Primo Capitolo. Metacognizione E Lettura 1 [628648]
1 PRIMO CAPITOLO METACOGNIZIONE E COMPRENSIONE DEL TESTO La metacognizione, in quanto costrutto teorico, riferisce concettualmente alla psicologia cognitiva. Questa ultima, “concepisce la mente non come una recettore passivo delle informazioni che giungono dagli stimoli ambientali, ma come un elaboratore attivo che di continuo verifica la congruenza tra il proprio progetto comportamentale e le condizioni oggettive esistenti” (Galimberti, 2018, p. 238). Di conseguenza, la psicologia cognitiva, si occupa delle strutture e delle rappresentazioni implicate nella cognizione, dell’elaborazione dell’informazione e studia una ampia gamma di processi come l’attenzione, la percezione, la memoria e l’apprendimento. Addirittura, la psicologia cognitiva può essere concepita come lo studio della metacognizione (Nicoletti e Rumiati, 2011), dato che questo concetto riguarda la conoscenza più o meno consapevole del funzionamento della mente, dunque si può supporre che studiare i processi cognitivi significhi indagare lo sviluppo della metacognizione umana. Metacognizione e comprensione del testo sono in stretto rapporto. Da una parte, la metacognizione riferisce le conoscenze riguardanti le modalità di funzionamento dei processi cognitivi e pertanto la capacità di considerare il pensiero come l’oggetto dei propri pensieri (Eysenck, 1994); dall’altra parte, l’apprendimento visto dalla prospettiva cognitiva, è il risultato dell’elaborazione dell’informazione messa in atto tramite in insieme di processi cognitivi, metacognitivi ed emotivo-motivazionali, in modo particolare, la comprensione del testo è un processo attivo, costruttivo e dinamico in cui il lettore affronta il compito della lettura attraversi piani e strategie (De Beni, 2017). Tutte le riflessioni sul funzionamento della mente, e specificamente su “come funziona la mia mente”, sono manifestazione della metacognizione. Quando ci si trova di fronte al compito dello studio di un nuovo testo con diversi termini, nomi e date, e poi ci si riflette sulla migliore maniera di organizzare e pianificare il lavoro prima di iniziare, si sta facendo uso della capacità metacognitiva. Occorre menzionare che la metacognizione è un elemento multidimensionale che non si limita a un area specifica dell’apprendimento però.
2 In effetto, lo scopo di questo capitolo è evidenziare questo stretto rapporto fra metacognizione e comprensione del testo. Per raggiungerlo, il capitolo è diviso in due parti: nella prima parte si svilupperà il concetto metacognizione in quanto costrutto, partendo dalle concettualizzazione fatte per i principali teorici sull’argomento, inoltre arricchendo il discorso con le ricerche più recenti; nella seconda parte del capitolo, si affronterà la comprensione del testo, in quanto processo cognitivo, sottolineando le sue componenti metacognitive a partire da due modelli teorici di riferimento: Jacobs & Paris e A. L. Brown 1. Il costrutto teorico Il campo della metacognizione è molto eterogeneo, ha suscitato molto interesse sia a livello di ricerca teorica che di applicazione pratica; i diversi teorici hanno concettualizzato e classificato il dominio della metacognizione in modi diversi, tra le quale: Brokowiski e Turner (1990); A. L. Brown (1983); Chi (1987); Cornoldi (1995), Flavell (1971); Forrest-Pressley, MacKinnon e Walter (1985); Kluwe (1987); Kurtz (1990); Weinert e Kluwe (1987) Wellman (1985) e Yussen (1985). Al di là delle discrepanze o affinità che caratterizzano i vari modelli, nella metacognizione si possono riconoscono tre contenuti: la metaconoscenza, l’attività di regolazione e la loro integrazione. La teoria e la ricerca sulla metacognizione si sono sviluppate principalmente grazie al lavoro della psicologia cognitiva, a partire dallo studio sulla memoria nei bambini da parte dello psicologo J. H. Flavell negli anni 70’. I primi studi hanno riguardato la metamemoria in quanto interessati alle variabili che interagiscono nel determinare le prestazioni mnestiche. Flavell e suoi collaboratori fecero in maniera che, ad alcuni soggetti in età prescolare ed elementare furono date delle istruzioni affinché studiassero dei piccoli gruppi di stimoli finché fossero sicuri di ricordarli tutti. Pertanto, il fatto di avere delle conoscenze cerca la memoria, di saper riconoscere il funzionamento della propria memoria e di quella di un compagno, costituiscono un potenziale patrimonio di sapere perché permette di regolare conseguentemente il comportamento. Controllare e valutare la propria capacità attuale di
3 memoria è un esempio di metacognizione. Egli scrisse che, sono metacognitive tutte le conoscenze e i processi cognitivi coinvolti nella valutazione, nel monitoraggio e nel controllo della cognizione (Flavell, J. H., 1979). Partendo dagli studi di Flavell, Kluwe ha allargato il concetto di metacognizione aggiungendo, accanto al pensiero sul pensiero proprio e altrui, il controllo e la regolazione del corso del pensiero, parlando di metaconoscenza dichiarata nel primo caso e di metaconoscenza procedurale nel secondo. I processi che controllano e selezionano le strategie di soluzione e svolgimento delle attività, sono infatti chiamati “processi esecutivi” per Kluwe o “abilità metacognitive per Brown, o processi metacognitivi di controllo per Cornoldi (Mason, 2007); insomma i processi metacognitivi di controllo aiutano le persone a eseguire molti compiti cognitivi. Il termine metacognizione significa letteralmente “oltre la cognizione” e si riferisce alla distinzione tra i processi cognitivi di base che presiedono alle operazioni mentali (lettura, memoria, attenzione, comprensione, ecc.) ed il livello superiore in cui si collocano le conoscenze e la consapevolezza di tali processi: le informazioni di natura percettuale e concettuale vengono elaborate attraverso i processi cognitivi e questa elaborazione rappresenta l’oggetto della metacognizione (Cantoia, Carruba, e Colombo, 2004). Di conseguenza, la metacognizione che ha un significato generale, in relazione ai diversi tipi di processi in cui si esercitano la consapevolezza e controllo metacognitivo, viene sostituta per termini più