!INDICE: PREMESSA INTRODUZIONE I PARTE 1.DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA 2.LE CURE PALLIATIVE 3.IL PAZIENTE TERMINALE 4.LA QUALITÀ DI VITA 5. I BISOGNI… [617226]

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!INDICE: PREMESSA INTRODUZIONE I PARTE 1.DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA 2.LE CURE PALLIATIVE 3.IL PAZIENTE TERMINALE 4.LA QUALITÀ DI VITA 5. I BISOGNI DEL PAZIENTE TERMINALE E DEL FAMIGLIARE 5.1 AREA FISICA 5.2 AREA PSICOLOGICA 5.3 AREA SOCIALE 5.4 AREA SPIRITUALE 6. IL RUOLO DELL’OPERATORE NELLE CURE PALLIATIVE II PARTE 7. ASPETTI METODOLOGICI 7.1 V ALUTAZIONE DEI BISOGNI DEL PAZIENTE TERMINALE E DEL FAMIGLIARE 7.2 V ALUTAZIONE DEI BISOGNI DEL PERSONALE 7.3 RISULTATI E ANALISI DEI DATI 8. DISCUSSIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI 9. PROGETTO DI MIGLIORAMENTO 9.1 EDUCAZIONE E FORMAZIONE DEL PERSONALE NELL’ASSISTENZA AL PAZIENTE TERMINALE 9.2 L’ACCOGLIENZA DEL PAZIENTE NEL REPARTO DI DEGENZA 9.3 INCONTRI DEL TEAM 9.4 APPROCCIO PSICO – SOCIALE E ASSISTENZA SPIRITUALE 9.5 ASSISTERE LA FAMIGLIA NELLA FASE DI MALATTIA E NELLA FASE DEL L U T T O 9.6 ASSISTENZA DOPO LA MORTE CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA !2

!!!!!PREMESSA ! L’essere umano è fragile e tante volte non abbiamo la forza necessaria per risolvere tutte le situazioni in cui ci troviamo. Si definisce “fase terminale” la condizione di una persona affetta non solo da una malattia neoplasica in fase avanzata e progressiva, ma anche quella di una persona af-fetta da patologia cronico-degenerativa e quindi con prognosi infausta a breve o medio termine per la presenza di alterazioni irreversibili. Di fronte alla accresciuta possibilità tecnologica nelle cure, non si è più sicuri che il massimo del-l’intervento si traduca nella migliore scelta per il paziente. I supporti vitali possono salvare la vita del paziente, ma in alcuni casi sono solamente in grado di prolungare il processo del morire, di provocare disagio e dolore o possono causare lesioni per effetti collaterali e danni iatrogeni. Per le caratteristiche della malattia che lo affligge, il malato terminale non richiede più complessi accertamenti diagnostici ma l’esclusivo trattamento con “cure palliative”, cioè “l’insieme degli in-terventi terapeutici, diagnostici ed assistenziali rivolti sia alla persona malata che al suo nucleo fa-miliare, finalizzati alla cura attiva e globale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da una inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più ai trattamenti specifici” (art.2, coma1 lett. a – Legge n.38 del 15.03.2010). Quando si raggiunge lo stato di in guaribilità, cioè quando “non c’è più nulla da fare”, in realtà c’è ancora molto da fare. La persona con cui abbiamo a che fare è una persona che presenta una malat-tia incurabile e che porta con sé sintomi devastanti, che merita di essere accolta, capita ed aiutata nel percorso verso la fine della vita. L’educazione e la formazione dei curanti in questo settore è importante per la gestione delle fasi di fine vita. !! !3

!!!!!!!INTRODUZIONE Il malato terminale è diverso da ogni altro paziente, in quanto produce e continua ad aggra-vare quella particolare e complessa sofferenza che è stata definita come un “dolore totale”: cioè l’insieme di sofferenza fisica, psichica, sociale e spirituale. Il tema di questo Project Work nasce dall’esperienza del mio lavoro svolto in 8 anni di reparto di lungo degenza e non solo, dove ho avuto occasione di prendermi cura e carico dei pazienti al termi-ne della propria vita. Questi pazienti affetti da varie patologie inguaribili e, per la maggior parte pazienti tumorali, neces-sitano di prestazione di cure specifiche, al fine di garantire una massima qualità di vita per loro stes-si e per il nucleo familiare che li circonda. Considerando l’aumento negli ultimi anni di pazienti oncologici che arrivano presso la nostra strut-tura, risulta necessario un cambiamento nell’organizzazione delle cure e assistenza per questo parti-colare tipo di paziente. La struttura in questione è suddivisa in cinque reparti: uno destinato al paziente affetto da Malattie di Alzheimer, uno ai pazienti in stato vegetativo permanente e gli altri tre reparti ai pazienti con diverse patologie cronico-degenerative. Questo progetto si prefigge l’obiettivo di creare un reparto di cure palliative all’interno di una strut-tura di lungo degenza, raggruppando in tale modo tutti i pazienti terminali e garantendo loro assi-stenza e cura da parte di personale infermieristico e socio-sanitario sensibile e professionalmente preparato per gestire e accompagnare il paziente e la sua famiglia fino al fine della vita e dopo la morte. Le cure palliative offrono un’assistenza specialistica al malato terminale e alla sua famiglia considerando importanti i loro bisogni psico-fisici, provvedendo al sollievo del dolore e degli altri !4

sintomi, proponendo un sistema di supporto psicologico e spirituale, affermando il valore della vita e considerando la morte come evento naturale senza prolungare né abbreviare ingiustamente la vita dell’ammalato. Proprio per questo motivo, è opportuno destinare un luogo di cure appropriato ed idoneo a tali pazienti. !!!PRIMA PARTE !!1. DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA ! La struttura Lungo Degenza” Firmian”, inaugurata nell’Aprile 2000, è situata nell’immedia-ta periferia della città, circondata dal verde, a poche centinaia di metri dall’Ospedale di Bolzano. Si tratta di una struttura residenziale assistenziale sanitaria dove vengono ricoverati i pazienti con diverse patologie tipiche dell’età avanzata, con particolare riguardo per quelle che possono favorire o causare la perdita dell’autosufficienza o necessitano di un intervento di cure palliative. La struttura è suddivisa in cinque sezioni dislocate su tre piani, per un totale di 120 posti let-to. Ogni sezione è composta da 18 stanze di degenza da uno o due letti, ciascuna dotata di balcone, bagno, televisore, aria condizionata e umidificazione, letti elettrici regolabili e, al bisogno, di mate-rassi antidecubito ad aria a sensori multipoint. Le stanze sono previste con un sistema di controllo informatizzato, che può regolare la temperatura e il grado di umidità desiderato. Oltre ai reparti di degenza, la struttura dispone degli uffici amministrativi, una palestra at-trezzata per la fisioterapia, una cappella, una cucina in grado di preparare 300 pasti al giorno, 4 sale da pranzo disposte su ogni piano, una lavanderia, 5 ambulatori, 2 sale ricreative, vari magazzini, una camera mortuaria ed un parcheggio seminterrato. All’esterno la struttura dispone di un grande giardino dove gli ospiti possono uscire insieme ai loro familiari. La struttura è stata assegnata in concessione all’Azienda Sanitaria di Bolzano che provvede direttamente a proprio carico, a fornire le seguenti prestazioni e servizi: •servizio di dirigenza medica; •servizio medico, compreso il servizio medico specialistico al bisogno; !5

•servizio dietetico nutrizionale; •servizio di radioprotezione; •servizio di dirigenza infermieristica; •arredo, attrezzature, dispositivi medici, strumentario; •farmaci, presidi medico chirurgici, prodotti per nutrizione enterale e parenterale, contenitori per rifiuti ospedalieri sanitari pericolosi e non pericolosi ed altri materiali sanitari di consumo neces-sari ai pazienti ricoverati; •asporto ed eliminazione dei rifiuti speciali sanitari pericolosi e non pericolosi; •trasporto degenti da e per l’ospedale e/o da e per altri ambulatori e servizi specialistici; •manutenzione straordinari della struttura; •servizio di ingeneri a clinica; •servizio di assistenza religiosa; •servizio di disinfezione e disinfestazione; •servizio di sterilizzazione strumentario vario; •servizio di manutenzione •parco e giardino. Le attività sanitarie, infermieristiche – assistenziale, di coordinamento, alberghiere e di risto-razione, di pulizia e di gestione delle proprietà immobiliari e mobiliari sono state assegnate in glo-bal service, attraverso una gara pubblica di appalto aggiudicata alla Cooperativa sociale KCS Cara-giver, che fino oggi gestisce il Centro. Alla struttura hanno il diritto tutti i cittadini residenti nel territorio dell’Azienda Sanitaria di Bolza-no in collaborazione con il Servizio Sociale Ospedaliero, secondo le gravità della patologia del pa-ziente e delle loro condizioni socio-familiari. Il paziente proviene da un Reparto dell’Ospedale della Provincia Autonoma di Bolzano o da un’altra Struttura Sanitaria Assistenziale altoatesina, raramen-te il paziente proviene da un’altra provincia o direttamente dal domicilio. In particolare, sono dei pazienti gravemente non autosufficienti ingestibili al domicilio e, che necessitano un alimentazione artificiale, a causa di: – patologie cronico-degenerativa (malattie cerebrovascolari, demenza, tumori, sclerosi multipla, SLA, malattia di Parkinson, malattia di Alzheimer, malattie di motoneurone), -esiti da traumi cranici-encefalici, -arresto cardiaco con rianimazione cardio-polmonare tardiva, !6

-con insufficienza respiratoria grave cronica, ventilati meccanicamente che vengono attivati al momento dell’arrivo del paziente. Dal momento del rientro del paziente nella struttura, gli viene cambiata anche la residenza nella “nuova casa”. La retta alberghiera, che è a carico dell’utente e non supera 50,00 Euro al gior-no, varia in base alle disponibilità economiche del paziente e se le condizioni socio-economiche sono povere, viene integrata in parte o assunta per intero dal Comune di residenza, dall’Azienda Servizi o dalle Comunità Comprensoriali. La Provincia di Bolzano ha istituito il fondo per non autosufficienza dal primo di luglio 2008. I fondi vengono erogati dall’Agenzia Provinciale di Previdenza. Per accedere a questi fondi bisogna aver almeno cinque anni di residenza in Trentino Alto Adige. L’ammontare dell’assegno di cura varia secondo la gravità, in 4 livelli: •I livello 500 Euro •II livello 900 Euro •III livello 1350 Euro •IV livello 1800 Euro La cifra corrispondente viene erogata dall’Agenzia sul conto corrente del paziente stesso il quale provvede all’attivazione del RID in modo di effettuare il pagamento all’Azienda Sanitaria come co-pertura della spesa sanitaria per un’eventuale permanenza in struttura. La struttura garantisce: – la presenza dei medici dipendenti dalla Divisione di Geriatria dell’Ospedale garantisce anche il servizio di reperibilità medica notturna e festiva, -il servizio infermieristico ed assistenziale fornito dalla Ditta appaltatrice, -un dietista del Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Ospedale, -un dietista fornito dalla Ditta appaltatrice. -tre fisioterapisti e due ergoterapisti forniti dalla Ditta appaltatrice, -cinque animatori che svolgono diverse attività, per i pazienti che possono uscire dalle loro stanze, forniti sempre dalla Ditta appaltatrice. La struttura pur essendo distaccata dall’Ospedale e gestita in outsourcing con un contratto di global service, viene considerata come un reparto ospedaliero. E’ un progetto pilota di integrazione tra pubblico e privato che, con reciproca soddisfazione, garantisce un elevato standard di assistenza uguale a quella garantita ai pazienti ricoverati in ospedale. !7

