Bontempelli E Il Novecento

CAPITOLO PRIMO

Bontempelli e Il Novecento

Il Novecento è stato una fabbrica di nuove tendenze, stili e grandi personalità letterarie. Tra gli scrittori che hanno avuto il coraggio di mettere le basi dei nuovi programmi letterari per riformare la loro età in un periodo di programmi letterari radicali, di grande aggressività attuale, è stato Massimo Bontempelli, uno degli scrittori che è riuscito a consolidare la sua posizione estetica e ideologica nello specifico letterario dell’epoca, che viene ben delineato con le parole di Fulvia A. Namer che colloca Bontempelli in quest’amalgama letterario del Novecento:

Dopo il 1918 è cominciata la terza era di civiltà dell’umanità; essa che nel 1926, è quasi ancora all’inizio del suo fiorire, è l’epoca contraddistinta, da una specie di immaginazione costruttiva giunta finalmente al potere. E’ però l’epoca dell’azione per l’azione gratuita, dell’eroe che non si contempla, che non viene ripiegato su sé stesso, ma che costruisce, come un architetto prodigioso il proprio spazio e il proprio tempo. Quest’uomo nuovo ed energico (…) fiorisce dopo che due correnti di civiltà hanno segnato la fine del Romanticismo il quale si era sostituito al Classicismo ai tempi di Cristo.

Bontempelli appare in un secolo dominato da tentativi di rinnovare il campo artistico, non soltanto in Italia, ma in tutta l’Europa, che è stata marcata da un periodo di instabilità sociale, politica ed economica, generata dalle Guerre mondiali, dalla dominazione dei regimi politici totalitari in l’Europa, dalla grande crisi economica del 1929. All’inizio del XX-o secolo, l’Europa si trova di fronte a grandi scoperte in tutti i campi; è il periodo in cui Sigmund Freud mette le basi della psicoanalisi, Albert Einstein formula le sue teorie sulla relatività, si sviluppa l’avanguardia in tutti i settori artistici, appare la teoria dell’esistenzialismo nella filosofia, si fanno grandi scoperte tecniche, come la radio, la televisione e l’uso dell’elettricità per l’illuminazione che non sono rimaste senza echi in Italia. Ristringendo il quadro e parlando del campo che ci interessa in questa tesi, la letteratura del Novecento adotta questo clima di vulnerabilità ed è ambientata nel contesto del crollo delle certezze dell’Ottocento. In questo ambito, nascono i grandi scrittori: francesi – Proust, Gide, Malraux, Céline, Sartre, Camus e André Bréton, che è l’iniziatore del surrealismo in Francia, inglesi – Shaw, Becket e Joyce, rumeni – Eugen Ionescu e italiani – Svevo e Pirandello. Il genere del Novecento è per eccellenza, il romanzo e i critici parlano anche di un’altra sfaccettatura del realismo e dello sviluppo del metaromanzo. In questo senso, Vita Giordani parlava “dell’impossibilità di creare opere letterarie secondo le convinzioni tradizionali del romanzo realista, ossia di un rappresentazione mimetica del mondo reale” e riprende il concetto di “riflessività” di Roland Barthes, che parla di un romanzo che non è più la copia fedele della realtà, ma del romanzo come copia di sé stesso.

La personalità e l’importanza di Bontempelli per la letteratura italiana è stata riassunta da Giovanni Artieri in parole suggestive:

Tra le due guerre la letteratura italiana brillò del nome di Massimo Bontempelli e di quello di Pirandello. Già cinquantenne, Massimo rappresentò per la nostra generazione di giovani, la vera giovinezza; cioè la speranza nella gloria letteraria. […] Bontempelli vedeva l'esistenza di un mistero, di una «magia» anche nella più umile e borghese contingenza.