specifici: meta-memoria, meta-comprensione, meta-attenzione, ecc. Insomma, la metacognizione riferisce l’insieme delle attività psichiche che presiedono al funzionamento cognitivo. È chiamata metacognizione perché il suo significato centrale è la “cognizione della cognizione”. Per cognizione riferisco “quei processi attraverso i quali lo stimolo sensoriale in entrata viene trasformato, semplificato, elaborato, immagazzinato, rievocato e usato” (Revlin, 2014, p. 10). In ogni processo cognitivo si possono distinguere le operazioni che rendono il processo possibile (ad esempio, nella lettura, il riconoscimento dei segni grafici, la loro eventuale transcodifica auditivo-articolatoria, l’accesso al lessico mentale, ecc.) e gli aspetti metacognitivi (rappresentati dalle conoscenze, valutazioni e decisione che portano il soggetto ad effettuare il processo in modo piuttosto che in un altro). C’è anche un aspetto più attivo che fa riferimento alla possibilità di attingere a ciò che si sa, o si presume si sapere, circa il modo di funzionale della mente, per controllare i propri processi di
4 pensiero. Da certa prospettiva, la metacognizione può essere considerata una aspetto generale della cognizione che riguarda ogni attività cognitiva: la comunicazione orale di informazioni, la comprensione orale, la comprensione della lettura, la scrittura, la percezione, l’attenzione, la memoria, la risoluzioni di problemi, ecc. La metacognizione è strettamente legata alla teoria della mente del bambino, in quanto entrambi concetti fanno riferimento al pensiero, ma la ricerca sulla teoria della mente si focalizza principalmente sui bambini più piccoli, in attività quotidiane spesso di natura socio-emotiva (Revlin, 2014). Entro i 5-6 anni d’età i bambini hanno già delle conoscenze metacognitive su alcuni funzioni della mente. Ad esempio, Flavell nelle sue ricerche, ha evidenziato che in questa fascia di età, i bambini sanno che è più facile apprendere concetti più familiari rispetto a quelli non familiari, oppure, loro sanno che elenchi brevi sono più facili d’imparare che elenchi più lunghi. Nonostante, rispetto ad altri aspetti, la sua metamemoria è ancora molto limitata. I bambini in età prescolare hanno un’opinione sopravalutata delle loro capacità mnemoniche, mano mano che i bambini percorrono la scuola elementare, in maniera progressiva sono in grado de valutare più realisticamente le loro capacità mnemoniche; entro gli 11-12 le loro capacità metacognitive migliorano considerevolmente. Invece, durante il periodo dell’adolescenza, avvengo importanti cambiamenti metacognitivi. Rispetto alle loro capacità durante l’infanzia, in questo periodo gli adolescenti hanno un’aumentata capacità di monitoraggio e gestione delle risorse cognitive per andare incontro con efficacia ai compiti di apprendimento (Santrock 2017), quindi le loro funzioni cognitive e prestazioni nell’apprendimento risultano più efficaci. In generale, gli adolescenti hanno una migliore capacità di comprensione delle strategie, cioè hanno la capacità di riconoscere la migliore strategia da utilizzare e il compito in cui utilizzarla a seconda della situazione d’apprendimento in cui si trovano. Alcuni esperti sostengono che tali differenze individuali di metacognizione emergono maggioritariamente nel periodo adolescenziale che nel periodo dell’infanzia (Kuhn, 2009), ma questo non vuol dire che già nel periodo dell’infanzia non si possano avviare degli interventi per il potenziamento sulla metacognizione, visto che anche nelle prime fasci di età i bambini possiedono delle conoscenze e credenze sul funzionamento della mente propria e altrui. Una parte della capacità metacognitiva, soprattutto negli adulti, avviene in maniera riflessa,
5 invece un’altra richiede un processo metacognitivo attivo, e in conseguenza, carico di intenzionalità. In sintesi, rispetto allo sviluppo della metacognizione, è essenziale sottolineare che le competenze cognitive in via di sviluppo più importanti per il pensiero critico sono le competenze metacognitive. La metacognizione si sviluppa molto precocemente. Infatti, i bambini della scuola dell’infanzia già dimostrano una conoscenza, seppur non sistematica, delle proprie attività cognitive, anche se sarà con lo sviluppo che impareranno a gestire le proprie risorse e a utilizzare meglio le proprie strategie. (Friso, Drusi, e Cornoldi 2018). Nonostante tutto questo, una parte degli studenti non sempre sviluppano sufficientemente la loro capacità metacognitiva, cioè la capacità di chiedersi come funziona la propria mente e come potrebbe funzionare meglio. La maggioranza dei teorici distingue fra due aspetti della metacognizione: la conoscenza metacognitiva e la regolazione metacognitiva. La conoscenza metacognitiva coincide con le informazioni che ogni persona ha in merito alla cognizione e ai fattori del compito o alle strategie di apprendimento che influiscono su di essa in generale e sulla sua in particolare. La regolazione metacognizione, invece, riguarda una serie di funzioni cognitive superiori: il monitoraggio, l’attenzione, la pianificazione e la rilevazione degli errori nella prestazione. La consapevolezza sulla metacognizione può essere utilizzata per il controllo delle attività cognitive; purtroppo, ciò che una persona sa delle proprie capacità non è sempre evidente. Nei seguenti sottocapitoli questi due elementi, conoscenze metacognitive e processi metacognitivi di controllo, verranno ancora approfonditi. 1.2 Le conoscenze metacognitive La conoscenza metacognitiva può essere definita come l’insieme di idee sviluppate da ciascun individuo sul funzionamento della mente, in generale e in particolare della propria. Essa può includere auto-valutazioni, strategie, nozioni, credenze, pensieri e percezioni, ovvero anche elementi di contenuto, cioè qualsiasi unità del sistema di conoscenza che è “immagazzinato” nella nostra memoria a lungo termine (Cornoldi, 2018, p. 112) . Ad esempio, nel confronto di un compito sulla memorizzazione di un elenco di dieci parole-concetti, ci si può chiedere come si può fare per ricordare il maggiore numero