!!2. LE CURE PALLIATIVE In Italia la medicina palliativa nasce dalla esperienza dei centri di terapia del dolore. La Fondazione Floriani di Milano e il Servizio di Terapia del Dolore dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano hanno creato un programma complesso di intervento sul malato morente di cancro. Nel 1987 è stata fondata la Società Italiana di Cure Palliative (SICP) e nel 1989 è nata la Scuola Ita-liana di Medicina e Cure Palliative (SIMPA). (G. di Mola, 2004) CURE: sono un complesso di atti e gesti attivi basati su conoscenze scientifiche. PALLIATIVO: proviene dal latino “pallium” che significa mantello. Le cure palliative: •non sono solo terapia del dolore •non sono solo cure terminali •non sono solo per malati di cancro Il futuro delle cure palliative è in geriatria. Le cure palliative consistono nell’assistenza attiva e totale dei pazienti terminali quando la malattia non risponde più alla terapia e al controllo del dolore, dei sintomi, degli aspetti emotivi e spirituali e dei problemi sociali diventa predominanti. Sono cure anche volte ad aiutare il paziente ed i suoi familiari per superare i disaggi di carattere psicologico-emozionale-sociale e spirituale in modo da migliorare la qualità della vita. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2002 ha definito: “Le cure palliative costitui-scono un approccio in grado di migliorare la qualità della vita del paziente e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione ed il sollievo della sofferenza per mezzo di una precoce identificazione e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale”. (World health or-ganization, National cancer control programmes. Policies and manageriale guidelines, 2002 p.84).(www.trecani.it) 1 L’OMS ha esplicito i seguenti principi di base, secondo cui le cure palliative: -danno sollievo al dolore e agli altri sintomi che provocano sofferenza; !8 Medicina e cure palliative XXI Secolo – www.trecani.it1

-sostengono la vita e guardano al morire come a un processo naturale; -non intendono né affrettare né posporre la morte; -integrano aspetti psicologici e spirituali nell’assistenza al paziente; -offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere quanto più attivamente possibile fino alla morte; -offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia a far fronte alla malattia del paziente e al lutto; -utilizzano un approccio di équipe per rispondere ai bisogni del paziente e della famiglia, incluso, se indicato, il couselling per il lutto; -migliorano la qualità della vita e possono anche influenzare positivamente il decorso della malat-tia; -sono applicabili precocemente nel corso della malattia insieme con altre terapie che hanno lo sco-po di prolungare la vita, come la chemioterapia e la radioterapia, e comprendono le indagini ne-cessarie per una miglior compressione e un miglior trattamento delle complicazioni cliniche che causano sofferenza. (National Council for Hospice and Palliative Care Services WHO-OMS) 2(www.fedcp.org.) “Le Cure Palliative sono l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi in-fausta, non risponde più a trattamenti specifici.” (art.2, legge n.38/2010) 3 Le Cure Palliative sono implementate attraverso un’efficace gestione del dolore e degli altri sintomi, comprendono anche gli aspetti psicosociale e spirituale della cura, nel rispetto dei bisogni, i valori, il credo e la cultura del malato e della famiglia. La valutazione e il trattamento devono essere globali e centrate sul paziente, riconoscendo la famiglia quale unità decisionale. Per accrescere la propria efficacia, le cure palliative devono anche porre in atto una sorta di educa-zione permanente al paziente e alla famiglia a far “riemergere “la dignità della persona, anche
!9 Raccomandazione REC (2003)24 del Comitato Ministeriale agli stati membri sull’organizzazione 2delle Cure Palliative (www.fedcp.org.) Legge 15 marzo 2010, n.38 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia 3del dolore” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.65 del 19 marzo 2010

quando sopita e offuscata agli occhi stessi del malato, vedendola riflessa negli occhi del curante (Chochinov 2004). La scelta delle cure palliative privilegia la qualità della vita che resta cioè una presa in cari-co globale della persona e non della malattia, da parte di una equipe pluridisciplinare. Questo pro-getto di presa in carico globale pretende una particolare attenzione ai bisogni relazionali del malato terminale, da parte di ogni membro dell’equipe. Quindi l’obiettivo delle cure palliative è sostenere la vita residua del paziente, per ottenere un mi-glioramento della qualità di vita del paziente terminale, intervenendo su carenze di tipo fisico, psi-cologico, relazionale, sociale, spirituale e culturale. La Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nell’ anno 1990 ha identificato come biso-gni del paziente nelle cure palliative i seguenti: •bisogno di sicurezza – quando vengono sospese le cure che erano volte alla guarigione, il paziente avverte il timore di essere abbandonato a se stesso; •bisogno di fiducia – sapere che potrà contare sulla disponibilità del personale che lo circonda e che non lo abbandonerà; •bisogno di amore – è minato molte volte dal fatto che il paziente e il famigliare non hanno lo stes-so livello di consapevolezza, cosa che rende la relazione meno “vera”; •bisogno di comprensione – poter essere capiti e di sapere di poter esprimere domande e dubbi con la certezza di essere ascoltati; •bisogno di accettazione – essere riconosciuti nella propria dignità, anche quando incominciano a farsi evidenti i sintomi del decadimento fisico; •Bisogno di autostima – può essere soddisfatto mantenendo il ruolo decisionale del paziente attivo. (A. Marzi, A.Morlini – 2005) ! NORMA, ETICA E DEONTOLOGIA Nella nuova normativa italiana sono stati sintetizzati da Zaninetta i seguenti punti: -Il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative; -La progettazione di campagne informative per la popolazione; -La creazione di una rete di cure palliative estesa a tutto il territorio; -La formazione degli operatori sanitari; !10

-Il monitoraggio dell’attuazione della legge; -La conferma della semplificazione prescrittiva degli oppioidi prevista dall’ordinanza del giugno 2009. Le cure palliative sono state inserite anche nel Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 e nel nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere del 2010. Gli articoli più significativi del Codice sono: -art.6: L’infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della collettività e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione. -art.34: L’infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si ado-pera affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari. -art.35 : L’infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito, riconoscendo l’importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale. -art.36 : L’infermiere tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita. -art.37: L’infermiere, quando l’assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto da lui chiaramente espresso in precedenza e documentato. -art.39: L’infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, in particolare nella evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lut-to. (A. Silvestro, 2009) 4 ! !11 Codice deontologico dell’infermiere 2009, a cura di A. Silvestro, Federazione Nazionale Collegi 4IPASVI

3. IL PAZIENTE TERMINALE Malattia terminale – “s’intende una condizione patologica la cui presenza induce nella mente del medico, della famiglia dello stesso paziente a pensare ad un’aspettativa di morte (a breve sca-denza) come diretta conseguenza della malattia.” Paziente terminale – “s’intende una persona che, a breve scadenza, con molte probabilità, morirà.” Il malato terminale è una persona colpita da un patologia inguaribile che determina in un 5modo più o meno rapido il progressivo deterioramento dello stato di salute e la perdita di autono-mia.In questa fase le problematiche del paziente di natura fisica e psicologica danno origine al disa-gio e alla sofferenza definiti “dolore totale”. I rischi nell’assistere un paziente terminale sono l’eccessiva insistenza terapeutica a volte spropor-zionata (accanimento terapeutico) o l’inadeguatezza e la sottostima dei sintomi e richieste del pa-ziente e della famiglia (abbandono terapeutico). Il malato inguaribile è anche un morente, e ai bisogni del malato si aggiungono quelli del morente (essere trattato da essere vivente fino alla morte, partecipare alle decisioni, ricevere cure continue, non soffrire, non morire da solo, non essere ingannato, ricevere risposte oneste, esprimere le proprie sensazioni e convinzioni religiose, morire in pace e con dignità, essere rispettato anche dopo la mor-te.) “L’educazione a comprendere il significato stesso del morire permette di crescere nel vero significato dell’esistenza quotidiana. Il morire infatti manifesta quali siano o debbano essere i veri parametri attorno a cui costruire le scelte quotidiane che animano o hanno animato l’esistenza. Siamo chiamati a vivere nel <provvisorio> con l’attenzione essenziale rivolta al definitivo. L’uomo contemporaneo avverte il problema del morire come realtà molto complessa, riflesso dello stesso momento culturale in cui sta vivendo”. 6!LA CARTA DEI DIRITTI DEI MORENTI ! Il Comitato Etico della Fondazione Floriani ha scritto un documento la “Carta dei diritti dei morenti” che contiene 12 diritti: !12 Cure Palliative Approccio multidisciplinare alle malattie inguaribile – G. Di Mola5 Morire oggi – Antonio Donghi, Milano 20046

1.Il diritto a essere considerato come persona sino alla morte 2.Il diritto essere informato sulle sue condizioni, se lo vuole 3.Il diritto a non essere ingannato e a ricevere risposte veritiere 4.Il diritto di partecipare alle decisioni che lo riguardano e al rispetto della sua volontà 5.Il diritto al sollievo del dolore e della sofferenza 6.Il diritto a cure e assistenza continue nell’ambiente desiderato 7.Il diritto a non subire interventi che prolunghino il morire 8.Il diritto a esprimere le sue emozioni 9.Il diritto a un aiuto psicologico e al conforto spirituale, secondo le sue convinzioni e la propria fede 10.Il diritto alla vicinanza dei suoi cari 11.Il diritto a non morire nell’isolamento e in solitudine 12.Il diritto a morire in pace e con dignità. (A. Marzi, A.Morlini – 2005) !4. LA QUALITÀ DI VITA ! L’OMS (1948) ha definito: “qualità della vita è la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni.” 7 Esistono tante definizioni della qualità di vita, ma quella di Campbell del 1976 ha il pregio 8di mettere in evidenza il fatto che la qualità di vita è un qualcosa di soggettivo, legato al benessere dell’individuo prendendo in considerazione molti fattori. Un’altra definizione proposta dell’OMS nel 1995 sulla Qualità di vita è: “La percezione del-l’individuo della propria posizione nella vita nel sistema culturale dei valori di riferimento nei qua-li è inserito e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi” (WHOQOL, The World realtà organization quality of life assesment, Position paper from the World health organiza-tion, <<Social science and medicine>>, 1995, 41, 10, p.1405). 9
!13 OMS, Collona Rapporti Tecnici 804, Ginevra 19907 http://crc.marionegri.it/qdv, 8Qualità di vita, XXI Secolo (2010), www.trecani.it9

Qualsiasi malattia inguaribile in fase rapidamente evolutiva, non esclude la persona da una prospettiva di cura. Tra i complessi e svariati bisogni dei malati terminali, sicuramente c’è il biso-gno di un buon controllo del dolore e degli altri sintomi, ma anche il bisogno di rassicurazione, di ascolto e di silenzio, di rafforzare i legami con le persone care e di essere accompagnato fino alla buona morte. Per una qualità di vita buona si considera, che l’importanza primaria è alleviare i disturbi del paziente. Il trattamento è ben tollerato se la prognosi è favorevole. A volte la decisione di interrom-pere il trattamento finalizzato al prolungamento della vita, comporta un benessere per il paziente, per una miglior qualità di vita. !5. I BISOGNI DEL PAZIENTE TERMINALE ! La persona in fase avanzata di malattia ha il diritto di vivere l’ultima parte della sua vita nel modo migliore e più significativo possibile. Il contributo della psicologia nell’ambito della cure palliative consiste nell’intendere il dolore totale come un’esperienza complessa di sofferenza in cui sono coinvolte le diverse dimensioni della quali-tà di vita della persona. Una definizione di bisogno che possa essere adatta a ciascuno dei livelli delle cure palliati-ve: “Il bisogno è uno stato soggettivo di carenza, uno stato di perdita di equilibrio, una mancanza di qualcosa (risorsa) che ottenuta farebbe ritornare l’equilibrio entro i livelli di tolleranza.” Nelle cure palliative bisogna tener conto della complessità e della varietà dei bisogni fisici, bisogni relazionali e bisogni spirituali di tutti soggetti coinvolti. La valutazione dei bisogni nella fase terminale è molto importante ed essa deve partire dall’ascolto e dal dialogo col malato, con i famigliari. Il rispetto della persona umana deve tener conto della sua cultura e della sua dignità, in un clima di sicurezza e di fiducia. !CIO’ DI CUI I MALATI HANNO BISOGNO !•assistenza personalizzata e orientata a migliorare la qualità della vita residua •adeguato controllo del dolore e degli altri sintomi •evitare un inappropriato prolungamento del morire !14

