processo d’insegnamento per il raggiungimento degli obiettivi si devono prendere in considerazione in modo obbligatorio le motivazioni allo studio degli sudenti, ma anche la loro personalità e il loro stile di apprendimento.

La serie Nuovo Progetto italiano:

I primi due volumi seguono abbastanza fedelmente il curricolo d’italiano per le classi IX e X, da tutti i punti di vista. I temi proposti sono strettamente collegati agli interessi degli studenti, ci sono attività per lo sviluppo di tutte le competenze. D’altra parte si insiste moltissimo sulla grammatica, il quaderno degli esercizi si concentra in grande misura sullo sviluppo delle conoscenze grammaticali. In più gli argomenti grammaticali sono trattati in maniera esaustiva, tutto all’interno della stessa unità. Per questo molti studenti lo percepiscono più come un libro di grammatica che un libro di comunicazione.

Il secondo volume sembra molto più difficile del primo, forse a causa degli argomenti grammaticali, ma anche perché le unità sono abbastanza lunghe e le parti di comprensione e produzione orale sono e scritta sono troppo poco approfonditi, l’insegnante concedendo uno spazio molto ampio alla grammatica.

Le tracce audio sono poche e nella maggior parte riproducono i daloghi introduttivi di ogni unità.

L’ultimo volume però, è difficile da usare per la sua struttura diversa da quella di un manuale abituale. L’insegnante è costretto a trovare da solo altre attività per coprire i buchi che si formerebbero in assenza di approfondimenti grammaticali e comunicativi, che sono pochi presenti nel libro. In più il curricolo d’italiano prevede anche la lettura e l’approfondimento di alcuni scrittori italiani, fatto che in genere non si ritrova in un libro di lingua italiana per stranieri.

La serie Contatto

I libri di testo Contatto sono ottimi per chi vuole parlare l’italiano sin dai primi contatti con la lingua, perché lo studente è invitato „a dire la sua” dall’inizio della lezione fino alla fine. Tutto il libro è ideato affinché lo studente sia stimolato in continuazione a parlare, a esprimere il proprio parere ecc, non ha tempo per annoiarsi. Le attività di ascolto sono numerosissime ed i testi scritti proposti sono dei documenti autentici nella stragrande maggioranza. Purtroppo nei primi due volumi i testi scritti risultano abbastanza difficili per gli studenti a causa non tanto del lessico, quanto del linguaggio usato che non è sempre uno colloquiale.

In più, anche se i temi lessicali trattati seguono abbastanza fedelmente il curricolo, i contenuti grammaticali da studiare nei primi due volumi sono pochi in comparazione a quanto gli studenti dovrebbero imparare. Nell’ultimo volume i contenuti grammaticali sono consoni a quanto richiesto. Anche qui, come pure nel Progetto, mancano gli scrittori italiani e le loro opere.

Non si può affermare che uno dei due metodi presentati sia migliore dell’altro, o no. Ogni metodo ha i suoi punti forti e deboli. L’opzione per l’uno o per l’altro si fa in base a quanto detto prima: l’interesse dello studente o, perché no?, l’interesse dell’insegnante.

Nuovo progetto italiano è molto adatto a classi numerose, dove è più difficile far parlare tutti gli studenti nell’arco di un’ora ed è ancora più difficile tenere d’occhio tutti.

Contatto è ottimo con le classi poco numerose, come sono quelli degli indirizzi bilingui dove gli studenti sono divisi in 2 gruppi, e il gruppo non supera 15-16 studenti. Essendo ricco di attività interattive e di role-play, il metodo è molto efficace perché ogni studente riesce ad esprimersi e a comunicare i propri punti di vista.

Imporatnte è però il fatto che entrambi i metodi sono ottimi come strumenti per la preparazione per gli esami di certificazione linguistica.

Presenza di unità fraseologiche

Dall’analisi effettuata emerge il fatto che la presenza delle unità fraseologiche nei libri di testo di italiano per stranieri varia in funzione del livello, nonché delle idee che l’autore ha in riguardo al percorso didattico offerto mediante il suo metodo.

Si può facilmente osservare che i fraseologismi non sono inclusi nei libri in maniera uniforme, esistendo notevoli differenze tra i vari libri dello stesso livello. Ad esempio se nel Nuovo Progetto italiano 3 esiste una sezione dedicata ai fraseologismi in quasi tutte le unità, nel Contatto 2B si può notare una presenza quasi casuale di queste forme.

Un’altra osservazione che viene fuori dall’analisi è che le unità fraseologiche non sono raggruppate secondo nessun criterio, nemmeno secondo la classificazione esistente nel QCER. In tutti i manuali sono chiamate semplicemente espressioni e, quelle idiomatiche, modi di dire oppure espressioni idiomatiche.