6 di parole, quanto si stima di poter memorizzare, e l’auto-valutazione sulla più o meno capacità di memorizzazione. Quindi la conoscenza metacognitiva è l’insieme delle credenze e conoscenze accumulate tramite l’esperienza e immagazzinate nella memoria di lungo termine che riguardano la mente umana e i suoi atti. In effetto, la conoscenza metacognitiva si acquisisce, si sviluppa e si implicita in interrelazione con il comportamento cognitivo. Secondo Cornoldi (1995) le variabili che caratterizzano la metaconoscenza sono : la sua generalità (il livello gerarchico -subordinato o sovraordinato- di una conoscenza, dall’estrema specificità all’estensione attraverso i compiti), la gamma di applicazione (l’applicabilità della conoscenza, anche se di portata limitata), la facilità d’accesso (la frequenza con cui una certa conoscenza viene in mente), la sua vebalizzabilità (la possibilità di estrinsecare tramite parole un contenuto di conoscenza metacognitiva, soprattutto si è oggetto di trasmissione culturale), la modalità di acquisizione (l’essere oggetto di insegnamento o conquista spontanea), il livello di consapevolezza (la collocazione della conoscenza nei diversi piani di consapevolezza), la sua pregnanza emotiva (l’associazione di una conoscenza metacognitiva con un particolare stato emotivo che viene richiamato ogni volta in cui viene in mente quella conoscenza) , l’ampiezza delle interconnessioni (il collegamento di una conoscenza ad altre conoscenze sul funzionamento dell’attività mentale), coerenza interna ed esterna ( la congruenza o incongruenza che possono contrassegnare le conoscenze metacognitive), prerequisiti in informazioni (il patrimonio di conoscenza e capacità mentali che costituisce lo sfondo su cui operano le rappresentazioni cognitive), esperienze e strutture intellettive. Come altre conoscenze, quella metacognitiva è acquistata gradualmente ed è specifica per dominio. Schematicamente si può dire che la conoscenza metacognitiva viene acquistata attraverso noi stessi e attraverso gli altri. La conoscenza metacognitiva che avviane attraverso noi stessi, sorge sia in base alle esperienze che facciamo durante lo svolgimento dei nostri processi cognitivi, sia in base alla riorganizzazione cui progressivamente il sistema è sottoposto (Friso, Cornoldi, e Palladino, 2013). Di solito le persone sono coscienti dei prodotti della nostra attività cognitiva, ma non siamo coscienti dei processi -processi che si svolgono quando pensiamo-. Ma se un processo nuovo, poco
7 familiare o presenta elementi inattesi è prevedibile che di esso avremmo un’esperienza che potrà tradursi in conoscenza metacognitiva. Questi eventi provocano indubbiamente esperienze consapevoli che ci aiutano a sviluppare delle riflessione sul funzionamento della nostra mente. Tuttavia la conoscenze metacognitive avviene anche attraverso gli altri, sia per la concettualizzazione dei genitori e degli insegnanti da un lato, sia per le idee del bambino dall’altro. Le conoscenze metacognitive (Mason, 2007) si possono suddividere in tre macro-categorie: conoscenze sulla persona, sui compiti e sulle strategie. a) Conoscenze metacognitive sulla persona: sono conoscenze e credenze che si possono acquisire sulla persona, in quanto elaboratore cognitivo. Esse possono essere ulteriormente suddivise in: differenze nelle persone, fra le persone e sulle proprietà universali della cognizione umana. Come risultato, queste conoscenze metacognitive sono riferite a sé stessi in termini di capacità, limiti di memoria e modalità di elaborazione delle informazioni. a. Nella persona: ad esempio il sapere essere più preparato in un argomento rispetto ad un altro, oppure la convinzione che una persona sia più capace di imparare leggendo che ascoltando. b. Fra le persone: ad esempio la credenze che un compagno di classe sia più sensibili ai sentimenti degli altri, rispetto agli altri compagni. c. Proprietà universali della cognizione: sono le conoscenze e credenze che si è giunto a sapere o a credere sulla mente umana in generale. Ad esempio, conoscere che la memoria di breve termine ha una capacità limitata. b) Conoscenze metacognitive sui compiti: sono le conoscenze e le credenze in confronto con il compito, sia per la natura delle informazioni a cui si riferisce sia per la natura della richiesta del compito. a. Natura delle informazioni: conoscenze e credenze che si sono giunte tramite la esperienza di aver fatto compiti di natura simile. Ad esempio, la consapevolezza che una persona possiede sulla difficoltà e impegno che
8 richiede studiare un argomento complesso e poco familiare, rispetto ad un argomento più semplice o già conosciuto. b. Richiesta del compito: sono credenze e conoscenze che si sono giunte tramite la esperienza di aver fatto compiti di natura simili. Nonostante di lavorare con le stesse informazione, l’elaborazione di una mappa concettuale richiede più impegno che elaborare un riassunto. c) Conoscenze metacognitive sulle strategie: sono credenze e conoscenze sulla maggiore o minore efficacia dell’applicazione di alcuni mezzi o strategie per raggiungere l’obiettivo cognitivo. Ad esempio, di fronte al compito di memorizzare l’insieme di un certo numero di parole, si potrebbe dire che basta con ripetere diverse volte l’insieme della parole, oppure facendo uso di strategie più sofisticate come la memorizzazione per categorie di parole o creando un relato con esse. Quindi, l’individuo può essere indotto ad adottare una strategia piuttosto che altra dalla valutazione che fornisce del compito e dalla stima del modo ritenuto più idoneo, in quel contesto per affrontarlo. Secondo Cornoldi (2018), un altro fattore essenziale nella conoscenza metacognitiva sono le stime metacognitive, esse rappresentano metagiudizi sulle nostre conoscenze. Per le stime metacognitive risultano significativi gli elementi motivazionali, gli stili attributivi ed elementi emozionali. Rispetto a questo, Cornoldi utilizza il termino “atteggiamento metacognitivo per sottolineare come il nucleo basilare di conoscenza metacognitiva è più di un semplice normale insieme conoscenze, perché l’aspetto conoscitivo è legato in maniera stretta con quello emotivo e ha conseguenze significative sul comportamento di un individuo. Questo atteggiamento metacognitivo è il nucleo critico di una generale abilità metacognitiva. Per abilità cognitiva si intende l’insieme di conoscenze e tendenze di risposta stabili e innate che hanno particolare peso nel predire apprendimenti e comportamenti futuri. Specificamente gli elementi che influiscono le stime metacognitive son: a. Motivazione: essa costituisce un processo, o serie di processi di attivazione dell’organismo, finalizzato alla realizzazione di un dato scopo in relazione