•mantenere il controllo della situazione il più possibile (mantenere l’autonomia decisionale) •rafforzare la relazione con le persone amate •accompagnamento alla morte e supporto alla famiglia nell’elaborazione del lutto Il percorso terapeutico ed assistenziale si svolge praticamente in quattro tappe principali: 1.ricercare e valutare i diversi sintomi di disagio del paziente 2.precisare la causa dei sintomi che possono essere in rapporto con la progressione della malattia, dei trattamenti curativi o di altra natura 3.stabilire il piano di cura ed assistenza 4.valutazione permanente dei sintomi, dei trattamenti e degli obiettivi tenendo in considerazione l’evoluzione rapida della situazione del paziente. ! 5.1 AREA FISICA ! I principali bisogni fisici riguardando il controllo dei sintomi fisici: il controllo del dolore, la necessità di alimentarsi, idratarsi, riposarsi, dell’igiene personale, di mobilizzazione e cambio po-sturale, la difesa è la valorizzazione delle abilità residue. Il controllo dei sintomi presenti attraverso un terapia farmacologica, è il primo obiettivo delle cure palliative. I sintomi fisici più frequenti riscontrati nel paziente terminale sono: 1.Il dolore – è il sintomo più comune che coinvolge oltre la sfera fisica anche quella emozionale legata alla soggettività dell’individuo. Nelle cure palliative è stato creato il termine del “dolore totale” per evidenziare la complessità dei sintomi di sofferenza fisica e psicologica. Molto impor-tante è di valutare il tipo e l’entità del dolore. Il dolore è quello che riferisce il paziente e non quello che noi pensiamo debba avere. Nessun paziente dovrebbe vivere o morire con dolore incontrollato. Questo è l’obiettivo prioritario dell’équipe curante. Il dolore è un sintomo strettamente interagente con la dimensione del benessere fisico; è anche una sensazione corporea che implica una importante partecipazione emotiva e come tale interagisce fortemente con il benessere psicologico; quando è inteso e protratto nel tempo interferisce con le attività quotidiane occupando tutto il campo della coscienza e pertanto fortemente interagente con la dimensione del benessere relazionale e sociale. Per ottenere un trat-tamento efficace e importante una adeguata diagnosi e valutazione del dolore. La valutazione del !15

dolore ha lo scopo di identificare la causa o le cause del dolore, il tipo e l’intensità, la sede, la dura-ta, i fattori scatenanti, il grado di interferenza con l’attività e la qualità di vita del paziente. L’efficacia e la tollerabilità del trattamento e l’impatto della malattia e delle terapie sulle condizioni fisiche, psicologiche e sociali del paziente dovrebbero essere valutate regolarmente al fine di modi-ficare e personalizzare il miglior trattamento (Anderson et al. 2003; Martini e Caraceni 2001). Le linee guida dell’OMS classificano gli analgesici oppioidi secondo la loro abilità nel con-trollare il dolore di intensità lieve-moderato (codeina, tramadolo, destropropossifene) e di controlla-re il dolore di intensità moderata-severa (morfina, metadone, ossicodone, buprenorfina, idromorfo-ne, fentanyl, eroina). Il farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore di intensità moderata-se-vera è morfina per via orale. Nei pazienti che presentano nausea, vomito, disfagia, occlusione inte-stinale, malassorbimento si cercano altre vie di somministrazione, come la via rettale, la via sottocu-tanea continua mediante pompe siringa, la via endovenosa, la via transdermica, la via spinale. Le novità terapeutiche italiane, per la gestione del dolore nel paziente terminale, sono rap-presentate da una nuova molecola, ossicodone, che è un oppioide agonista semisintetico con pro-prietà simili a quella della morfina ed una potenza circa doppia. Esistono due formulazioni dispen-sate: – ossicodone a breve rilascio, compresse contenenti 5 o 10 mg di ossicodone e 325 mg di paraceta-molo, somministrabile fino a 6 volte al giorno; -ossicodone a rilascio controllato, compresse contenenti 10, 20, 40 mg di ossicodone, sommini-strabile ogni 12 ore. 102.Sintomi respiratori – più rilevanti sono la dispnea ed il rantolo terminale. La dispnea è una percezione soggettiva non sempre dovuta alle alterazioni del quadro diagnostico, a volte è dovuto allo stato di disaggio psicologico, ansia o crisi di panico. Bisogna saper interpretare l’origine del sintomo per prevedere poi con il trattamento giusto, che a parte la somministrazione dei farmaci, l’ossigenoterapia e l’intervento dello psicologo, impor-tante è rassicurare la presenza dell’infermiere o dei familiari. Per i rantolo causato dal-l’accumulo di secrezioni nell’orofaringe e trachea bisogna posizionare il paziente in modo da migliorare la respirazione o somministrare anticolinergici per ridurre le secre-zioni. !16La dignità oltre la cura, Dalla palliazione dei sintomi alla dignità della persona, a cura di G.L.Cet10-to

3.Sintomi gastrointestinali – il malato terminale ha spesso notevoli difficoltà di alimentazione. Possono essere presenti inappetenza, disfagia, nausea e vomito, che sono problematiche anche per l’assunzione dei farmaci. Bisogna riconoscere la causa scatenante e se possibile rimuoverla. Per favorire l’appetito è importante offrirgli ciò che desidera. Conta soprattutto il piacere di man-giare e non l’apporto calorico. Importante è la somministrazione dell’antiemetico 20 minuti prima dell’assunzione dei pasti se il paziente presenta nausea o vomito, e se necessario anche la sospen-sione di alcuni farmaci (oppioidi) o trovare un’altra via di somministrazione. 4.Sintomi del cavo orale – stomatiti, infezioni da candida che spesso sono legati all’uso di chemio-terapici, corticosteroidi. Questi sintomi danno le alterazioni del gusto, che possono essere control-late correggendo gli alimenti. Oltre all’igiene del cavo orale si può suggerire l’utilizzo del ghiac-cio tritato o umidore con una garza le labbra. 5.Sintomi neuropsichiatrici – il delirium che è presente nei ultimi giorni di vita, specialmente nel-le ore serali e nella notte. Bisogna valutare se è meglio ricorrere a una terapia adatta per il sinto-mo. 6.Altri sintomi che possono essere presenti negli ultimi giorni sono legati alla ritenzione e all’in-continenza urinaria verso cui bisogna avere delle risposte razionali che tengano conto del setting, del tempo limitato e del interesse del malato. Anticipare e pianificare gli interventi per i sintomi che non si sono ancora manifestati è un punto focale per l’assistenza alla fine di vita e sia il malato, che il familiare reagiscono in modo più effica-ce ai nuovi sintomi e al peggioramento dei sintomi esistenti. !!5.2 AREA PSICOLOGICA ! Il contributo della psicologia nell’ambito delle cure palliative consiste nell’intendere il dolo-re totale come un’esperienza complessa di sofferenze in cui sono coinvolte le diverse dimensioni della qualità di vita della persona. I pensieri e le emozioni connesse al progressivo deterioramento della condizioni fisiche, la possibile consapevolezza dell’avvicinarsi della morte, contribuiscono a definire una situazione di “dolore to-tale”. !17

Una diagnosi di patologia inguaribile provoca dei sentimenti di tristezza, profonda preoccu-pazione, depressione e sconforto, che possono contribuire allo sviluppo di intensi problemi psicolo-gici. La perdita di ogni speranza ed il senso di isolamento producono nell’ammalato terminale un’ansia legata ad un’esperienza difficile da condividere. La prima necessità che emerge nel malato e nei familiari è la richiesta di ascolto dei propri bisogni e di comprendere ciò che sta avvenendo. Nell’ultima fase della malattia avviene spesso un “ingorgo emotivo”, possibile caratterizzato da an-sia, depressione, angoscia, sensi di colpa, rabbia, rifiuto, che nel malato si misura nel senso di brevi-tà del tempo che rimane, del bisogno di vicinanza delle persone care e dei curanti. Il paziente ha bisogno di affetto, di contatto che non sempre è in grado di chiederlo, di una vicinan-za fisica. Il contatto psico-tattile di quale il paziente ha bisogno fino alla fine della vita, è in grado di dare alla persona morente la percezione della propria integrità, la riconferma del valore, della digni-tà, della propria unicità. !5.3 AREA SOCIALE ! La perdita di un proprio ruolo all’interno della società, il vissuto di inutilità rispetto alla pro-pria famiglia, il concentrarsi su se stesso perdendo di vista le figure amicali sono tutti fattori che determinano una chiusura verso l’esterno e una difficoltà da parte di chi assiste la persona malata. La malattia stravolge completamente tutto l’assetto familiare, lavorativo determinando la perdita dello status sociale e del benessere economico. Per molti pazienti il dolore diviene il punto focale attorno al quale ruota la propria vita e quella dei familiari. L’aspetto fisico e il comportamento del malato, dovuti alla sofferenza, colpiscono emoti-vamente la famiglia. Alcuni malati con dolore incoercibile si scoraggiano al punto di meditare il suicidio. La dimensione sociale viene coinvolta non solo per la modificazione che inevitabilmente può subire la persona a causa della patologia di cui è affetta ma c’è anche da considerare come gli altri, il contesto socioculturale in cui è immerso il paziente, condizioni e influisca la percezione e il significato che egli può dare alla propria sofferenza. !! !18

5.4 AREA SPIRITUALE !! Ogni persona ha una propria spiritualità che costituisce il fondamento del significato che ogni uno dà alla propria esistenza. Indagare gli aspetti spirituali è molto difficile. Il malato terminale ha bisogno di dire addio a questa vita nel suo modo. L’operatore deve avere la necessaria sensibilità per osservare e intuire i bisogni spirituali del malato e per poter offrire le risposte diverse a ognuno. Non è chiesto agli operatori di condividere i valori o la fede di coloro che assistono, ma è necessario rispettarli come parte importante della per-sona, ricorrendo quando necessario ad operatori spirituali professionali o a ministri di culto. Nella realtà italiana c’è la tradizione cristiano-cattolica, l’amministrazione del sacramento dell’Unzione degli infermi, che tranquillizza il malato e i suoi sintomi fisici si riducono. I bisogni spirituali del morente sono: •l’esigenza di essere e di continuare ad essere considerato un soggetto •la ricerca di un significato della vita e dell’esperienza vissuta nell’approssimarsi della morte •la riconciliazione •la ricerca di qualcosa di essenziale e l’interrogativo su cosa c’è oltre la morte e sull’esistenza di Dio •la solidarietà, la vicinanza delle persone più care •la separazione, il bisogno di dire addio 11 Il disaggio e il malessere interiore indicano l’intensità delle domande di senso, del “perché proprio a me?” Giovani Paolo II nella Salvaci Doloris, lettera apostolica sul senso cristiano della sofferenza, precisa: “Questo è il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della sofferenza. È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, pro-fondamente umano, perché in esso l’uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione. La sofferenza appartiene al mistero dell’uomo.” !! !19 L’ospice al servizio del malato oncologico grave e della sua famiglia – A. Marzi, A.Morlini; Mc11-Graw-Hill