Nei libri di livello A1-A2 si è potuto constatare che le strutture fisse e le formule frastiche sono molto frequenti e sono presentate in modo esplicito. Per una migliore assimilazione sono collegate alle tematiche delle unità e sono accompagante da molti esercizi di fissazione. Certe volte compaiono anche collocazioni e locuzioni, specialmente avverbiali, trattate però dal punto di vista sintattico e morfologico. Sono del tutto assenti le espressioni idiomatiche, ad eccezione di alcuni modi di dire presenti in modo puramente accidentale nei brani proposti per la lettura.

Una delle possibili spiegazioni per il mancato inserimento/approfondimento delle unità fraseologiche nei libri analizzati potrebbe essere la non autenticità dei testi/dialoghi/tracce audio o l’adattamento dei testi autentici che, durante questo processo, perdono molto del valore espressivo. Alcuni autori eliminano volutamente dai testi le espressioni opache per facilitarne la comprensione.

Anche nei libri di testo di livello B1 le unità fraseologiche più frequenti sono le formule frastiche e le strutture fisse, ma anche le collocazioni e le locuzioni di vario tipo sono abbastanza presenti. In ciò che riguarda le espressioni idiomatiche, nei due libri studiati si possono constatare due atteggiamenti diversi a tale proposito. Se il Nuovo Progetto italiano 2 trascura del tutto i modi di dire, Contatto 2A dedica un’intera unità alle espressioni idiomatiche e un’unità ai proverbi e ai verbi pronominali idiomatici, accompagnandoli da esercizi per un migliore apprendimento.

Al livello B2 la situazione cambia. Essendo un metodo molto interattivo e molto comunicativo, ricchissimo di documenti autentici sia orali, che scritti, ci si aspetterebbe che Contatto 2B trattasse con molta più responsabilità il problema delle espressioni idiomatiche. Invece queste compaiono quasi esclusivamente nella sezione Esercizi e sono generalmente presenti in modo implicito. Questa volta tocca al Nuovo Progetto italiano 3 avere la meglio sulle espressioni idiomatiche. Quasi ogni unità dedica una sezione all’arricchimento lessicale e presenta una serie di modi di dire selezionati, in genere, in base a una parola chiave.

Come si può vedere a occhio nudo, solo dando un’occhiata alle analisi effettuate, a livello elementare le strutture fisse e le formule frastiche sono molto bene presentate in entrambi i metodi, mentre le espressioni idiomatiche sono totalmente escluse dallo studio. Probabilmente la mancanza dei modi di dire avviene a causa delle loro proprietà (opacità, fissità, non-composizionalità), ma anche per l’assenza di descrittori chiari nel QCER.

Ai livelli più alti le espressioni idiomatiche sono a poco a poco inserite nell’apprendimento, sebbene si dia troppa importanza al significato, mentre la forma e l’uso vengono trascurate. Ogni libro ha il proprio repertorio di unità fraseologiche da imparare, in genere scelti in relazione ai temi trattati. Il significato determina la tipologia degli esercizi da svolgere che sono specialmente di tipo ricettivo (completamento o abbinamento). Purtroppo gli esercizi in cui si inseriscono le espressioni idiomatiche in un contesto comunicativo sono pochissimi, benché sia un aspetto importantissimo per una comunicazione scorrevole, espressiva e autentica con il parlante madrelingua. Il più delle volte la differenza tra una persona che parla una lingua straniera e un parlante madrelingua è fatta appunto dall’uso delle espressioni idiomatiche e proprio il loro uso è l’aspetto più difficile in quanto avente un elevato grado di peculiarità culturali. E questo è il motivo per cui si dovrebbe prestare più attenzione a queste particolarità della lingua quando ci si propone un percorso didattico.

Nell’ultimo tempo sempre più insegnanti sono del parere che le espressioni idiomatiche andrebbero introdotte nello studio sin dai primi contatti con la lingua. Il QCER offre delle linee generali per tutte le lingue d’Europa, non indicazioni specifiche per i fraseologismi che si dovrebbero studiare. Ogni lingua potrebbe stabilire dei criteri per la scelta delle espressioni da studiare: frequenza, utilità, uso ecc. Eventualmente, per aiutare gli insegnanti a farsi un’immagine del modo in cui uno studente arrivi ad avere una buona competenza fraseologica, nel QCER si potrebbero aggiungere dei descrittori anche per i primi tre livelli.

In conclusione, fino a un consenso generale sull’importanza dell’introduzione delle espressioni idiomatiche nello studio precoce di una lingua, spetta agli insegnanti decidere se concentrare la loro attenzione su questo argomento o meno, a seconda delle classi a cui insegnano, delle motivazioni degli apprendenti, del suo interesse per la propria materia ecc.

Il capitolo che segue si propone di venire incontro agli insegnanti con un repertorio di espressioni idiomatiche da inserire nelle lezioni d’italiano. Il repertorio ha come punto di partenza i temi ed i contenuti del curricolo d’italiano per le classi in cui viene insegnata la lingua italiana in regime bilingue.