9 alle condizioni ambientali (Samir, 2016). La motivazione è strettamente legata alla rappresentazione di sé. Una importante rappresentazione di sé è la percezione di competenza, cioè il “sentirsi capace” che si ricollega al saper fare e quindi alla conoscenza di strategie e alla pratica pregressa con il compito. Sentirsi capaci di affrontare un compito costituisce una forte spinta motivazionale. La percezione di competenza è in relazione con il senso di autoefficacia. L’autoefficacia si intende la percezione soggettiva, espressa prima della realizzazione del compito, di riuscire ad affrontare e a controllare la situazione con successo. b. Stili attributivi: di fronte a qualsiasi risultato positivo o negativo viene naturale chiedersene le ragioni. Le attribuzioni sono i processi tramite i quali gli individui interpretano le cause degli eventi, delle azioni, e dei fatti che si verificano nel loro ambiente(De Beni, 2007) Nella metacognizione hanno un ruolo significativo, perché le attribuzioni possono essere considerate come il risultato di decisioni che l’individuo mette in atto spontaneamente per capire chi o che cosa è responsabile degli eventi che accadono. Questa riflessione metacognitiva attinge a una serie di valutazioni di stabilità, costanza, specificità che portano a individuare ragioni interne o esterne a sé, più meno controllabili e stabili. Secondo Weiner, col tempo tali riflessioni diventano uno “stile attributivo”, cioè tendenze ad applicare lo stesso modello in una pluralità di situazioni. c. Emozioni: le emozioni dipendono dalla percezione di controllo e dal valore assegnato al compito. Percepire il controllo significa sentire di essere capace, sapere come fare e riconoscere che il buon risultato dipende sa sé. Invece, il valore si riferisce al significato e all’importanza data al compito o alla situazione. Secondo Pekrun (2006), le due dimensioni sono in relazione moltiplicativa per cui si accrescono vicendevolmente e sono necessarie entrambe per cogliere la sfumatura emotiva. Di conseguenza ne influisce significativamente negli aspetti motivazionali e attributivi.
10 1.1 I processi di controllo C’è una stretta interconnessione tra conoscenza metacognitiva e processi di controllo. I processi di controllo rappresentano il secondo nucleo della metacognizione, in quanto capacità di riscostruire i propri processi mentali. Nel momento in cui alle conoscenze fa riscontro un buon livello di consapevolezza, si può iniziare a regolare il proprio lavoro mentale intervenendo a vari livelli sui processi che vengono messi in atto. Ecco perché, per processi di controllo, si intende l’insieme dei processi autoregolativi adottati per verificare la corretta applicazione e l’efficacia di una attività o strategia, eventualmente decidendo un cambiamento del proprio agire per la risoluzione del compito (Cornoldi, 2018). A seguito, i processi metacognitivi di controllo includono una riflessione metacognitiva associata a un determinato processo di controllo. I processi di controllo costituiscono l’ingrediente essenziale del funzionamento psicologico e hanno una valenza adattiva positiva. Secondo A. L. Brown (1983) le attività di controllo relative ai processi cognitivi hanno un ruolo significativo in quanto, aiutano al soggetto a rendersi contro dell’esistenza di un problema, a essere in grado di predire la prestazione, pianificare l’attività cognitiva, conoscendo l’efficacia delle azioni programmate e a registrare e guidare l’attività cognitiva in relazione all’obiettivo posto. L’interesse per i processi di controllo in psicologica cognitiva risale all’epoca della cibernetica, legata per l’appunto alla centralità delle concezioni di controllo nelle macchine e nei sistemi viventi. Per questo motivo, l’esistenza di meccanismi di controllo è stata riproposta in seguito nell’ambito della psicologica cognitiva a più livelli. Diversi modelli, soprattutto modelli ad organizzazione gerarchica, hanno evidenziato che i meccanismi di controllo avrebbero il compito di attivare, mantenere o interrompere un’attività in corso. In riferimento all’apprendimento esplicito, cioè quello caratterizzato da processi attivati di apprendimento in cui gli individui attivano delle strategie per lo più consapevoli e volontari per individuare ed estrarre la struttura di una qualche informazione presentata, i processi di controllo rappresentano processi di pensiero di ordine superiore che svolgono la funzione di controllo degli altri processi cognitivi coinvolti nell’apprendimento (Brown 1983). Inconseguenza, quando gli individui affrontano un qualche compito possono svolgere un
11 certo numero di attività metacognitive come, pianificare come affrontare un compito in cui è richiesto l’apprendimento, il controllo della comprensione e la valutazione dell’approssimazione al completamento di un compito. Particolarmente, i processi di controllo hanno un ruolo centrale per rendere più efficiente l’attività d’apprendimento, la loro comprensione, in conseguenza, diventa molto importante per capire come i soggetti possono applicare meglio le loro risorse cognitive necessarie nel controllo metacognitive. La conoscenza di questi processi è in stretto rapporto con le conoscenze metacognitive che i soggetti hanno dei propri processi cognitivi; possiamo distinguere, quindi processi di controllo prima, durante e dopo l’esecuzione di un compito (Mason, 2007): a) Previsione: i processi di previsione rappresentano un settore di studio che più di altri può aiutare a capire quale sia il rapporto tra conoscenza consapevole di tipo metacognitivo e contenuto e processi di conoscenza. Questo processo di controllo dà la possibilità al soggetto di