! 6. IL RUOLO DELL’OPERATORE SANITARIO NELL’ASSISTENZA DEL PAZIENTE TERMINALE ! Quando la persona sta per morire e i sistemi corporei iniziano a deteriorarsi, il corpo soffre dei cambiamenti osservabili e attesi. L’infermiere è l’interlocutore privilegiato, colui che vive a stretto contatto con il malato, monitorizza i sintomi e la qualità di vita e modifica le terapie in range predeterminanti, in accordo con il medico. I bisogni possono essere identificati nel rapporto interpersonale, con un approccio che faciliti l’espressione delle singole esigenze, sospendendo ogni atteggiamento di giudizio. Offrire assistenza al morente ed essere presente al momento della morte può costituire una delle esperienze più significative per un infermiere. Il processo decisionale infermieristico richiede l’assunzione di responsabilità nei confronti della persona assistita: -nella costruzione di un rapporto di fiducia; -nell’analisi della situazione; -nella progettazione dell’assistenza; -nel monitoraggio e valutazione finale L’infermiere che assiste il malato terminale deve aver alcune attitudini: capacità di ascolto, flessibilità di pensiero, adattabilità relazionale, visione d’insieme, gestione dello stress e dell’ansia. Un altro compito dell’infermiere molto importante è di dare una competente e delicata informazione al malato e al familiare, spiegando di ciò che avviene e ciò che potrà verificarsi. L’infermiere deve essere in grado di valutare e gestire la terapia adeguata, specialmente nel saper prevenire il dolore prevedibile, in concomitanza della mobilizzazione, con le medicazioni, ecc. Per mantenere il confort dell’assistito si dovrebbero proseguire le misure di assistenza infermieristi-ca: occorre la continuità della somministrazione dei farmaci antidolorifici, mobilizzare costante-mente la persona, mantenere la cura della bocca e degli occhi, il posizionamento per facilitare il drenaggio delle secrezioni e le misure per proteggere la cute da urine e feci. L’infermiere si deve consultare con il medico sulla possibilità di interrompere le misure che non contribuiscono più al confort dell’assistito, come prelevare campioni di sangue, somministrare !20

cibi per sonda, le aspirazioni, e il monitoraggio invasivo. Deve aver la capacità di gestire l’urgenza e di pensare in anticipo ai possibili problemi che possano comparire, individuando le priorità. Respiri rumorosi e gorgoglianti o gemiti, di solito, sono stressanti per la famiglia. In molti casi que-sti rumori sono correlati a rilassamento orofaringeo e a diminuzione della consapevolezza, quello che è difficile far credere al familiare e che il suo respiro non sarebbe migliorato dall’aspirazione delle secrezioni. Il posizionamento del malato e la rassicurazione della famiglia sono le più utili ri-sposte a questi sintomi. Continuare gli interventi di confort e di rassicurazione può aiutare a ridurre le preoccupazioni della famiglia. Nei confronti dei familiari il compito degli operatori è di informare, ascoltare e consigliare le scelte e l’atteggiamento migliore da tenere (il malato nell’ultima fase vive un suppore ed un rallentamento cognitivo che possono preservarlo da ulteriori angosce). L’infermiere dovrebbe preparare la famiglia per i normali e attesi cambiamenti che accom-pagnano il periodo che precede immediatamente la morte. Se i familiari sono stati preparati al momento della morte, hanno meno probabilità di provare panico e saranno meglio in grado di stare con la persona morente in modo significativo. ! ! SECONDA PARTE !7. ASPETTI METODOLOGICI !IL PROBLEMA -l’aumento elevato dei malati oncologici terminali con necessità di assistenza continuativa -un grande bisogno delle famiglie di essere supportate ed aiutate nella gestione di un malato termi-nale -il bisogno del malato di vivere dignitosamente il suo ultimo tratto di vita. !Il contesto in cui è stata svolta la raccolta dati sono le tre sezioni della struttura C.L.D, Firmian, dove la tipologia di pazienti in maggioranza sono oncologici. !21

Come strumenti di ricerca per la raccolta dei dati, ho utilizzato la scala ADL, scala dell’” Outcome” delle cure palliative (POS: Palliative Care Outcome Scale), Questionario Di valutazione dei bisogni dell’équipe in relazione alla supervisione, compilati dal personale (infermieri, operatori sanitari, personale riabilitativo). Sono stati distribuiti a 15 persone tra quali infermieri, operatori sanitari. La ricerca prende in considerazione 9 casi, in un arco di 3 mesi dal 01.10.2014 al 31.12.2014, dove le persone ricoverate rimangono fino alla fine della loro vita. !!7.1 V ALUTAZIONE DEI BISOGNI DEL PAZIENTE TERMINALE E DEL FAMILIARE !SCALA ADL ! La scala ADL è stata sviluppata per la valutazione obiettiva dei malati cronici e degli anzia-ni. L’indice fornisce informazioni prognostiche e misura i bisogni assistenziali ed il carico del lavo-ro. Le 6 funzioni investigate (fare il bagno, vestirsi, uso dei servizi igienici, spostamenti, controllo sfinterico, alimentazione) sono funzioni biologiche e psicosociali primarie condizionati dalle capa-cità fisiche più che dagli aspetti intellettivi, culturali e socio-ambientali. Il paziente viene classificato secondo una scala a tre livelli che indicano autonomia comple-ta, parziale oppure assenza di autonomia nello svolgimento delle funzioni. Per il calcolo dell’indice ADL si ricorre a una scala semplificata che prevede l’assegnazione di un punto per ciascuna funzione indipendente così da ottenere un risultato totale di performance che varia da 0 (completa dipendenza) a 6 (indipendenza in tutte le funzioni). 12!!!!!! !22 Misura di salute e di vita – Metodi e strumenti di valutazione dello stato di salute e della qualità di 12vita – D.Labbrozi

ADL (ACTIVITIES OF DAILY LIVING) !1. FARE IL BAGNO (sia spugnatura, lavaggio in vasca o doccia) a. Nessuna assistenza (entra ed esce da solo dalla vasca) b. Ha bisogno di assistenza soltanto nella pulizia di una parte del corpo (es. dorso, gamba) c. Ha bisogno di assistenza per più di una parte del corpo 2. VESTIRSI (prendere i vestiti dall’armadio e/o cassetti, inclusa biancheria intima, vestiti, uso del-le allacciature) a. Si veste completamente senza aiuto b. Si veste senza aiuto tranne che per le scarpe c. Ha bisogno di assistenza nel prendere i vestiti o nel vestirsi, o rimane parzialmente o completamente svestito 3. SERVIZI IGIENICI (usufruisce da solo dei servizi igienici per l’escrezione di feci e urine; si pulisce da solo e si riveste) a. Va ai servizi, si pulisce e riveste senza aiuto (può utilizzare bastone, deambulatore o sedia rotelle, e usare vaso da notte o la comoda, vuotandola al mattino) b. Ha bisogno di assistenza per andare in bagno o per pulirsi e rivestirsi o per usare il vaso da notte o la comoda c. Non va ai servizi 4. SPOSTARSI a. Si sposta nel letto o nella poltrona senza aiuto (può far uso di bastone) b. Può fare questi trasferimenti se aiutato c. Non si sposta (allettato) 5. CONTINENZA DI FECI ED URINE a. Completamente autonomo b. Saltuariamente incontinente c. Ha bisogno di supervisione per il controllo delle feci e urine, è incontinente o usa il ca-tetere 6. ALIMENTAZIONE a. Si alimenta da solo b. Ha bisogno di assistenza solo per tagliare la carne, sbucciare la frutta, imburrare il pane !23

c. Ha bisogno di essere imboccato o viene nutrito parzialmente o totalmente per via pa-renterale !!!!!!!!!!SCALA DELL’” OUTCOME” DELLE CURE PALLIATIVE (POS: PALLIATIVE CARE OUTCOME SCALE) !Questo strumento è stato sviluppato e proposto da Irene J. Higginson che valuta l’efficacia delle cure palliative. E’ stato costruito sull’esperienza dello STAS (Supportive Therapy Assesment Sche-dule), uno strumento di “audit” diffusamente usato per la valutazione dell’intervento di una équipe di cure palliative. !!!!!!!!!
TOTALMENTE DIPENDENTEPARZIALMENTE DIPENDENTEAUTOSUFICIENTE1. LAVARSI2.VESTIRESI3.USO DEI SERVIZI4.TRASFERIRSI5.CONTINENZA6. ALIMENTARSI !24

!!Scala del' "OUTCOME" delle cure palliative (POS: Palliative Cure Outcome Scale) !!POS – Questionario !SESSO …………………………….. ! DATA DI NASCITA …………………………………….. !!!Risponda alle seguenti domande mettendo una crocetta vicino alla risposta che meglio descrive come il malato si è sentito. Grazie. !1. Durante gli ultimi 7 giorni il paziente ha accusato dolore? !0. No, per niente 1. Qualche volta – ma non tanto disturbante da dover essere trattato12 2. Abbastanza spesso – il dolore limita alcune attività 3. Per la maggior parte del tempo – impedisce seriamente sia le attività sia le capacità di con-centrarsi 4. Si sempre – il malato non riesce a pensare ad altro !2. Durante gli ultimi 7 giorni sono comparsi altri sintomi (es. nausea, vomito, dispnea, tosse, ranto-lo, delirium, agitazione, stitichezza,) che? !0. No, per niente 1. Qualche volta 2. Abbastanza spesso 3. Per la maggior parte del tempo 4. Si sempre ! !25

3. Durante gli ultimi 7 giorni il malato si è sentito in ansia o preoccupato per la sua malattia o per le terapie? !0. No, per niente 1. Qualche volta 2. Abbastanza spesso 3. Per la maggior parte del tempo 4. Si sempre !4. Durante gli ultimi 7 giorni ha potuto contare su un supporto emotivo e /o spirituale? ! 0. No, per niente 1. Qualche volta 2. Abbastanza spesso 3. Per la maggior parte del tempo 4. Si, sempre !5. Durante gli ultimi 7 giorni qualche familiare o amico del malato è stato in ansia o preoccupato per lui? !0. No, per niente 1. Qualche volta 2. Abbastanza spesso – sembra che qualcosa disturbi la loro capacità di concentrarsi 3. Per la maggior parte del tempo 4. Sì, sembrano sempre preoccupati e spaventati !!6. Durante gli ultimi 7 giorni di quanto sono stati informati il malato e i suoi familiari o amici? !0. Di tutto – malato e familiari chiedono liberamente senza problemi 1.Informazioni sono state date, ma il paziente non sempre ha capito tutto 2. Informazioni sono state date su richiesta del malato, che pero avrebbe desiderato saperne di più !26

3. Di informazioni ne sono state date poche e alcune domande del malato sono state eluse 4. Assolutamente nessuna informazione !7. Durante gli ultimi 7 giorni il malato è stato in grado di condividere i suoi stati d'animo con fami-liari o amici? !0. Sì, tutte le volte che voleva 1. Molto spesso 2. Qualche volta 3. Raramente 4. No, mai !8. Durante gli ultimi 7 giorni il malato ha dato l'impressione che per lui la sua vita fosse degna di essere vissuta? !0. Sì, sempre 1. Sì, per la maggior parte del tempo 2. Sì, qualche volta 3. Talvolta, solo in alcuni momenti 4. No, per niente !9. Durante gli ultimi 7 giorni il malato ha dato l'impressione di star bene con se stesso? !0. Sì, sempre 1. Sì, per la maggior parte del tempo 2. Sì, qualche volta 3. Talvolta, solo in alcuni momenti 4. No, per niente !10. Durante gli ultimi 7 giorni quanto tempo è stato perso inutilmente dal malato per disguidi relati-vi all'assistenza e alle cure della sua malattia (attese per trasporti a e dall'ospedale, attese per visite, per esami ecc.)? ! !27