CAPITOLO 4

PROPOSTE DI INCLUSIONE DELLE UNITÀ FRASEOLOGICHE NELLE LEZIONI DI LINGUA ITALIANA

Le espressioni idiomatiche, tutte le unità fraseologiche in generale, creano notevoli difficoltà per tutti coloro che vogliano appropriarsi il meglio possibile una lingua straniera. La didattica delle lingue straniere fino a poco tempo fa, quando ha iniziato a insistere sull’importanza dell’approccio comunicativo nel processo di apprendimento/insegnamento, concedeva pochissimo spazio alla fraseologia, in quanto considerata un aspetto che si può assimilare imitando e da approfondire solo ai livelli alti di padronanza della lingua.

Invece, proprio per il loro forte potere espressivo e per la scorrevolezza che dà alla lingua, sarebbe necessario introdurre in modo consapevole e rigoroso lo studio dei fraseologismi sin dai livelli più bassi, cioè dal livello A1 di competenza linguistica.

In ogni modo risulta molto difficile per tutti, insegnanti, autori di libri di testo ecc, stabilire quale sia il momento ideale per iniziare lo studio delle espressioni fisse di una lingua, se neanche il Quadro Comune di Riferimento per la Conoscenza delle Lingue dà indicazioni chiare a questo proposito.

Le espressioni idiomatiche, i fraseologismi in generale, sono abbastanza difficili da spiegare e da apprendere, specialmente se non si è di madrelingua romanza. In più non sono incluse nei livelli bassi del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la Conoscenza delle Lingue, ragione per cui vengono introdotte nei percorsi di insegnamento/apprendimento soltanto in modo implicito, cioè senza insistere troppo sulla loro struttura, offrendosi solamente la spiegazione.

Negli ultimi anni si assiste a un interesse sempre maggiore per ciò che riguarda l’importanza della conoscenza delle espressioni fisse per una buona padronanza della lingua, ma nonostante ciò si è di fronte a diverse opinioni sul momento ideale da includerle nel percorso di insegnamento/apprendimento.

Siccome la conoscenza del lato fraseologico della lingua è fondamentale per poter comunicare in modo efficiente, scorrevole e naturale con i parlanti madrelingua, il presente lavoro si propone di offrire degli esempi da usare, da applicare sin dal primo livello di padronanza linguistica (A1), mettendo in risalto il fatto che non è necessario aspettare che venga raggiunta in modo obbligatorio una conoscenza molto profonda della lingua per poterne fare uso.

4.1. I fraseologismi e il QCER

Il Quadro Comune di Riferimento per la Conoscenza delle Lingue suddivide le competenze linguistico-comunicative in tre classi: competenze lessicali, competenze sociolinguistiche e competenze pragmatiche, all’interno delle quali allude alle unità fraseologiche, senza però definire o spiegare in modo esplicito quali siano i tipi di unità fraseologiche da prendere in considerazione quando ci si propone un percorso di studio.

La competenza lessicale si riferisce alla capacità di utilizzare il vocabolario di una lingua, composto da elementi lessicali ed elementi grammaticali. Gli elementi lessicali includono gli abbinamenti di parole (che a loro volta contengono alcuni indicatori delle funzioni linguistiche, quali i saluti, i proverbi: Buon giorno!, ArrivederLa!, Come sta? ecc), le espressioni idiomatiche (locuzioni formate da più parole, apprese e utilizzate in blocco ossia metafore opache dal punto di vista semantico e intensificatori: tirare le cuoia, bianco come un lenzuolo), strutture fisse usate come un insieme (Mi permetta, per favore, di …) e altre espressioni fisse: locuzioni verbali, avverbiali, prepositive ecc: assumersi la responsabilità, di male in peggio,vicino a, man mano che, collocazioni: tenere un discoro, commettere un errore … Si può così notare che il Quadro non spiega, né definisce dettagliatamente i tipi di unità fraseologiche, soltanto ne fa alcuni esempi.

Esaminando attentamente i descrittori della suddetta competenza lessicale, si può facilmente notare che le unità fraseologiche compaiono solo nei tre livelli più alti e che i descrittori fanno riferimento solo alla padronanza delle epressioni idiomatiche e colloquiali, essendo del tutto esclusi altri tipi di unità fraseologiche:

livello C2: Ha buona padronanza di un vastissimo repertorio lessicale comprendente espressioni idiomatiche e colloquiali.

livello C1: Buona padronanza di espressioni idiomatiche e colloquiali.

La competenza sociolinguistica rimanda alle conoscenze e capacità necessarie per valorizzare la dimensione sociale del funzionamento della lingua. Qui le unità fraseologiche sono indicate come espressioni della saggezza popolare comprendenti proverbi, espressioni idiomatiche, cliché, espressioni colloquiali.

I descrittori della competenza sociolinguistica che riguardano le unità fraseologiche sono:

livello C2 Ha una buona padronanza di espressioni idiomatiche e colloquiali ed è ben consapevole dei livelli di connotazione del significato.

livello C1 È in grado di riconoscere un’ampia gamma di espressioni idiomatiche e dialettali e afferra i cambiamenti di registro; però a volte bisogna che venga confermato qualche dettaglio. Può seguire film che utilizzano largamente il gergo e le espressioni idiomatiche.