formulare previsione sull’andamento di un’attività o sui suoi risultati. La previsione, che implica la capacità di prefigurare atti cognitivi che non si sono ancora verificati, risulta in genere difficile per i soggetti più giovani, i quali tendono a sovrastimare, ad esempio, i possibili risultati della loro attività di memorizzazione La predizione si differenzia a seconda che avvenga durante la fase di acquisizione, di mantenimento o di recupero dell’informazione, e a seconda che sia relativa alla prestazione globale o alla prestazione per singoli aspetti del compito che dobbiamo affrontare (Cornoldi, 1995). Essa in qualche modo influenza l’andamento dei processi cognitivi stessi. Si può iniziare un’attività con una certa previsione, sia di successo che di insuccesso, e poi modificare progressivamente la nostra opinione nel corso del suo svolgimento. La capacità di predire l’apprendimento di un certo materiale e la prestazione è un aspetto interessante nella memoria umana perché costituisce un aspetto osservabile del processo di controllo relativo alla propria attività cognitiva. Essa permette di capire se la predizione si basa sulle caratteristiche del compito o sull’inferenza derivata da conoscenze relative alla propria attività, e dunque studiare in che modo e misura il risultato del processo
12 di controllo raggiunga il livello della consapevolezza, capendo la minore o maggiore accuratezza della predizione e l’influenza che la conoscenza metacognitiva esercita sui processi di controllo. b) Pianificazione: i processi di pianificazione riferiscono la abilità di stabilire un piano di azione per affrontare un determinato compito, sempre in rapporto con le previsione fatte di esso. Concretamente, riguarda la capacità di organizzare tutte le azioni che conducono all’obiettivo da raggiungere, stabilendo un piano. c) Monitoraggio: i processi di controllo riferiscono l’abilità di verificare l’andamento della propria attività cognitiva durante il suo svolgimento e di mettere in atto delle strategie adatte a seconda delle attività specifiche, quindi si tratta di un controllo on line. In conseguenza, se durante il monitoraggio progressivo di un’attività cognitiva, ci si rende conto che non si sta procedendo come necessario per raggiungere l’obiettivo previsto, bisogna scegliere un’altra strategia e modularne l’uso, dimostrando capacità di autoregolazione. d) Valutazione: i processi di valutazione riferisce la capacità di valutare la qualità e la correttezza del compito cognitivo in termini di risultati, cioè dopo l’esecuzione della prestazione. Quindi, riguarda l’abilità di valutare l’uso di una determinata strategia nella sua globalità e non fase per fase come nel caso del monitoraggio, in questo senso, ha un carattere conclusivo. Finora, la metacognizione è stata descritta come un costrutto multidimensionale, che riguarda tutti i processi cognitivi. Nella sua complessità è stata organizzata in diversi modelli teorici di riferimento. Visto che tutti i modelli hanno delle limitazioni, per scelta metodologica, la sua descrizione in questo prima parte del capito è avvenuta secondo la concordanza della maggioranza dei teorici che ne hanno parlato, senza riferire uno in specifico; in maniera di descrivere il costrutto teorico in maniera più accurata. In questo senso, un modello che riesce a integrare siano le conoscenze metacognitive, i processi di
13 controllo, insieme alle componenti motivazioni e affettivi della metacognizione è quello di Borkowski e Muthukrishna (2011).
Figura 1. Componenti cognitive, motivazionali e i autostima della metacognizione: modello di Borkowski e Muthukrishna Questo modello considera la metacognizione come un sistema complesso formato da molte componenti: cognitiva, metacognitiva-strategica, motivazionale-attributiva ed emotiva. Esso sottolinea la relazione tra questi componenti, con un ruolo centrale l’uso delle strategie, e di conseguenza enfasi sul ruolo dell’istruzione. Il modello multicomponenziale della metacognizione sarà ancora approfondito es sviluppato nell’ultimo capito come proposta di intervento didattico.
14 1.1. Metacognizione e comprensione del testo: processi metacognitivi implicati nella comprensione della lettura. La maggioranza delle attività cognitive dipendono infatti da fattori metacognitivi, che le monitorano e controllano. In altre parole, la metacognizione si manifesta sia nella conoscenza dei procedimenti di cui la mente fa uso, sia nella capacità di controllare la esecuzione del compito (Cornoldi e Zaccaria, 2017). Nel caso della lettura, il suo scopo principale è quello della comprensione. Questo processo di comprensione consente di arrivare al significato della lettura, per raggiungerlo, è necessaria l’applicazione di un insieme specifico di sottoabilità, perfettamente funzionanti e fra loro sincronizzate. I processi che guidano la lettura vengono automatizzati nel lettore maturo; tuttavia possono diventare nuovamente consapevoli nell’incontro di un testo difficile oppure nel caso di un fallimento nella comprensione. Durante la lettura, diversi processi si svolgono in maniera parallela: le informazioni provenienti dai singoli livelli di elaborazione collaborano contemporaneamente alla costruzione del significato, in maniera che, un lettore esperto è in grado di utilizzare contemporaneamente, informazioni di tipo lessicale, sintattico, semantico e le elabora per arrivare al significato più probabile del testo. Dall’approccio cognitivista, in una prima definizione, “la comprensione viene intesa come un processo dinamico di interazione tra le informazione nuove fornite dal testo e le conoscenze presente nella mente del lettore” (De Beni, Carretti, e Cisotto, 2015). Il processo di comprensione sarà di conseguenza il risultato dell’influenze variabili inerenti al testo e delle variabili apportate dal lettore. a) Caratteristiche del testo: La comprensione di un testo richiede un’elaborazione complessa, è necessario capire i collegamenti tra le frasi (congiunzioni, avversative, nessi causali, ecc.) quando sono presenti e inferirli quando sono impliciti(De Beni et al., 2015). Ancora, a un livello superiore, il lettore bisogna individuare l’organizzazione delle parti del testo, cioè la sua struttura. Essa