0. Non ha perso nemmeno un minuto 1. È stato sprecato del tempo, meno di mezza giornata complessivamente 2. È stata sprecata più di mezza giornata complessivamente !11. Negli ultimi 7 giorni quante categorie diverse di farmaci ha assunto il malato? !0. Nessuno 1. Tra 1 e 3 2. tra 4 e 6 3. Tra 7 e 10 !12. Qual è stato il problema principale del malato durante gli ultimi 7 giorni (SE c'è stato un pro-blema)? !1……………….………………………………………………………… ! 2. ……………………………………………………………………… !!7.2 V ALUTAZIONE DEI BISOGNI DEL PERSONALE ! La supervisione è uno strumento indispensabile per migliorare le caratteristiche relazionali nel lavoro che viene svolto nella nostra struttura. Questo strumento permette la prevenzione del buorn-out, la capacità di esprimere l’emozioni provocati dal lavoro e il miglioramento nel relazio-narsi. !QUESTIONARIO DI V ALUTAZIONE DEI BISOGNI DELL’EQUIPE IN RELAZIONE ALLA SUPERVISIONE Poche domande per inquadrare i tuoi bisogni e le tue aspettative rispetto ad una eventuale su-pervisione d’equipe (puoi segnare anche più risposte) 1) In relazione al rapporto con i tuoi pazienti (relazione d’aiuto): a. non senti la necessità di confrontarti con gli altri b. vorresti un maggiore confronto diretto con gli operatori coinvolti !28

c. ne parleresti volentieri apertamente in un gruppo aperto d. lo senti come un problema aperto da affrontare con continuità nel tempo !2) In relazione al rapporto con gli altri operatori: a. non senti la necessità di ulteriori strumenti di confronto b. vorresti uno spazio apposito per approfondire aspetti organizzativi c. vorresti uno spazio per approfondire aspetti organizzativi d. vorresti uno spazio per confrontarsi e conoscersi meglio !3) In relazione allo “stress “lavorativo di fine giornata a. non è un problema (ho già un contenitore per il mio stress) b. mi pesa, ma non sento la necessità di confrontarmi c. mi pesa, ma non conosco strumenti adatti per affrontarlo d. sono disposto a confrontarmi in un gruppo appositamente costruito !4) Supervisione è: a. una perdita di tempo b. una riunione utile per discutere di problemi organizzativi c. un momento per riflettere sulle relazioni operatore – equipe d. un cammino di confronto sui problemi legati al lavoro, guidato da un professionista !V orrei aggiungere …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… !!!!!! !29

QUESTIONARIO DI V ALUTAZIONE DEI BISOGNI DELL’EQUIPE IN RELAZIONE ALLA SUPERVISIONE 0 -per nulla; 1 – poco; 2 – abbastanza; 3 – molto !
!
1) In relazione al rapporto con i tuoi pazienti (relazione d’aiuto):a. senti la necessità di confrontarti con gli altri0123b. vorresti un maggiore confronto diretto con gli operatori coinvolti0123c. ne parleresti volentieri apertamente in un gruppo aperto0123d. lo senti come un problema aperto da affrontare con continuità nel tempo01232) In relazione al rapporto con gli altri operatori:a. senti la necessitàà di ulteriori strumenti di confronto0123b. vorresti uno spazio apposito per approfondire aspetti organizzativi0123c. vorresti uno spazio per approfondire aspetti organizzativi0123d. vorresti uno spazio per confrontarsi e conoscersi meglio01233) In relazione allo “stress “lavorativo di fine giornataa. è un problema (ho già un contenitore per il mio stress)0123b. mi pesa, ma non sento la necessità di confrontarmi0123c. mi pesa, ma non conosco strumenti adatti per affrontarlo0123d. sono disposto a confrontarmi in un gruppo appositamente costruito01234) Supervisione è:a. una perdita di tempo0123b. una riunione utile per discutere di problemi organizzativi0123c. un momento per riflettere sulle relazioni operatore – equipe0123d. un cammino di confronto sui problemi legati al lavoro, guidato da un professionista0123 !30

7.3 RISULTATI DELLA RICERCA !!TABELLA 1 DELLA SCALLA ADL !
!GRAFICA DELLA SCALA ADL
TOTALMENTE DIPENDENTE%PARZIALMEN-TE DIPANDEN-TE%AUTOSUFICIEN-TE%1. LAVARSI1386,67%213,33%00%2. VESTIRSI1173,33%426,67%00%3.USO DEI SERVIZI1280%320%00%4. TRASFERIRSI1280%320%00%5. CONTINENZA1173,33%426,67%00%6. ALIMENTARSI1066,67%533,33%00%
!310471114
lavarsivestiresiuso dei servizitrasferirsicontinenzaalimentarsitotalmente dipendenteparzialmente dipendenteautosuficiente

Dei 15 decessi avvenuti nel Centro Lungo Degenza Firmian durante il periodo di osserva-zione, 9 erano di sesso maschile (60%), mentre 6 di sesso femminile (40%) con età prevalentemente compresa tra i 50 e i 90 anni. !!
!
!32
40%
60%MASCHIOFEMMINA
67%
33%
TRA 50-70 ANNITRA 70- 95 ANNI

!!
TABELLA 2 POSItem0%1%2%3%4%1. Durante gli ultimi 7 giorni il pa-ziente ha accusato dolore?16,7%320%640%426,7%16,7%2. Durante gli ultimi 7 giorni sono comparsi altri sintomi (es. nausea, vomito, dispnea, tosse, rantolo, de-lirium, agitazione, stitichezza) in misura tale da disturbare il malato?320%533,4%213,3%320%213,3%3. Durante gli ultimi 7 giorni il ma-lato si è sentito in ansia o preoccu-pato per la sua malattia o per le te-rapie?320%320%533,3%426,7%00%4. Durante gli ultimi 7 giorni ha po-tuto contare su un supporto emotivo e /o spirituale?1280%320%00%0%00%5. Durante gli ultimi 7 giorni qual-che familiare o amico del malato è stato in ansia o preoccupato per lui?00%320%746,7%533,3%00%6. Durante gli ultimi 7 giorni di quanto sono stati informati il malato e i suoi familiari o amici?960%426,7%213,3%00%00%7. Durante gli ultimi 7 giorni il ma-lato è stato in grado di condividere i suoi stati d'animo con familiari o amici?320%320%213,3%426,7%320%8. Durante gli ultimi 7 giorni il ma-lato ha dato l'impressione che per lui la sua vita fosse degna di essere vissuta?320%213,3%320%320%426,7%9. Durante gli ultimi 7 giorni il ma-lato ha dato l'impressione di star bene con se stesso?00%320%533,3%213,4%533,3%
!33

GRAFICA DELLE DOMANDE 1 – 5 SCALA POS !!
!!!!!!!!!!! !34
per niente
qualche volta
abbastanza spesso
per la maggior parte del tempo
si sempre

GRAFICA DELLE DOMANDE 6 – 9 SCALA POS
!!Dalla grafica del secondo questionario, nelle prime 5 domande risulta il livello molto elevato del bisogno psicologico del paziente, in quanto manca la presenza dello supporto psicologico da parte di un a figura professionale, per il paziente e da parte del famigliare. !!!!!! !35
si, sempre
molto spesso
qualche volta
raramente
no,mai

!!!!!!GRAFICA SCALA POS – DOMANDA 10 ! !!!!!!
Item0%1%2%10. Durante gli ultimi 7 giorni quanto tempo è stato perso inutilmente dal malato per disguidi relativi al-l'assistenza e alle cure della sua malattia (attese per trasporti a e dall'ospedale, attese per visite, per esami ecc.)?1280%320%00% !36036912
01210

!!!!!GRAFICA SCALA POS – DOMANDA 11 !! !!!!! !!!!
Item0%1%2%3%11. Negli ultimi 7 giorni quante categorie diverse di farmaci ha assunto il malato?00%1066,7%533,3%00% !37035810
012311

TABELLA 3 QUESTIONARIO V ALUTAZIONE BISOGNI DELL’EQUIPE !
1) In relazione al rapporto con i tuoi pazienti (relazione d’aiuto):0%1%2%3%a. senti la necessità di confrontarti con gli altri210,5%15,3%1157,9%526,3%b. vorresti un maggiore confronto diretto con gli operatori coinvolti210,5%526,3%736,8%526,3%c. ne parleresti volentieri apertamente in un gruppo aperto315,8%421,1%421,1%842,2%d. lo senti come un problema aperto da affrontare con continuità nel tempo315,8%421,1%842,2%421,1%2) In relazione al rapporto con gli altri operatori:a. senti la necessità di ulteriori strumenti di confronto210,5%421,1%842,2%526,3%b. vorresti uno spazio apposito per approfondire aspetti organizzativi210,5%421,1%736,8%631,6%c. vorresti uno spazio per approfondire aspetti organizzativi210,5%631,6%736,8%421,1%d. vorresti uno spazio per confrontarsi e conoscersi meglio210,5%421%526,3%842,2%3) In relazione allo “stress” lavorativo di fine giornataa. è un problema (ho già un contenitore per il mio stress)315,8%631,6%631,6%421%b. mi pesa, ma non sento la necessità di confrontarmi210,5%315,8%942,4%526,3%c. mi pesa, ma non conosco strumenti adatti per affrontarlo315,8%421,1%842,2%421,1%d. sono disposto a confrontarmi in un gruppo appositamente costruito15,3%421,1%842,2%631,6%
!38

!!!GRAFICA TABELLA 3
!
4) Supervisione è:a. una perdita di tempo1157,9%210,5%315,8%315,8%b. una riunione utile per discutere di problemi organizzativi210,5%315,8%526,3%947,4%c. un momento per riflettere sulle relazioni operatore – equipe210,5%315,8%421%1052,6%d. un cammino di confronto sui problemi legati al lavoro, guidato da un professionista 15,3%15,3%526,3%1263,1% !39
per nulla
poco
abbastanza
molto

!!7.4 ANALISI DEI DATI ! Dalla analisi della prima tabella si evidenzia il carico fisico di lavoro, dove l’operatore sani-tario spesso affronta situazioni emotive, relazionali e psicologiche ancora più intense. L’analisi di questi dati ci rileva quanto sia elevato il carico di lavoro in questa struttura, che accoglie i malati terminali. In queste situazioni emerge l’importanza di alcuni momenti di verifica del lavoro attraverso i colloqui, di gruppo o individuali, con lo psicologo dove vengono condivisi i vissuti emotivi degli operatori sanitari. Analizzando le risposte che gli infermieri hanno attribuito alle domande riportate nella ta-bella 2 risulta che: 1. Negli ultimi sette giorni, il 6,7% delle persone presentano un dolore molto forte, il 40% dei casi presentano invece un dolore forte, nei 46,6% dei pazienti è stato ottenuto un buon controllo far-macologico della sintomatologia algica e 6,7% dei casi non hanno dolore per nulla. 2.Altri sintomi presenti negli ultimi 7 giorni di vita (dispnea, rantolo, vomito, agitazione, ecc.), il 33,4% dei pazienti hanno manifestato un disturbo leggero, il 20% un disturbo forte e il 13,3 % un disturbo molto forte. 3.Un altro sintomo presente negli ultimi 7 giorni è il disaggio psicologico. Il 50% dei malati hanno manifestato ansia, paura, preoccupazione per la sua malattia abbastanza spesso, il 33,3% dei ma-lati qualche volta, 16,7% dei malati per la maggior parte del tempo. 4.Nella domanda 4 se durante gli ultimi 7 giorni il malato ha potuto contare su un supporto emotivo e/o spirituale, il 77,8% dei malati hanno risposto di no e il 22,2% qualche volta. Questo risultato evidenzia quanto sia necessario un supporto psico-spirituale. 5.Dall’indagine fatto sulla domanda 5 risulta nel 44,4% dei familiari sono stati preoccupati e spa-ventati per la malattia del loro caro, il 38,9% sono stati preoccupati per la maggior parte del tem-po e il 11,1% abbastanza spesso. !40