Dato che risulta abbastanza difficile decidere quale sia la successione delle componenti sociolinguistiche, gli insegnanti sono invitati a scegliere le unità fraseologiche di cui gli studenti avranno bisogno.

Nei descrittori della competenza pragmatica (che si riferisce all’uso funzionale della lingua: padronanza del discorso, coesione, coerenza, intrerazione) le unità fraseologiche non sono nominate, ma si possono dedurre. Così, al livello C1/ B2 lo studente può adeguare ciò che dice e il modo in cui si esprime alla situazione e al destinatario, può tenere un discorso coerente, mentre al livello C2 lo studente, a seconda della situazione e dell’interlocutore, è in grado di riformulare dei concetti attraverso forme linguistiche diverse.

Anche se il Quadro non stabilisce chiaramente quali siano le espressioni idiomatiche e le altre unità fraseologiche da studiare per ogni livello, esso rappresenta comunque un primo passo in avanti per la didattica della fraseologia, tracciando delle linee guida utilissime per l’insegnamento/apprendimento delle lingue straniere. In ogni modo, il Quadro non potrebbe stabilire delle norme ben chiare, in quanto esso è previsto come una base comune per tutte le lingue e, vista la diversità delle lingue, non è possibile tracciare un percorso da seguire applicabile a tutti gli idiomi.

4.2. La presenza dei fraseologismi nel curricolo d’italiano

In ciò che riguarda lo studio della lingua italiana in Romania, negli ultimi anni il Ministero dell’Educazione Nazionale si è adattato alle richieste del QCER, adeguando sistematicamente il curriculum d’italiano secondo le cinque competenze descritte nel suddetto Quadro: produzione di testi scritti, produzione di messaggi orali, interazione, comprensione di testi scritti, comprensione di testi orali. Per un migliore conseguimento delle competenze i contenuti sono stati scanditi nel corso dei quattro anni di studio della lingua italiana al liceo. Nel 2004 sono state operate le prime modifiche per le classi IX e X, poi nel 2006 si sono susseguite le classi XI e XII.

Nell’anno 2012, il Ministero opera una nuova modifica nel curricolo, ovviamente tenendo d’occhio le esigenze del QCER, che applica però solo alle classi dove la lingua italiana viene studiata in regime bilingue, con un numero di 5 ore di lezione alla settimana. Il programma di studio è stato alleggerito, gli insegnanti essendo così in grado di raggiungere più facilmente gli obiettivi mirati e di mettere al centro del loro percorso didattico l’alunno con le sue particolarità e con i suoi interessi.

Nel sistema scolastico romeno il curriculum di lingua italiana per le classi bilingui è stato elaborato per la necessità di offrire una risposta adeguata alle richieste sociali, in base ai documenti europei riguardanti l’acquisizione delle competenze chiave lungo l’intero percorso scolastico, ma soprattutto nell’apprendimento permanente, quello che perdura per tutto l’arco della vita dell’individuo.

Più fattori hanno influito sull’elaborazione del curricolo:

la pratica razionale della lingua, che presuppone lo sviluppo delle competenze di ricezione, di produzione, di interazione e di mediazione e trasferimento in seguito al quale l’alunno potrà produrre sia oralmente che per iscritto messaggi funzionali corretti ed adeguati al contesto comunicativo;

la formazione e lo sviluppo di competenze di comunicazione ed interazione in diversi contesti comunicativi generali, ma anche specializzati;

lo sviluppo di tecniche di lavoro intellettuale attraverso le quali l’alunno sia in grado di sfruttare le conoscenze acquisite studiate in altre discipline, usare il vocabolario o altre fonti d’informazione, quali basi di date e Internet ecc.

Il QCER ha, quindi, nella costituzione del curricolo in discussione un ruolo fondamentale perché le competenze di comunicazione in una lingua straniera, e in particolare in italiano, provengono da un consenso europeo e contribuiscono a sviluppare e approfondire delle competenze chiave anche negli altri campi di competenza identificati a livello europeo, i quali vengono assunti anche dal sistema d’insegnamento romeno: imparare a imparare, competenze interpersonali, interculturali, sociali e civiche, la sensibilizzazione alla cultura.

L’obiettivo fondamentale, quindi, dello studio della lingua italiana è che gli alunni acquisiscano e sviluppino le competenze di comunicazione necessarie per una comunicazione adeguata alla situazione ed accettata dalla società, attraverso l’assimilazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti specifici, uguali a quelli previsti nel QCER: apprendimento, insegnamento, valutazione.