15 può variare a seconda del tipo di testo. Un testo può essere più o meno comprensibile a seconda della presenza di un serie di difficoltà e livelli. a. Livello lessicale: dal punto di vista lessicale il testo può presentare una maggiore o minore difficoltà, a seconda delle caratteristiche e della frequenza delle parole usate. Anche la difficoltà di un parola dipende da alcuni fattori come il numero di componenti semantiche che la distinguono e la sua frequenza. Il numero di componenti influisce sulla comprensibilità; in effetti, parole con molte componenti risultano più difficile da comprendere (ad esempio uomo: maschio, adulto, umano). L’altro fattore determinante è la frequenza di comparsa della parola all’interno del lessico, testi comporti da parole poco frequenti saranno oggettivamente più difficili rispetto a testi comporti da parole frequenti. b. Livello sintattico: dal punto di vista della complessità delle frasi nel testo. In questo livello la difficoltà deriva da una dissonanza tra la struttura della frase e le strategie messe in atto dal lettore per la sua comprensione. Ad esempio, «Marco fa la doccia dopo giocare calcio» e «Dopo giocare calcio Marco fa la doccia», in questo caso la minore o maggiore difficoltà dipende dal rispetto dell’ordine temporale degli eventi. Un ulteriore fattore di difficoltà a livello sintattico deriva dalla presenza di frasi che esprimono una relazione avversativa. Ad esempio, la congiunzione sebbene è compresa più tardi della casuale perché o della temporale dopo. Un altro esempio, ai bambini piccoli risulta più complesso comprende frasi passive che attive, perché in contradizione con la sequenza tradizionale della frase nome-verbo-nome corrisponde una sequenza di tipo attore-azione-oggetto. c. Livello brano: dal punto di vista dell’esplicitazione dei legami logici tra le frasi, cioè dal punto di vista della complessità derivata dalla coerenza testuale delle sue singole parti (coerenza locale). Più un modello è coerente, più il lettore è in grado di elaborare un adeguato modello cognitivo del suo significato. La maggiore o minore difficoltà deriva dai tipi di legami semplici che collegano i concetti all’interno delle frasi o tra frasi adiacenti.
16 d. Livello di struttura: dal punto di vista della complessità derivata dalla coerenza testuale nel suo insieme (coerenza globale). Essa dipende dalla struttura del testo considerata nella sua interezza e unitarietà. Alcuni schemi concettuali generali, all’interno dei quali è possibile inserire contenuti specifici, risultano particolarmente facilitanti rispetto alla comprensione. Un altro fattore che influisce la coerenza globale è il contenuto, che influisce significativamente sulla memorizzazione e l’apprendimento di testi. Testi coesi e con informazioni esplicite aiutano il lettore a costruire un modello coerente di interpretazione del testo, mentre il dover rileggere per creare dei legami, il ricercare in memoria e il produrre inferenze circa possibili connessioni porta a sprecare energie cognitive importanti per l’elaborazione (De Beni et al. 2015). Altre caratteristiche che rendono un testo più o meno difficile sono la presenza di immagini illustrative, esempi esplicativi e domande all’interiore de testo che permettano di ricuperare le conoscenze che già possiede sul contenuto del testo. b) Il ruolo de lettore Al dei là delle caratteristiche più o meno positive del testo, il lettore è sempre l’agente principale che interviene nel processo di comprensione con tutte le variabili a lui inerenti. Questi riguardano le sue conoscenze preesistenti, la sue caratteristiche inerenti e la consapevolezza che il soggetto possiede delle proprie conoscenze sulla lettura e di come intervie su di esse con opportune strategie. a. Conoscenze precedenti e schemi mentali: Le caratteristiche che fanno di una persona un lettore efficace riguardano, principalmente, le sue conoscenze precedenti, quindi i lettori che conoscono il contenuto del testo che stanno leggendo si trovano in vantaggio nella comprensione rispetto ai lettori cui mancano queste conoscenze. Per questo motivo, l’essere esperto in una determinata disciplina facilita la comprensione e l’acquisizione di nuove informazioni in quel campo. Per chiarire il modo in cui le conoscenze pregresse
17 favoriscono la comprensione è utile richiamare il concetto di Bartlett (1932) di schema. Questo concetto riferisce che le informazioni dell’esperienza vissuta non vengono immagazzinati così come sono state incontrate, ma sono sottoposte a una rielaborazione, che le organizza tramite schemi; ulteriormente gli schemi formano una struttura in cui le conoscenze sono organizzate e in relazione fra loro, la cui natura è astratta. Tramite la ripetizione di esperienze simili di cui si è possibili estrare delle caratteristiche comuni si formano gli schemi. Quindi l’attivazione dello schema formato avviene in maniera per lo più inconsapevole, in modo tal, che la comprensione può essere definita come la costruzione o l’attivazione di schemi adeguati. Ecco perché un deficit di comprensione può essere imputato alla mancanza di schemi adeguati, all’impossibilità di attivare gli schemi utili o all’attivazione di uno schema errato (De Beni et al. 2015). b. Caratteristiche inerenti del soggetto: per la corretta comprensione del testo da parte dei lettori esperti, gioca un ruolo importante, la capacità di mettere in relazione le informazioni presenti nel testo con le informazioni già presente in memoria a lungo termine. Anzitutto, perché essa gli aiuta a ricordare meglio il testo, permettendogli anche di comprendere le adeguate inferenze in momenti di difficoltà. Il funzionamento delle sottoabilità che sostengono alla lettura è una caratteristica importante per il lettore, cioè della memoria a breve termine, della sua memoria di lavoro, della memoria a lungo termine e dei suoi sistemi sensoriali. Per ultimo, l’atteggiamento attivo o passivo nei confronti del compito è una variabile decisiva, in quanto che, data la peculiarità del linguaggio scritto di essere sempre disponibile, sta alla scrupolosità del lettore, nel momento di un fallimento nella comprensione, scegliere di ritornare a rileggere il passaggio poco chiaro, di soffermarsi su alcune parti piuttosto che altre o di scorre velocemente il testo per riannodare le fila del discorso. c. La conoscenza e l’utilizzazione di conoscenze metacognitive: il lettore per arrivare alla comprensione del testo deve essere in grado di controllare il processo di comprensione e di sospendere la lettura in caso di mancata comprensione,