6.Nella domanda 6 di quanto sono stati informati il malato e i suoi familiari, le risposte attribuite dagli infermieri erano: il 60% sono stati informati di tutto, il 26,7% non hanno capito tutto sulle informazioni date, il 13,3% sono stati informati sulla richiesta del malato. Nessuno ha risposto che le informazioni non sono state date o che sono state date poche. 7.Durante gli ultimi 7 giorni il malato ha potuto condividere il suo stato d’anima con i familiari o amici, nel 20% tutte le volte, il 20% molto spesso, il 13,3% qualche volta, il 26,7% raramente e il 20% mai. 8.Nella domanda 8 di quanto il malato vuole vivere dignitosamente negli ultimi 7 giorni, possiamo definire che il 20% sempre, il 13,3% per maggior parte del tempo, il 20% qualche volta, 20% solo in alcuni momenti e 26,7% per niente. 9.Analizzando le risposte che il personale ha attribuito alla domanda 9, se il malato stava bene con se stesso, risulta che nessuno dei pazienti stava bene, il 20% maggior parte del tempo, il 33,3% qualche volta, il 13,4% solo in alcuni momenti e il 33,3% non stava per niente bene. 10.Dall’indagine effettuato su quanto tempo è stato sprecato inutilmente sull’assistenza e sulla cura del paziente, nel 66,7% non ha perso nessun minuto, nel 22,2% è stato sprecato meno di mezza giornata e nel 11,1% più di mezza giornata. 11.Negli ultimi 7 giorni il 88,9% dei pazienti hanno assunto tra 4 e 6 diversi farmaci, il 11,1% tra 1 e 3 farmaci e nessuno dei pazienti non hanno assunto dei farmaci o hanno assunto più di 7 farma-ci Il “Questionario di valutazione dei bisogni dell’equipe in relazione alla supervisione” ripor-tato nella tabella 3 è stato distribuito a 19 persone (infermieri e OSS), dove bisognava segnalare con una crocetta sulla risposta più adatta per ogni uno di loro. Dalla analisi effettuata emergono i seguenti risultati: •Nel relazionarsi con i pazienti, il 57,9% degli operatori sentono abbastanza, la necessità di con-frontarsi con gli altri, il 42,1% vorrebbe un maggior confronto con gli operatori coinvolti, il 42,1% vorrebbe molto parlare apertamente in un gruppo, il 42,1% sentono come un problema aperto da affrontare nel tempo, il 10,5% non sentono per nulla la necessità di confrontarsi con gli altri. •Nel relazionarsi con gli altri operatori 42,1% hanno abbastanza bisogno di ulteriori strumenti di confronto, il 36,8% degli operatori vorrebbe uno spazio apposito per approfondire gli aspetti or- !41

ganizzativi, aspetti relazionali e lavorativi e il 42,1% vorrebbe uno spazio per confrontarsi e cono-scersi meglio all’interno del gruppo e il 10,5% non hanno bisogno di strumenti di confronto o de-gli spazi per aspetti organizzativi. •Nella domanda 3 “In relazione allo stress lavorativo di fine giornata”, il 15,7% del personale trova delle soluzioni per contenere lo stress, per il 47,4% del personale non sente la necessità di con-frontarsi con gli altri, nonostante li pesa, il 42,1% non conoscono gli strumenti adatti per contene-re lo stress e sono disposti di confrontarsi in un gruppo appositamente costruito. •Le risposte date degli operatori, di cosa significa la supervisione per loro, il 57,9% hanno risposto che per nulla è una perdita del tempo, il 47,7% che è molto utile per discutere dei problemi orga-nizzativi, il 52,3% che è un momento per riflettere sulle relazioni operatore-equipe e il 63,2% che è un camino di confronto su tutti i problemi legati a lavoro, guidato da un professionista. !8.DISCUSSIONE E INTERPRETAZIONE DEI DATI ! I dati emersi dalla ricerca hanno permesso di trarre delle considerazioni, che la sofferenza del malato non si identifica solo con gli aspetti organici della malattia, ma risulta essere una combi-nazione unica da persona a persona, di reazioni psicologiche e vissuti emozionali come le credenze, le aspettative e le esperienze dell’individuo. La qualità di vita va organizzata e indagata come la percezione che gli individui hanno della loro posizione nella vita nel contesto della cultura e del sistema di valori nel quale vivono, e in rela-zione ai loro obiettivi, alle loro aspettative, alle loro preoccupazioni e ai loro standard. Così si dà attenzione alla soggettività del malato, alla soddisfazione per i diversi aspetti della vita quotidiana, che non deriva dalla semplice analisi dell’oggettivo “stato di salute”. Un ottima assistenza al paziente terminale richiede determinati spazzi dedicati all’accompa-gnamento, che sono i primi ad essere sacrificati quando le attività di routine tengono impegnati i professionisti, soprattutto gli infermieri. Il paziente deve essere considerato in un’ottica bio-psico-sociale che non vede come oggetti corpo e malattia su cui intervenire per correggere la disfunzione, ma interpreta la malattia come un evento complesso, modulato da diverse variabili su cui effettuare interventi mirati. La capacità fisica si misura con l’abilità di eseguire le funzioni minime quotidiane incluse nella sca-la ADL. La dipendenza anche in una sola attività della vita quotidiana è un sintomo di fragilità. !42

I risultati dello studio indicano una percentuale molto elevata di dipendenza in tutte le attività assi-stenziale prestate ai pazienti terminali, negli ultimi sette giorni di vita. L’analisi dei bisogni del malato terminale mette in evidenza la necessità assoluta di un sup-porto psicologico, per il malato, che attualmente manca nella nostra struttura. La presenza costante di figure di supporto professionali e familiari influisce positivamente sui vis-suti psico-emozionali del paziente, favorendo il mantenimento di una vita attiva e serena più possi-bile nel tempo che trascorre tra il momento in cui si nota evidentemente il carattere infausto della prognosi e il momento dell’ultimo respiro. Il controllo del dolore e dei sintomi in generale, presenti in più della metà dei pazienti, oltre alla vicinanza dei propri cari, rappresenta uno dei punti principali nelle cure di fine vita sia dal pun-to di vista del paziente sia per i familiari. Un altro aspetto rilevante riguarda la comunicazione con il paziente e la famiglia. La mancata chiarezza comunicativa rende difficile mettere in atto gli interventi più idonei ad ac-compagnare il malato e soddisfare i bisogni del morente e della sua famiglia. Così le azioni per ga-rantire il comfort, sostegno psicologico e supporto spirituale passano in secondo piano. L’operatore si trova di dover interagire con delle persone ricoverate con patologie allo stadio terminale, che richiede una modalità di approccio totalmente diverso, di poter affrontare “l’evento morte” nel modo più umano possibile. Per la maggior parte degli operatori, il confronto con questi momenti è molto difficile, perché si sentono inadeguati ad affrontare con competenza, maturità e professionalità questo evento importante che riguarda la vita della persona assistita. !9. PROGETTO DI MIGLIORAMENTO !9.1 EDUCAZIONE E FORMAZIONE DEL PERSONALE ! Gli operatori hanno bisogno degli strumenti per pensare il proprio lavoro, e quindi di una formazione. L’infermiere addetto all’assistenza dei malati terminali possiede già gran parte delle competenze tecniche necessarie, in quanto acquisite nella formazione di base. Per riempire le lacune relative si possono aggiungere l’uso di alcuni farmaci per il dolore o per altri sintomi, o di alcuni semplici strumenti come la pompa ad infusione continua. !43

Nel campo terapeutico l’autonomia dell’infermiere è parziale, ma non significa che l’infe-rmiere è un “esecutore”, poiché nell’applicare le procedure terapeutiche parte del processo decisio-nale è infermieristico. L’infermiere deve saper usare e modulare le sostanze chimiche ed i farmaci necessari ad alleviare le sofferenze dei pazienti e conoscerne gli effetti principali e secondari. Un farmaco è più efficace quando l’infermiere che suggerisce al malato ed ai famigliari che sono effi-caci e serviranno allo scopo che ci si è prefissati. Nel processo di formazione l’attenzione sarà posta sul campo degli atteggiamenti, in modo da consentire all’infermiere di offrire il necessario aiuto alle complesse problematiche presentate dalla situazione di malattia inguaribile attraverso: •la comunicazione aperta e chiara •il supporto al paziente ed ai famigliari nei momenti di maggiore crisi •la partecipazione da parte del famigliare alla cura del malato •la vicinanza ed il contatto fisico, “il tocco” essendo un intervento estremamente efficace •il ricreare rapporti significativi che la malattia ha interrotto, riavvicinando al malato i parenti e gli amici •il fornire rinforzi positivi che potrà raggiungere e realizzare 13 L’efficacia del supporto “psicologico” al malato e ai familiari, dipende dalle capacità e dalla possibilità dell’infermiere di sviluppare una corretta interazione nella comunicazione. L’infermiere deve possedere le necessarie nozioni di psicologia, specialmente quelle che riguardano gli aspetti della comunicazione (verbale e non verbale) e della verità al malato. Nella preparazione psicologi-ca dell’infermiere si metterà l’accento sulle dinamiche che reggono e regolano la famiglia con lo scopo di riconoscere e prevenire in tempo i segni di difficoltà insorgenti nel nucleo famigliare (che deve essere aiutata anche dopo il decesso) e di ridurre le angosce ed i loro sensi di colpa. Attualmente nella nostra struttura di degenza c’e la presenza di figura della psicologa, che garantisce il supporto al famigliare attraverso i colloqui con i familiari e al personale attraverso le riunioni periodiche, permettendo a tutti membri di esprimere il propri disagio, la propria sofferenza, i dubbi riguardo al proprio lavoro e al rapporto con i pazienti, di rielaborare vissuti di rabbia, paura, frustrazione, di raccontare e condividere le emozioni. Per il miglioramento nell’assistenza del paziente terminale propongo l’organizzazione di un corso di formazione, interno di cinque giorni, rivolto a gruppi di 12-13 operatori di vari reparti. !44 Cure Palliative approccio multidisciplinare alle malattie inguaribili – G Di Mola13

Primo giorno (a cura della psicologa) •mattina: – introduzione sulle difficoltà personali e collettive di fronte alla morte dei pazienti; – esternazione del vissuto; •pomeriggio: – aspetti psicologici della fase terminale della vita; – meccanismi di difesa (angoscia, regressione); – elaborazione del decesso. Secondo giorno (a cura di un medico) •mattina: – il dolore e le sue terapie; – l’agonia; •pomeriggio: – trattamento dei sintomi associati alla fase terminale della vita; – problemi etici (eutanasia, accanimento terapeutico). Terzo giorno (a cura della responsabile della struttura e di un infermiere) •mattina: – filosofia della medicina palliativa; – definizione, obiettivi, mezzi; – principi, decreti; – cura – operatore curante – l’équipe; -le riunioni (obiettivi) •pomeriggio: – i rapporti di aiuto; – l’assistenza alla famiglie; – la sofferenza degli operatori. Quarto giorno (a cura della sorvegliante e di un infermiera) •mattina: – organizzazione dei trattamenti; – pratica delle cure infermieristiche (problemi etici, protocolli); !45