Il curricolo in discussione punta al raggiungimento di quattro competenze generali (la ricezione di messaggi orali o scritti in diverse situazioni di comunicazione, la produzione di messaggi scritti ed orali adeguati a vari contesti di comunicazione, l’interazione nella comunicazione orale e scritta, il trasferimento e la mediazione dei messaggi orali o scritti in varie situazioni di comunicazione). Ogni competenza generale va raggiunta attraverso il conseguimento di più competenze specifiche correlate opportunamente con le forme di presentazione dei contenuti da insegnare. I contenuti considerano le particolarità di età degli alunni e, soprattutto, i loro campi d’interesse.

Nel curricolo è prevista una padronanza linguistica come segue:

Classe IX°: livello A2 per le competenze produttive e livello B1 per le competenze ricettive.

Classe X°: livello B1 per tutte le competenze.

Classe XI°: livello B1 per le competenze di produzione e livello B2 per quelle ricettive.

Classe XII°: livello B2 per tutte le competenze.

In quanto alle unità fraseologiche in generale e alle espressioni idiomatiche in particolare, analizzando in dettaglio il suddetto curricolo si può facilmente notare che anche da questo punto di vista si è cercato di rispettare le indicazioni del Quadro. Nel QCER le espressioni fraseologiche sono menzionate solo ai livelli più alti, il C1 e il C2, dove la padronanza linguistica e autonoma ed indipendente. Ma, dato che nel curricolo romeno non è previsto il raggiungimento dei livelli C, si è cercato di “rafforzare“ lo studio dei fraseologismi, inserendoli anche ai livelli più bassi, come d’altronde dovrebbe accadere normalmente.

Così nella scansione dei contenuti e degli elementi di costruzione della comunicazione da studiare nel primo anno (classe IX°) e nel secondo anno (classe X°), né le espressioni idiomatiche, né quanto meno altre unità fraseologiche vengono menzionate. Nel terzo anno di studio (classe XI°) però, tra gli elementi nuovi di costruzione della comunicazione sono inserite anche le espressioni idiomatiche, senza alcuna aggiunta, il che lascia da intendere che l’insegnante è libero di scegliere quante e quali sono le espressioni da insegnare. In più questi fraseologismi vanno studiati solo “în cadrul componentei Curriculum diferențiat” (nel curricolo differenziato), cioè nelle scuole dove sono previste delle ore di lezione settimanali in più rispetto al normale. Nell’ultimo anno di studio (classe XII°), le espressioni idiomatiche ed i proverbi sono inseriti tra lo studio degli elementi nuovi, ma neanche questa volta si offrono indicazioni particolari riguardanti il loro approfondimento. Di nuovo, gli insegnanti hanno la libertà di decidere quando inserire questi fraseologismi nel percorso didattico, qual è la quantità da apprendere e con quale frequenza.

4.3. Proposta di inclusione delle unità fraseologiche nello studio della lingua italiana

Fino al giorno di oggi le frasi fatte non sono abituali nei livelli di base di italiano lingua straniera, forse per la loro complessità o forse perché gli insegnanti non prestano attenzione all’argomento nel loro percorso didattico, molti trascurando addirittura (tuttora purtroppo) le competenze di comunicazione orale.

Nell’ultimo tempo nell’insegnamento esiste la tendenza a seguire un percorso comunicativo nel quale si prendono in considerazione e si curano nella stessa misura le quattro destrezze fondamentali: parlare, ascoltare, leggere e scrivere. È questa la ragione per cui le espressioni idiomatiche e le altre unità fraseologiche devono essere assolutamente inserite in tutti i livelli di studio della lingua italiana, in quanto portatrici di un fortissimo potere comunicativo nonché di una ricchissima carica culturale.

Questo capitolo si propone di realizzare una selezione di espressioni idiomatiche che gli insegnanti possono inserire nelle loro lezioni.

Come si è già visto nel Capitolo 1, è difficile classificare le espressioni idiomatiche, specialmente a causa della loro composizionalità e per questo risulta ancora più difficile fare una selezione delle espressioni idiomatiche da introdurre nello studio.

Il primo compito importante è determinare e delimitare la quantità e il tipo di espressione che si potrebbe includere in ogni livello del QCER e, ovviamente, nel caso della lingua appresa a scuola, in ciascuno dei quattro anni di studio. A questo punto si ritiene opportuno ribadire l’idea che l’apprendente si deve familiarizzare con la fraseologia sin dall’inizio, anche ai livelli di base, in quanto il parlare espressivo non è uno strumento riservato in modo esclusivo ad esperti e studenti di livello avanzato.