18 mettere in atto strategie più adeguate e ritornare a capire e saper utilizzare le potenzialità offerte dal testo per raggiungere la comprensione. In conclusione, la comprensione potrebbe essere definita come la costruzione della rappresentazione mentale del testo, all’interno della struttura conoscitiva preesiste nel lettore, originata nell’integrazione delle caratteristiche del testo e le caratteristiche del lettore. In conseguenza, soggetti diversi possono avere rappresentazioni mentali diverse dello stesso brano. Nei seguenti sottotitoli, verrà ancor più esplicitato gli elementi metacognitive della comprensione de testo. 1.1.1. La metacomprensione in Jacobs e Paris Come si è descritto nella prima parte del capitolo il termine di metacognizione, che ha un significato generale, quando è riferito ad un processo cognitivo specifico viene sostituito per un altro. Di conseguenza, il concetto di metacomprensione fa riferimento a “quel settore della metacognizione che si riferisce alla comprensione linguistica e in particolare alla comprensione del testo scritto” (De Beni et al., 2015, p. 60). Lo studio della metacomprensione ha contribuito a un’analisi più approfondita e completa del compito di comprensione, in modo che, ha ipotizzato utili spiegazioni delle differenze individuali nelle prestazioni di lettura. Il modello da Jacobs e Paris (1987) distingue all’interno della metacognizione, due ampie categorie, ognuna delle quali presenta al suo interno un’ulteriore tripartizione. La prima categoria viene individuata come autovalutazione della conoscenza e comprende la capacità dell’individuo di verificare se possiede, e in quale misura, le conoscenze adeguate riguardo al compito dato. La seconda categoria viene indicata come autogestione del pensiero o funzione esecutiva che riguarda gli aspetti più dinamici dell’attività di comprensione. La prima categoria, autovalutazione delle conoscenze, comprende tre elementi metacognitivi: conoscenze di tipo dichiarativo, procedurale e condizionale.
19 a. Le conoscenze dichiarative riferiscono una conoscenza esplicita di eventi, fatti, teorie; un esempio di conoscenza dichiarativa è il rendersi conto che la familiarità del contenuto di un brano facilita la comprensione, oppure che la rilettura del testo ne favorisce la comprensione. b. Le conoscenze procedurali riferiscono, dall’altra parte, la consapevolezza di come mettere in atto alcuni processi di pensiero: sottolineare, riassumere, trovare le informazioni rilevanti. c. Le conoscenze condizionali, invece, riferiscono quelle conoscenze che consentono di indicare in quali condizioni l’apprendimento viene facilitato, quando va usata una strategia e i le occasioni in cui si rivela efficace. La seconda categoria, l’autogestione del pensiero, comprende tre gruppi di processi metacognitivi: abilità di programmazione, valutazione e controllo del compito. a. La programmazione viene definita come la capacità di scegliere le strategie adatte agli scopi da raggiungere. Ad esempio, la capacità del lettore metacognitivamente maturo, di modificare il suo ritmo di lettura e il livello di comprensione in base al fine proposto con la sua lettura. b. La valutazione del compito avviene, nel caso della lettura, sia mediante l’utilizzo di domande, l’esercizio della parafrasi o il riassunto del testo, sia nell’analisi delle capacità personali integrata all’analisi della difficoltà del testo. La corretta valutazione colloca le basi necessari per un corretto processo di controllo. c. Il processo di controllo consiste nella capacità di sostituire con altre le strategie inadeguate e di riprogrammare di volta in volta lo svolgimento del compito, dopo aver verificato il raggiungimento o meno degli scopi; occorre precisare che, l’ultimo processo dell’autogestione del pensiero, è strettamente conseguente ai primi due processi: la programmazione e la valutazione. Il processo di controllo, quindi, si tratta di un’attività adattiva e flessiva, in grado di generare un numero sufficiente di programmi alternativi per l’esecuzione del compito, e di sceglierne il più adatto. Come si è noto dalla denominazione e descrizione di queste due categorie, il modello di metacomprensione proposto per Jacobs e Paris, corrisponde grosso modo a livello di
20 struttura, con la classica distinzione delle componenti della metacognizione: conoscenze metacognitive e processi metacognitivi di controllo. 1.2.2 Il modello tetraedrico della metacomprensione di Anna Brown Il modello della metacomprensione di Brown (1980), nel suo appellativo tetraedrico, riferisce le quattro componenti che, nella loro integrazione, influenzano la comprensione della lettura, in quanto prestazione: 1. Sensibilità al testo: è l’insieme delle conoscenze sulle caratteristiche di un testo, quindi intesa come: valutare la difficoltà del testo negli aspetti grammaticali, sintattici e semantici; individuare le informazioni rilevanti e distinguere tra contenuti essenziali e insignificanti; cogliere le costrizioni date dal contesto, utilizzandole ai fini di una migliore comprensione; riconoscere la particolare struttura del testo e individuandole ai fini di una migliore comprensione. Insomma, essa è l’insieme delle conoscenze che permettono di individuare le caratteristiche del testo e che in qualche maniera influenzano sul processo di comprensione. La sensibilità al testo è un elemento significativo, in quanto che numerose ricerche riportate in Brown, indicano che i lettori poco esperti incontrano difficoltà nell’individuare: la differenza tra testi facili e difficili; i contenuti importanti e marginali, le costrizioni testuali; la struttura del testo, anomalie ed errori presenti nel testo. Infatti, la sensibilità alla difficoltà del testo cresce con l’età e con il livello di istruzione, perciò diversi elementi come cogliere gli errori grammaticali o sintattici in un testo e l’abilità di distinguere l’importanza relativa dei contenuti di un testo è fortemente dipendente dall’età. 2. Compito: riguarda l’oggetto del compito, cioè le conoscenze specifiche sul compito quali il sapere che lo scopo principalmente della lettura consiste nella comprensione del testo. Questa acquisizione fondamentale non è bene acquistata per i lettori cattivi o principianti, che generalmente risultano concentrati sugli aspetti decifrativi della lettura a scapito della ricerca di un significato. Questo è collegato con l’idea che la