– presentazione di un caso clinico da parte dell’infermiera; – relazione psico-corporale con i pazienti (l’assistenza, il contatto); – le piaghe da decubito, gli odori; •pomeriggio: – la toilette mortuaria; – l’ascolto (teoria e pratica). Quinto giorno (a cura di un assistente spirituale) •mattina: – cosa significa la dimensione spirituale – strumenti per la diagnosi spirituale – come rispondere ai bisogni spirituali che emergono •pomeriggio: – attività di gruppo – scambio della idee !PREVEDERE E PREVENIRE IL BURNOUT ! Il sovraccarico di lavoro, il disaggio del coinvolgimento emotivo nella relazione con i pa-zienti ed i familiari o altre difficoltà legate al lavoro d’équipe possono portare a una perdita delle energie psicofisiche (burn-out). Il gruppo ha funzione di contenere le ansie degli operatori. Si propone di rielaborare in gruppo le diverse situazioni, le esperienze vissute e i momenti critici che si devono affrontare. In questo modo i membri del gruppo si sostengono a vicenda. La valorizzazione di attitudini e poten-zialità, come la condivisione di fatiche e fallimenti, è l’unica soluzione per assicurare la qualità del-l’assistenza e la tenuta degli operatori. Lo psicologo – supervisore supporta l’équipe, favorendo riunioni periodiche, a cadenza rego-lare di discussione del lavoro, permettendo a tutti i membri dell’equipe di esprimere il loro disaggio, la propria sofferenza ,i dubbi riguardo al proprio lavoro e al rapporto con i pazienti, di raccontare e condividere il peso emotivo delle relazione, delle scelte da fare, di rielaborare vissuti di rabbia, pau-ra, frustrazione, di discutere in pratica sia degli aspetti tecnici, sia di quelli relazionali del loro lavo-ro. !46

La formazione professionale aiuta agli infermieri ad avere un aggiornamento adeguato con moltiplico vantaggi: -la cultura dell’infermiere si evolve in parallelo con i progressi della scienza medica; -il paziente usufruisce di un’assistenza più moderna e più adeguata alla sua persona; -gli infermieri sono più motivati nella loro professione e affrontano meglio le angosce; -sono più disponibili a confrontarsi con gli altri colleghi; -possibile di evitare l’esaurimento da lavoro. !9.2 L’ACCOGLIENZA DEL PAZIENTE NEL REPARTO DI DEGENZA ! L’accoglienza di questi pazienti particolarmente fragili, è molto importante e si cerca di svolgerla con grande attenzione. Gli arrivi previsti in anticipo, ci permettono di preparare la stanza in base alle necessità del paziente e di organizzare l’ingresso del nuovo ospite. Molto importante è creare un clima di sicurezza e di confidenza, di controllare che il paziente sia comodo e se necessa-rio far ricorso a noi in ogni momento. Il paziente essendo spesso stanco in seguito al viaggio, si cer-ca di fare un’accoglienza breve e discreta, in modo che gli permetta di individuare uno o due degli operatori tra quali uno l’infermiere di riferimento e di sentire che la sua presenza è desiderata. Poi si procede con il colloquio con i familiari, dove si parlano delle abitudini del paziente, le precauzioni che bisogna adattare, se il paziente “sa o non sa” della sua malattia, la situazione familiare attuale, ecc. Dopo aver un quadro quasi completo delle necessità del paziente, dell’assistenza da fornire, del comportamento da tenere in caso d’urgenza si procede con la pianificazione assistenziale dei biso-gni del paziente. In un ultima fase si forniscono tutte le informazioni organizzativi: oraria di visita, dei pasti, presentazione dei locali e dei servizi a disposizione, le diverse attività che si svolgono, uso del cam-panello, luci, uso del letto, bagno, ecc. !9.3 INCONTRI DEL TEAM ! Il PAI può essere definito come il risultato della condivisione, da parte del team di cura, de-gli interventi clinico assistenziali necessari per rispondere ai bisogni del paziente nel setting assi-stenziale più appropriato (intensivo, estensivo, lungo assistenza), tenere conto del contesto ambien- !47

tale, del paziente, dei fattori personali (barriere e facilitatori) e delle capacità, nonché delle risorse disponibili (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 Febbraio 2001). Il PAI prevede che per ogni bisogno rilevato, come per ogni capacità vengano definiti gli obiettivi, gli interventi clinico-assistenziali, i relativi operatori compresi i familiari, nonché i prodotti e gli strumenti adatti a compensare, controllare, alleviare, neutralizzare menomazioni e limitazioni e sviluppare capacità. La sua stesura da parte dei vari professionisti dell’equipe avviene sulla base dell’assesment di biso-gni e capacità tenendo conto del parere espresso del paziente e della sua famiglia. Dopo la discussione della diagnosi insieme al paziente o familiare, sarà il compito del medi-co di decidere un piano terapeutico personalizzato che deve tener conto di: •via della somministrazione del farmaco in base ai sintomi (non si può somministrare un farmaco via orale in un paziente che vomita o con occlusione intestinale); •dosaggio del farmaco che nel caso di altre patologie concomitanti come insufficienza renale, deve essere ridotto; •presenza di altre patologie che possono controindicare l’uso dei certi farmaci; •prevenzione degli effetti collaterali dei farmaci somministrati, (esempio la stipsi dovuta alla som-ministrazione di oppioidi) con un’alimentazione adeguata, l’idratazione, e l’uso dei lassativi; •prevenzione dell’insorgenza di nuove patologie (piaghe da decubito) utilizzando i materassi anti-decubito e mobilizzare il paziente; •utilizzo dei ausili: materassi antidecubito, carrozzine, deambulatorio, ortesi, sollevatori, cateteri; •programma di fisioterapia e/o ergoterapia per i pazienti che hanno bisogno; •prevedere la terapia al bisogno, per consentire all’infermiere professionale di aver una pronta so-luzione per sintomi refrattari o di nuova comparsa. !IL PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALIZZATO (PAI) ! Per ottenere una buona qualità di vita per il paziente terminale, propongo di fare degli incon-tri settimanali (PAI) dove è importante che ci sia la presenza: del medico, dell’infermiere di riferi-mento, il familiare di riferimento e/o il paziente, dello psicologo, e le altre figure professionale del team (il fisioterapista, l’ergoterapista, l’animatrice, volontario), se necessario. !! !48

LAVORARE IN EQUIPE ! L’organizzazione del lavoro nel reparto della nostra struttura, è centrata sul lavoro di équipe, per dare una risposta ai bisogni del malato e della famiglia, incluso il supporto durante il lutto. L’infermiere professionale e l’operatore assistenziale sono coloro che vivono quotidianamente a contatto con il paziente e i loro familiari, che riferiscono la realtà di come si svolgono le cose. Al-l’interno della struttura operano anche altre figure professionali come lo psicologo (per il personale assistenziale e per familiari), fisioterapisti, ergoterapisti, volontari, animatori. Tutte queste figure professionali, nel relazionarsi col paziente, possono scoprire o venire a conoscenza di situazioni, paure, dubbi, conflitti che il paziente stesso ha rivelato solo a questa persona. Il lavoro in équipe consiste nella discussione dei casi con le diverse figure professionali, sia singolarmente sia con riunioni con tutte le figure interessate, con l’obiettivo di approfondire le varie situazioni. Poi ci sono anche degli incontri periodici tra l’équipe e i familiari dei malati per valutare la situazione. Un buon team affronta un problema trovando la soluzione miglior attraverso la sintesi di svariate opinioni e idee proposte e condivise. !9.4 APPROCCIO PSICO-SOCIALE E ASSISTENZA SPIRITUALE ! Gli infermieri devono essere culturalmente consapevoli e sensibili nei loro approcci alla comunicazione con malati e famiglie sulla morte. Tra i problemi che emergono nel dare un coretto approccio al malato terminale è quello della corret-ta informazione e della comunicazione con paziente e famigliari. Nella cura dell’ammalato nella fase terminale occorre prestare la massima attenzione ai problemi emozionali che l’evoluzione della malattia comporta. L’operatore può assicurare un approccio attivo all’assistenza psicosociale del malato e della fami-glia attraverso l’incontri periodici, che offrono le opportunità a tutte le parte di considerare le loro priorità e pianificare per un futuro incerto. L’INTERVENTO DELLO PSICOLOGO è necessario in quattro situazioni: 1.Controllo delle dinamiche dell’équipe – è il compito più faticoso, sia qualitativamente che quanti-tativamente. Il contatto quotidiano con malati terminali, la sofferenza e la disperazione dei malati !49

e famigliari che viene scaricata sui operatori dell’équipe provocano in tempi attenuazione del-l’impegno, crisi depressivi, aggressività. Il lavoro di gruppo, indispensabile per un approccio cor-retto al problema del malato morente, può venire ostacolato da squilibri emotivi, tensioni e stress. Proposta di miglioramento – ritengo importante, che ci sia la presenza della figura dello psicolo-go, nella nostra struttura, per le consulenze individuale con il personale, 2 ore alla settimana. 2.Colloqui con i famigliari – che necessitano solitamente di consigli riguardanti la comunicazione. Un incontro con lo psicologo è solitamente efficace ad ottenere compressione e collaborazione, e a dare tranquillità e fiducia in se stessi ai famigliari. Attualmente la struttura offre il supporto psi-cologico, per i famigliari, attraverso i colloqui, 2 giorni alla settimana, per 3 ore al giorno. 3.Colloqui con i malati – che a volte è in grado di rivelare aspetti sfuggiti ad altri componenti del-l’equipe, permettendo una migliore comprensione e facilitando in ultima analisi tutti i rapporti di cura tra il Servizio ed il malato stesso. Proposta di miglioramento – per consentire una qualità di vita soddisfacente nella fase terminale ed aiutare il paziente ad avere una buona morte, propongo di fornire il supporto psicologico al ammalato, 3 ore in settimana divise in due giorni, inteso anche come supporto educativo, per af-frontare meglio le situazioni di crisi sino al momento della morte. La terapia di supporto riveste un ruolo centrale nel trattamento del paziente fragile, sia nella fase preclinica che nella fase avanzata, quando e finalizzata alla palliazione dei sintomi. 4.Supervisione dei volontari – che possono essere oggetto e causa di stress non essendo preparato a confrontarsi con la morte e con la malattia. A volte e possibile che si instauri veri e propri rapporti di affetto tra il volontario e paziente, pero d’altra parte può essere che il volontario causa non in-tenzionale. La supervisione periodicamente del gruppo potrebbe comportare a un miglioramento della gestione delle emozioni, a scoprire le diverse problematiche psicologiche familiare. ! ASSISTENZA SPIRITUALE ! L’assistenza spirituale non è solo assistenza religiosa, ma è anche attenzione alla ricerca di significati che l’ammalato e la sua famiglia possono esprimere. Quindi, a prescindere dal fatto che alcune figure religiose come il sacerdote che può offrire un contributo essenziale, l’equipe è coin- !50

volta nell’ascolto e nell’accompagnamento. Inoltre, è accettato un eventuale sacerdote di confessio-ne religiosa diversa da quella cristiana cattolica. L’accertamento spirituale è la componente chiave di un accertamento infermieristico com-pleto per un malato terminale e per i suoi familiari. Gli infermieri possono sostenere il malato e la famiglia usando un ascolto efficace e abilità di comunicazione, e incoraggiando la speranza realistica che è specifica per i bisogni dell’assistito e della famiglia di informazione, aspettative per il futuro e valori e preferenze concernenti la fine del-la vita. Quando l’infermiere diventa più abile a lavorare con i malati gravi, può diventare meno de-terminato a “fissare” e più disponibile ad ascoltare, più abituato al silenzio, al lutto, alla rabbia, alla tristezza e più presente con i malati e le loro famiglie. Gli interventi infermieristici per migliorare e sostenere la speranza comprendono i seguenti: •ascoltare attentamente; •incoraggiare la condivisione dei sentimenti; •offrire informazioni accurate; •incoraggiare e sostenere il malato nel controllo delle circostanze, delle scelte e dell’ambiente quando possibile; •assistere i malati a esplorare modi per trovare significati nella propria vita; •incoraggiare obiettivi realistici, •facilitare la comunicazione realistica con le famiglie; •riferire ad altri per il counseling psicosociale e spirituale. Quando si avvicina il tempo del morire, il bisogno del malato e anche della famiglia è di es-sere educata alla separazione. L’operatore dovrà saper stabilire un rapporto di vicinanza, che per-mette al paziente di superare le timidezze e ritrosie nell’aprire il proprio cuore, e risulti efficace nel-l’aiutare le persone a utilizzare le proprie risorse spirituali a soddisfare il proprio bisogno di auto trascendersi. Vivendo in una società multiculturale, si può presentare la necessità di presentare i diversi bisogni di spiritualità del morente. La struttura, per quanto riguarda il servizio di assistenza spirituale relativo a religioni diverse da quella cattolica (fornito direttamente dal Comprensorio Sanitario di Bolzano), lo stesso sarà garanti-to, eseguito di accordi intercorsi, da: •Comunità Ebraica Merano per la fede ebraica !51