Lo scopo del lavoro è aiutare l’insegnante a trovare la strada più efficiente per fare sì che gli studenti apprendano le espressioni idiomatiche e parlino in un modo più espressivo possibile. Le espressioni sono state scelte in modo aleatorio, non in funzione della frequenza. Anche se la maggior parte dei modi di dire presentati appartengono al registro colloquiale, si è cercato di presentare una gamma di espressioni appartenenti a più registri (ad esempio è presente anche il gergo), in quanto una buona padronanza linguistica presuppone essere in grado di comprendere discorsi variati, parlati in diverse situazioni e contesti di vita. Il repertorio presentato è orientativo. Ogni insegnante può realizzarne uno a seconda dei suoi gusti, dello stile d’insegnamento e degli obiettivi. Non è necessario introdurre un’espressione idiomatica nel tema proposto nelle tessere. Un’espressione può essere studiata anche trattando altri temi e altri contesti, a meno che l’insegnante crei la situazione comunicativa adeguata. Le espressioni non dovrebbero essere presentate o introdotte fuori da un contesto che aiuti lo studente a fare delle connessioni logiche affinché riesca a ritenerle e memorizzarle più facilmente. Per questo motivo il ruolo dell’insegnante nell’apprendimento delle espressioni idiomatiche è fondamentale.

4.3.1. Frasi fatte ed espressioni idiomatiche classificate a seconda del significato letterale

La tabella presenta una classificazione delle espressioni idiomatiche organizzate a seconda del significato metaforico e letterale che hanno. Così, esistono tre grandi categorie di espressioni idiomatiche:

Espressioni il cui significato letterale coincide con quello metaforico;

Espressioni in cui il significato letterale è parziale, solo per alcuni elementi;

Espressioni il cui significato è interamente metaforico, non essendo comprensibile dalla semplice composizione degli elementi.

Questo repertorio è consigliabile specialmente per i livelli avanzati, quando si intende fare un’analisi profonda delle espressioni idiomatiche, mettendo in rilievo non solo il significato e l’uso, ma anche le peculiarità delle tali. Ma si può utilizzare anche ai livelli elementari proprio per sottolineare le particolarità delle espressioni e per richiamare l’attenzione sulle differenze tra il senso letterale e quello connotativo.

4.3.2. Frasi fatte ed espressioni idiomatiche con equivalenti (quasi) identici in romeno:

Un elenco di espressioni idiomatiche che hanno un corrispondente identico o quasi identico in romeno è facilmente sfruttabile per la loro somiglianza e per questo utilizzabile sin dai livelli più bassi della lingua. I modi di dire sono suddivisi in 20 categorie, per una consultazione e un impiego ancora più facili.

4.3.3. Repertorio di espressioni idiomatiche proposte per ogni livello del QCER, scelto seguendo da vicino i programmi scolastici in uso, stabiliti per ogni classe

Nelle pagine che seguono verrà presentato un repertorio di 65 tessere contenenti espressioni idiomatiche divise come segue: 15 espressioni per ognuna delle classi IX, X e XI e 20 espressioni per la classe XII. Per le classi IX e X, trattandosi di un livello elementare le espressioni sono accompagnate anche da un’immagine suggestiva che aiuti lo studente a decifrare il significato; inoltre sono stati scelti modi di dire semplici, non molto opaci, molti di essi contenenti i verbi avere o essere, sempre per facilitare la comprensione e l’uso. Le tessere per le classi XI e XII invece hanno una spiegazione supplementare riguardante l’origine dell’espressione e, ovviamente, un grado maggiore di opacità semantica.

CLASSE IX LIVELLO A1 – A2

CLASSE X LIVELLO A2 – B1

CLASSE XI – LIVELLO B1/B2

CLASSE XII LIVELLO B2

4.4. Suggerimenti didattici per l’impiego delle tessere

Le unità fraseologiche rappresentano una componente basilare nella conoscenza della lingua e della cultura italiane e sono molto importanti per potere comunicare non solo con i nativi, ma come i nativi. Siccome il più delle volte sono intraducibili letteralmente, il loro utilizzo nelle lezioni di lingua italiana deve essere preparato con molta cura, sia per i livelli bassi, che per quelli alti.

L’insegnante deve creare il contesto adeguato per introdurre le unità fraseologiche nella lezione e deve soprattutto trovare la strada più facile e allo stesso tempo efficiente che conduca al raggiungimento degli obiettivi mirati: un appprendimento attivo e un utilizzo immediato e rilassato. Il successo di questo percorso dipende in grande misura dall’insegnante, da quanto voglia coinvolgersi nella lezione, perché preparare e coordinare una sequenza didattica sulle espressioni idiomatiche richiede tempo, pazienza e soprattutto disponibilità.

La modalità più efficiente per insegnare le unità fraseologiche è il gioco, probabilmente il più motivante e il più divertente dei metodi didattici e si può utilizzare in qualunque momento della lezione:

all’inizio, per scaldare gli studenti e prepararli per i momenti successivi;

durante la lezione, dopo un momento impegnativo e faticoso, quando si sente il bisogno di una pausa, di un esercizio rilassante, divertente;

alla fine, come esercizio di rinforzo.

Perché la lezione abbia successo è molto importante il gruppo classe. Se la classe è ricettiva, motivata, estroversa, disponibile, si può costruire addirittura un percorso didattico intero giocando e gli studenti ne traggono come maggiore vantaggio l’apprendimento linguistico. Se invece la classe è riservata, poco motivata, stanca allora l’insegnante si deve limitare a qualche breve sequenza e non avrà la ceretezza che gli studenti abbiano imparato il contenuto insegnato.