21 lettura non è un’attività unitaria, ma che varia notevolmente in base al tipo richieste e agli scopi: lettura per ricreazione, lettura per studio, ricerca di informazioni, ecc. 3. Strategie: riguarda le diverse strategie da utilizzare nella lettura e applicabili al fine di aiutare a una migliore comprensione. I lettori maturi sono consapevoli che per compiti diversi è possibile fare riferimento a differenti criteri di comprensione e di conseguenza è corretto attivare specifiche strategie di lettura idonee al fine da perseguire. La conoscenza di strategie comprende, siano le diverse strategie di lettura come la scorsa rapida del testo, la lettura analitica e la lettura selettiva, siano le strategie messe in atto per mantenere il controllo della comprensione, come sottolineare, prendere appunti, rileggere. 4. Caratteristiche individuali: le conoscenze che il lettore ha su sé sesso riguardo le sue reali capacità e il suo stile cognitivo, il background di conoscenze, la motivazione, i deficit. I lettori maturi possiedo alcune acquisizioni di base sul funzionamento della loro memoria e sono consapevoli dell’importanza di attivare le precedenti conoscenze per una migliore comprensione del testo. L’insieme delle diverse conoscenze viene utilizzato, pianificato e integrato grazie a una costante attività di coordinamento e di controllo, che permette di cogliere errori o cadute di comprensione e di approntare le strategie adeguate al tipo di compito e alle risoluzioni di difficoltà incontrate nella comprensione del testo (De Beni e Pazzaglia 1995). Questi aspetti acquisiscono una particolare rilevanza nell’analisi di soggetti con particolari deficit di comprensione, discriminando tra buoni e cattivi lettore alle prime fasi ed esperti. In questo modello di metacomprensione, la conoscenza metacognitiva è stabilmente a disposizione del soggetto, invece i processi di controllo, che integrano e pianificano questa conoscenza, dipendono da alcune variabili, quali la difficoltà del compito o il livello individuale di motivazione (Albanese, Duodin, e Martin 2011). Di conseguenza, oltre le componenti metacognitive coinvolte nella comprensione del testo scritto, siano gli stili
22 attributivi, siano le componenti motivazionali e affettive, incidono significativamente nella comprensione in quanto processo cognitivo. In conclusione, dalla prima formulazione all’attuale complessa articolazione sulla metacognizione, si è sempre assunto che le sue componenti costituissero dei percorsi per una grande varietà di prestazioni cognitive. La funzione cognitiva più studiata nell’analisi tra metacognizione e cognizione è stata la memoria ma le considerazioni che ne derivano possono essere applicate ad altre funzioni cognitive. Specificamente, riguardo all’obiettivo si questo capitolo, la metacognizione ha contribuito all’approfondimento della comprensione del testo scritto. Rispetto alla metacognizione come costrutto teorico, si deve dire che la conoscenza metacognitiva dei processi della mente e delle auto-percezioni di sé come soggetto che apprende può essere l’obiettivo di interventi didattici a promuovere la capacità di conoscersi, auto-valutarsi e affrontare positivamente eventuali difficoltà e insuccessi. Infatti, essa ha portato nuovi chiavi interpretative allo studio della lettura matura e ha offerto stimolanti indicazioni nel campo dei disturbi e difficoltà d’apprendimento e dei relativi metodi di intervento; questo sarà l’oggetto del seguenti capitolo in riferimento alla comprensione del testo.
23 BIBLIOGRAFIA Albanese, O., P. A. Duodin, e D. (a cura di) Martin. (2011). Metacognizione ed educazione. Milano: Franco Angeli. Borkowski, Jonh G. e Nithi Muthukrishna. (2011). Didattica Metacognitiva. Come insegnare strategie efficaci di apprendimento. Trento: Erickson. Brown, A. L. (1980). «Metacognitive development and reading». In R. J. Sprito B. C Bruce e W. F. Brewer (a cura), Theoretical issue in reading comprehension.Hillsdale, Erlbaum. Brown, A. L. (1983). «Learning, remembering, and understanding». In J. H. Flavell e E. M. Markman (a cura), Carmichael’s handbook of child psychology, vol. 3, New York, Willey. Cantoia, Manuela, Letizia Carruba, e Barbara Colombo. (2004). Apprende con stile. Metacognizione e strategie cognitive. Roma: Carocci Faber. Cornoldi, Cesare. (1995). Metacognizione e apprendimento. Bologna: Il mulino. Cornoldi, Cesare. (2018). Processi cognitivi, motivazione e apprendimento. Bologna: Il mulino. Cornoldi, Cesare e Sara Zaccaria. (2017). In classe ho un bambino che… Firenze: Giunti. De Beni, Rossana. (2007). Psicologia cognitiva dell’apprendimento: aspetti teorici e applicazioni. Trento: Erickson. De Beni, Rossana, Barbara Carretti, e Lerida Cisotto. (2015). Psicologia della lettura e della scrittura: l’insegnamento e la riabilitazione. Trento: Centro studi Erickson. De Beni, Rossana e Francesca Pazzaglia. (1995). La comprensione del testo. Modelli teorici e programmi di intervento. Torino: Utet. Emad Samir Anis, Matta. (2016). Educare motivando: stimolare le motivazioni e la disponibilità ad apprendere. Roma: LAS. Eysenck, Michael W. (1994). Dizionario di psicologia cognitiva. Roma; Bari: Laterza. Flavell, J. H. (1979). «Metacognition and cognitive monitoring. A new are of psicological inquiry», American Psycologist, n. 34, pp. 906–911. Friso, Gianna, Cesare Cornoldi, e Paola Palladino. (2013). Avviamento alla metacognizione:
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