•Associazione Religione Ortodossa Bolzano, per la fede ortodossa •Organizzazione Musulmana di Bolzano, per la fede musulmana •Comunità Evangelica Luterana di Bolzano, per la fede evangelica luterana. !! 9.5 ASSISTERE LA FAMIGLIA NELLA FASE DELLA MALATTIA E NELLA FASE DEL LUTTO ! “Vi salutiamo quando entrate, vi salutiamo quando uscite.” 14 La malattia incurabile è un evento devastante, per l’ammalato e per la famiglia, sia dal punto di vista psicologico sia dal punto di vista fisica. La famiglia ha bisogno di un adeguato sostegno, per cui è necessario individuare il familiare di riferimento (caregiver) con quale l’equipe assistenziale si potrà relazionarsi (nel caso che il paziente non è più in grado di prendere la decisioni). Nel confronto quotidiano con il familiare bisogna affrontare i diversi problemi presenti, si danno consigli comportamentali, relazionali, si incoraggiano a collaborare all’assistenza e a manifestare la loro affettività, si cerca di prepararli all’eventuale decesso, li si assiste nel momento della morte e anche nella fase del lutto (se lo desiderano). Importante è di instaurare una relazione di empatia nel-l’assistenza alla famiglia. La comunicazione con il malato e con la famiglia deve essere adeguata al loro livello di compressione e ai valori di rivelazione. Le tre fasi della sindrome della morte imminente sono: 1.la fase precoce descritta con allettamento, riduzione dell’autonomia perdita di interesse, modifi-cazioni cognitive (aumento delle ore di sonno, presenza di delirium); 2.la fase intermedia descritta con ulteriori modificazioni cognitive (sveglio ogni tanto, lento a ri-spondere agli stimoli) e rantolo; 3.la fase terminale descritto con coma, febbre dovuta allo stato settico, alterazioni del respiro, le estremità fredde, abbassamento della pressione arteriosa e della frequenza del polso. 15 Le linee guida generali per gli infermieri (Addington) indicano: !52 Convegno specialistico del 4 ottobre 2014, centro convegni dell’Abbazia Novacella “Finalmente 14vivere – Esiste vita prima della morte? Migliorare la qualità delle cure di fine vita – M. Costantini, C.Borreani, S.Grubich15

•Erogazione e interpretazione delle informazioni tecniche necessarie per prendere decisioni senza rifugiarsi nella terminologia medica. •Comprendere che il momento migliore per parlare al malato non è necessariamente quello consi-derato più adatto dall’operatore. •Essere completamente disponibili durante ogni opportunità di comunicazione è spesso il modo più utile di comunicare. •Permettere all’assistito e alla sua famiglia di stabilire delle priorità in merito alla profondità della conversazione. 16 I malati e le loro famiglie sentono spesso il bisogno di parlare con il team dei loro problemi e l’intervento più importante da parte del team e quello di “ascoltare”. Le chiave per un ascolto efficace includono: -resistere all’impulso di riempire gli “spazi vuoti” nella comunicazione con le parole; -offrire all’assistito e alla sua famiglia il tempo necessario per riflettere e rispondere dopo aver po-sto una domanda; -chiedere gentilmente: “Ha bisogno per più tempo per pensarci?”; -evitare distrazioni (rumori, interruzioni); -evitare l’impulso a dare consigli; -evitare risposte predefinite: “So come si sente”; -fare domande; -accertare la comprensione (propria e dell’assistito) ricominciando, sintetizzando e rivedendo. ! 9.6 ASSISTENZA DOPO LA MORTE ! Il momento della morte è proceduto da un periodo di graduale diminuzione delle funzioni corporee, in cui si possono osservare intervalli crescenti fra i respiri, un polso debole e irregolare, una diminuzione della pressione ematica o cambiamenti del colore della cute. Il momento del decesso e l’assistenza dopo il decesso al defunto e alla sua famiglia hanno un ruolo importante nell’ambito della qualità delle cure. L’approccio del team rispetto al defunto e ai suoi familiari è molto importante. Gli infermieri possono o meno essere presenti al momento della morte del loro assistito. !53 Infermieristica medico-chirurgica: Bruner-Suddarth, volume I16

Subito dopo la morte alla famiglia si dovrebbe consentire di passare del tempo con il deceduto e i loro desideri di privacy dovrebbero essere soddisfatti. I bisogni della famiglia di rimanere con il de-ceduto, di aspettare l’arrivo degli altri familiari prima che il corpo sia spostato e di eseguire rituali post-mortem dovrebbero essere onorati. Dopo il decesso: •ridurre i rumori, suoni, ecc.; •avvisare il medico della struttura oppure il medico reperibile (in base all’ora dell’avvenuto deces-so); •avvisare il familiare, se non presente, oppure la Direzione nel caso che non si riesce a contattare il familiare; •avere la pazienza di rispondere a domande che possono sembrare strane e a richieste particolari; •non intervenire sulla salma prima della constatazione del decesso da parte del medico •non intrecciare le mani sul cuore come è tradizione del cattolicesimo, ma lasciarle lungo i fianchi; •importante è di ricordarsi che per prendersi cura della salma non significa solo lavarla, vestirla, ma che ci sono anche altri modi di prendersi cura (chiedere ai familiari o al capo spirituale); •gli oggetti di valore vengono conservati e restituite al famigliare; •dopo l’accertamento della morte (dopo 24 ore dal decesso), in caso della scelta per la cremazione, è necessario informare i familiari dell’opportunità di rimozione del dispositivo pace-maker, se il malato fosse portatore PM, o di altri dispositivi intracardiaci. !SORVEGLIANZA DELLA SALMA Secondo regolamento di polizia mortuaria D.P.R.10 settembre1990 n.285: Art.8 Nessun cadavere può essere chiuso in cassa, né essere sottoposto ad autopsia, a trattamenti conservati, a conservazione in celle frigorifere, ne essere inumato (seppellito), tumulato, cremato, prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, salvo i casi di decapitazione o di maciul-lamento e salvo quelli nei quali il medico necroscopo avrà accertato la morte anche mediante l’ausi-lio di elettrocardiografo, la cui registrazione deve avere una durata non inferiore a 20 minuti primi, fatte salve le disposizioni di cui alla legge 2 dicembre 1975, n.644 e successive modificazioni. Art.9 !54

Nei casi di morte improvvisa ed in quelli in cui si abbiano dubbi di morte apparente, l’osse-rvazione deve essere protratta fino a 48 ore, salvo che il medico necroscopo non accerti la morte nei modi previsti dall’art.8. Art.11 Durante il periodo di osservazione il corpo deve essere posto in condizioni tali che non osta-colino eventuali manifestazioni di vita (…) CAPO III Art. 12 (…) Durante il periodo di osservazione deve essere assicurata la sorveglianza anche ai fini del rilevamento di eventuali manifestazioni di vita. !CONCLUSIONI Per i malati in fase terminale di vita è necessario aiutare e sostenere le autonomie residue, è importante aiutare il nucleo familiare ad accettare la realtà. Il concetto di “prendersi cura” del paziente terminale nella sua totalità psico-fisica diventa un imperativo nel paziente anziano, nel quale accanto alla conoscenza degli aspetti biologici del tumore o un’altra malattia inguaribile occorre avere una approfondita conoscenza delle caratteristi-che proprie del paziente (sesso, stato civile, livello culturale, stato cognitivo), del contesto socio-familiare in cui vive ed infine del suo stato di salute o di malattia, che possono influenzare la sop-portazione delle cure palliative. Il lavoro di questa tesi aveva come obiettivo quello di trovare e analizzare gli strumenti e le strategie necessarie e più appropriate al fine di migliorare la qualità di vita del paziente nella fase finale della sua vita e ricercare le risorse sulle modalità di gestione delle diverse situazioni in modo da soddisfare i bisogni fisici e psico-spirituali del paziente. La carenza di conoscenza sulla morte ed il morire, comporta un incompleto svolgimento della professione infermieristica. L’equipe che cura il paziente terminale è chiamato a rivestire un ruolo di moderni terapeuti dell’anima, quasi di sacerdoti laici che offrono un sostituto di conforti religiosi per accompagnare il paziente al momento supremo. !55

Con il massimo impegno e con la massima competenza abbiamo i nostri limiti di operatori sanitari, che non potremo e non dovremo mai diventare “padroni” dei malati che si affidano a noi, ma sol-tanto servitori attenti e partecipi, sul confine della vita. Uno dei compiti molto importanti dell’infermiere, oltre la presa in carico del paziente terminale, è anche quello di prendere in considerazione e coinvolgere la famiglia. L’infermiere deve aver le co-noscenze di base di cosa sia e cosa rappresenti la famiglia, di trovare il modo più idoneo per empa-tizzare con loro. Molto spesso la famiglia viene messa in un secondo piano, però bisognerebbe ren-dersi conto di quanto questa sia importante per il paziente e diventi un elemento fondamentale per una buona cura. Una figura necessaria è quella dello Psicologo, con il quale il morente potrebbe affrontare la propria morte con tutte le difficoltà psicologiche in essa implicate e allo stesso tempo il personale infermieristico ne potrebbe trarre vantaggio disponendo in tal modo di un riferimento per una conti-nua formazione nell’esprimere al meglio le proprie emozioni e accettare i vissuti altrui. !!!!!!!!!!!!!!!!!! !56

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA !➢La dignità oltre la cura – Dalla palliazione dei sintomi alla dignità della persona – a cura di Gian Luigi Cetto. Editore Franco Angeli: pubblicazione 11/2009 ➢Cure Palliative- Approccio multidisciplinare alle malattie inguaribili – a cura di Giorgio Di Mola ,1993, editore Elsevier ➢Accompagnare il malato terminale – Maurice Abiven; Centro Scientifico Editore, pubblica-zione 2001 ➢Medicina e cure palliative in oncologia- Aspetti clinici, assistenziali e organizzativi – Seba-stiano Mercadante, Carla Ripamonti ; editore Elsevier, pubblicazione 2002 ➢Cancro: Curare i bisogni del malato; L’assistenza in fase avanzata di malattia – Gabriela Morasso ; editore Il Pensiero Scientifico, pubblicazione 1998 ➢Migliorare la qualità delle cure di fine vita – M. Costantini, C.Borreani, S.Grubich ; edito-re Centro Studi Erickson, pubblicazione 2010 ➢La comunicazione con il malato oncologico – A. De Santi, P.L.Morosini, S. Noviello ➢Misure di salute e di vita – D.Labbrozzi ; editore Erickson, pubblicazione 2008 ➢Manuale di medicina palliativa / La terapia dei sintomi nelle malattie in fase avanzata – C.F.B.Regnard, S.Tempest, F.Toscani ; CIS editore 2004 ➢Geriatria – Organo ufficiale della società italiana geriatri ospedalieri (S.I.G.Os.) – Rivista Bimestrale – Anno XXI n.3 Maggio/giungo 2009 ➢www.trecani.it ➢www.laborcare.it – Imparare a dirsi addio: il ruolo dell’infermiere nell’accompagnare la persona nella fase finale della vita
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