Ma come si potrebbero adoperare le tessere contenenti le unità fraseologiche in classe? Quali sono i giochi e le attività da fare?

Esistono molteplici possibilità di gioco. Innanzitutto però è molto importante che gli studenti capiscano che si tratta di un gioco didattico, di un modo di imparare attivo e moderno, non di un’occasione di fare confusione, di chiacchierare con il compagno e di disturbare la lezione. A sua volta è opportuno che l’insegnante spieghi agli studenti quali sono le regole del gioco, qual è lo scopo del gioco e cosa devono fare. Una volta stabilito tutto, si può iniziare a imparare giocando!

1. Abbinare l’espressione italiana all’espressione romena corrispondente.

La classe viene divisa in gruppi di 4. L’insegnante prende il Repertorio tematico di frasi fatte, detti ed espressioni idiomatiche ”IN BOCCA A TUTTI“ e ritaglia dei cartoncini con le espressioni italiane e quelle romene. A seconda del livello, sceglie il numero di espressioni opportuno. Ogni gruppo riceve un mazzo di cartoncini da abbinare. Se il livello è alto, si possono fare delle frasi con l’espressione italiana o anche creare dei mini-dialoghi. Il tempo assegnato a questo compito è anch’esso in base al livello. Per stimolare i ragazzi, l’insegnante può segnare i risultati nel suo registro e, eventualmente, premiare il gruppo vincente.

2. Abbinare l’espressione idiomatica all’immagine corrispondente.

È un’attività da proporre ai livelli inferiori. La classe è divisa in coppie e ogni coppia riceve dei cartoncini. Una parte dei cartoncini contengono un’espressione idiomatica, l’altra parte delle immagini raffiguranti le espressioni. Il numero dei cartoncini non deve essere uguale, si può aggiungere un’immagine o un’espressione in più come distrattore per aumentare un po’ il grado di difficoltà. Un’altra variante, se la classe è brava, sarebbe inserire tra i cartoncini due distrattori, cioè un’immagine e un’espressione che non si possono accoppiare. Per stimolare i ragazzi, l’insegnante può segnare i risultati nel suo registro e, eventualmente, premiare la coppia vincente.

3. Il mimo

L’insegnante prepara le tessere con le espressioni idiomatiche e le posa sulla cattedra. Poi divide la classe in due gruppi. Ogni gruppo sceglie un rappresentante che deve andare davanti alla classe, estrarre una tessera e mimare l’espressione idiomatica sulla tessera al suo gruppo. I compagni devono indovinare l’espressione. Il “mimo” non può parlare, al massimo, trattandosi tuttavia di una lingua straniera, può rispondere con sì o no a delle domande semplici. Ovviamente questo è un esercizio da fare dopo l’apprendimento: esercizio di fissazione, di recupero o di revisione delle espressioni idiomatiche studiate.

4. Indovina l’espressione

È un’attività che si può fare sia a gruppi/coppie che frontale. Gli alunni ricevono delle tessere dalle quali manca il titolo, cioè l’espressione idiomatica che devono scoprire leggendo le altre informazioni sulla tessera (evidentemente manca anche la traduzione in romeno). Vince chi indovina un numero maggiore di espressioni.

5. Lancia la palla!

L’insegnante inizia a dire un’espressione, lancia la palla verso uno studente che la deve continuare. Poi lo studente fa la stessa cosa lanciando la palla ad un compagno che l’afferra e continua l’espressione. A sua volta il compagno inizia un’espressione lanciando la palla ad un altro compagno e così via. In caso di astenimento o risposta sbagliata, lo studente perde 1 punto. Dopo 3 risposte sbagliate esce dal gioco. L’attività funziona benissimo con i proverbi.

6. Caccia all’espressione!

La classe si divide in gruppi o coppie. Si dà una parola chiave, ad esempio mano. Con l’aiuto del dizionario si cercano il maggior numero possibile di modi di dire contenenti quella parola.Vince chi riesce a trovare un numero maggiore di espressioni.

7. C’era una volta…

È un’attività da svolgere con studenti di livello piuttosto avanzato. L’insegnante scrive alla lavagna C’era una volta e, eventualmente, aggiunge un’altra frase. Poi invita gli studenti a venire ad uno ad uno alla lavagna per continuare la storia, utilizzando più espressioni idiomatiche possibile.

Ad esempio: C’era una volta un re bravo come un leone e bello come il sole. La regina però era un’oca e dormiva come un ghiro tutto il giorno ecc.

8. Il tris dei modi di dire

Attività per i livelli B1 e B2. L’insegnante prepara 3 set di cartoncini. Il primo set contiene espressioni idiomatiche (ad esempio espressioni con il verbo andare: andare a spasso, andare a quel paese, andare a monte, andare a ruba ecc), il secondo i significati delle espressioni, il terzo una frase da completare con l’espressione idiomatica opportuna. I tre cartoncini formano un tris. La classe viene divisa in tre gruppi, ogni gruppo deve ricostruire il maggior numero possibile di tris in 5 minuti. Vince chi finisce per primo oppure trova il numero maggiore di combinazioni nel tempo stabilito.

9. Il dado

È un’attività che funziona bene con i livelli avanzati. Si divide la classe in due squadre. Ogni squadra riceve un dado. Ogni faccia del dado corrisponde a un campo semantico. Possibili campi semantici:

1 – animali, 2 – colori, 3- parti del corpo, 4 – vestiti, 5 – cibo e bevande, 6 – lettere e numeri.

1 – occhio, 2 – testa, 3 – piedi, 4 – naso, 5 – mano, 6 – bocca.

1 cane, 2 – gatto, 3 – pesce, 4 – animali feroci, 5 – mosca, 6 – ali, coda, zampe.

Gli studenti tirano il dado e devono dire un’espressione idiomatica riguardante il campo semantico risultato. L’insegnante segna le risposte alla lavagna in una tabella. Vince la squadra che riesce a trovare il numero maggiore di modi di dire.

10. Altre attività

– Leggere l’origine e scegliere l’espressione giusta tra quelle proposte.

– Abbinare due colonne: una colonna contiene espressioni idiomatiche, l’altra i significati.

– Abbinare un’espressione a un’altra espressione sinonima.

– Diagrammi, cruciverba.

CONCLUSIONI

Si sa che parlare una lingua straniera non significa solo padroneggiare le quattro abilità di base (produzione scritta e orale, espressione scritta e orale), ma soprattutto comunicare in una lingua vivace, avvicinarsi il più possibile a un parlante nativo utilizzando un lessico in grado di rendere le emozioni, gli stati d’animo e questo si realizza in una grande misura facendo uso delle unità fraseologiche: epressioni idiomatiche, frasi fatte, collocazioni, proverbi. Però, se il parlante nativo usa i fraseologismi in modo intuitivo, quasi senza rendersene conto, l’apprendimento e l’utilizzo delle espressioni idiomatiche sono una vera sfida non solo per chiunque voglia avere un’ottima padronanza della lingua, ma anche per chi voglia insegnarle.

Nelle pagine di questo lavoro si è potuto constatare che le espressioni idiomatiche italiane e le unità fraseologiche in genere non sono tra le questioni predilette degli studiosi della linguistica. A differenza di altre lingue straniere (il tedesco, l’inglese, lo spagnolo), gli studi italiani sull’argomento sono ancora abbastanza scarsi e questo rende molto difficile il lavoro degli insegnanti che, nei loro percorsi didattici, si propongono di soffermarsi un poco anche sulla fraseologia.

In più, anche i libri di lingua italiana per stranieri trattano in modo superficiale e insufficiente le espressioni idiomatiche, spesse volte solo ai livelli alti (B2) e comunque in modo monotono e poco motivante. D’altra parte neanche il QCER e i curricola nazionali d’italiano vengono incontro agli insegnanti, perché lo studio dei fraseologismi è previsto solo ai livelli più alti, i livelli elementari essendo del tutto tralasciati.

Per questo l’obiettivo principale del presente lavoro è stato quello di offrire degli spunti per l’inserimento delle epressioni idiomatiche nelle lezioni di lingua italiana. Nella didattica tradizionale si offre all’apprendente una spiegazione del modo di dire, proponendo subito un esercizio di collegamento o di ricerca nel dizionario. L’intento di questa tesi invece è stato quello di offrire agli interessati delle modalità interattive di insegnamento/apprendimento dei fraseologismi, con accento sul gioco didattico. L’alunno è al centro della lezione, supera il banale ruolo di comparsa diventando l’attore principale della lezione. Le tecniche proposte favoriscono il dialogo e l’interazione tra gli studenti che partecipano in modo attivo alla lezione (a coppie, a gruppi o individualmente) mostrando interesse e disponibilità a raggiungere gli obiettivi che l’insegnante si propone.

Il lavoro ha cercato di dimostrare anche il fatto che lo studio delle espressioni idiomatiche non è condizionato dal livello di lingua dell’apprendente. Anzi è importante che l’apprendente inizi a utilizzare i modi di dire sin dai primi contatti con la lingua per dare espressività e vivacità alla comunicazione. Basta solo che l’insegnante s’impegni un po’ a creare il contesto opportuno per introdurre quest’argomento nelle lezioni di lingua italiana e sia disposto a preparare il materiale e … a giocare insieme agli alunni.

In conclusione, si spera di essere riusciti a destare l’interesse per l’argomento e di aver chiarito una serie di dubbi riguardanti le strategie e le tecniche didattiche utilizzate nell’insegnamento/apprendimento delle unità fraseologiche in generale e delle espressioni idiomatiche, in particolare, lasciando però aperte le porte a chiunque voglia continuare gli studi sull’argomento e arricchire di nuovi metodi la didattica delle lingue straniere.

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