Nato nel 1878 a Como, il giovane Massimo Bontempelli è costretto a viaggiare spesso con suo padre, che faceva l’ingegnere delle Ferrovie dello Stato e che si trasferiva con la famiglia di città in città. Uno dei primi passi nella vita umanistica è proprio il suo percorso al liceo classico, Parini, di Milano, dove ha come insegnante di Lettere, lo scrittore e critico letterario romagnolo, Alfredo Panzini. Si può dire senza dubbio di Bontempelli che sia stato un vero e proprio uomo di lettere; tutti gli studi li fa nell’ambito umanistico: frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino, laureandosi nel 1902 in Filosofia con una tesi sul libero arbitrio e poi in Lettere con una ricerca sulle origini dell'endecasillabo, raggiungendo a padroneggiare anche una grande cultura greca e latina. Diventa per un breve periodo insegnante nella scuola secondaria, ma ci rinuncia nel 1910 e si stabilisce a Firenze, dove comincia ad essere attivo come giornalista. Nella sua attività intensa di giornalista, ricordiamo testate come Le Cronache letterarie (settimanale), Il Nuovo Giornale, Il Fieramosca e Il Corriere della Sera.

Nel 1924 si stabilisce a Roma, dove comincia un periodo importante per la sua carriera di drammaturgo; conosce e stringe amicizia con Luigi Pirandello e diventa parte del Teatro degli undici. Nello stesso anno, entra nel Partito Nazionale Fascista insieme a Pirandello.

Questi anni (la prima metà degli anni Venti) sono decisivi per l’atteggiamento di Bontempelli verso la letteratura perché viene a contatto con l’ideologia dell’avanguardia francese durante il suo soggiorno a Parigi dove fa sempre il giornalista. Questo contatto cambia definitivamente l’immagine che Bontempelli aveva sull’uomo moderno e sulla sua epoca. Una forte conseguenza di questo cambiamento definitorio di teoria letteraria è visibile nel 1926, quando con l’aiuto di Curzio Malaparte, Bontempelli fonda la rivista “900. Cahiers d'Italie et d'Europe” su cui compaiono grandi nomi come Alberto Moravia, Antonio Aniante, Corrado Alvaro ed altri, ma soprattutto, in cui Bontempelli pubblica per la prima volta il suo credo letterario e indica chiaramente le proposte innovatrici per la nuova letteratura e formula i principi del realismo magico che sarebbero ripresi poi in un’edizione integrale, sotto il titolo L’avventura novecentista.

Per avere un’idea più chiara sulla posizione di Bontempelli in ciò che riguarda la rivoluzione della letteratura e il cambiamento che si dovrebbe operare negli scritti novecenteschi, diamo alcune citazioni dei brani più importanti pubblicate in Opere scelte del 1978, che figuravano anche nel programma letterario pubblicato per la prima volta nella rivista stessa:

Il mondo immaginario si verserà in perpetuo a fecondare e arricchire il mondo reale. Perché non per niente l'arte del Novecento avrà fatto lo sforzo di ricostruire e mettere in fase un mondo reale esterno all'uomo. Lo scopo è di imparare a dominarlo, fino a poterne sconvolgere a piacere le leggi. Ora, il dominio dell'uomo sulla natura è la magia.

Il titolo stesso della rivista, ci fa pensare alla cosiddetta poetica “europeistica”, che è infatti una poetica rivolta alle masse, una letteratura popolare, liberata dai modelli tradizionali e sperimentalismi d'avanguardia e rivolta ad un pubblico di lettori non professionisti. Bontempelli stesso spiega che il Novecento non ha bisogno di una scuola, ma si trattava di una rivista per liberarsi delle vecchie tendenze, “dalla ripetizione del vecchio” e aderire a un nuovo movimento letterario di un “nuovo tempo”, come suggerisce Sandra Milanko nella sua tesi. Cioè, Bontempelli non vuole più fare una letteratura accessibile soltanto ai “poveri letterati”, ma una letteratura destinata al consumo quotidiano, il valore di un’opera diventa l’utilitarismo derivato dalla circolazione presso il pubblico, come egli stesso afferma nel suo lavoro – L’avventura novecentista in cui propone un nuovo modello di capolavoro, che non è più quello estetico dei poeti, ma si definisce come “conquista del pubblico” e produzione dei miti attraverso l’immaginazione, quello che egli chiama una nuova mitografia. Inoltre, sempre nel “900”, Bontempelli fa il ritratto del nuovo artista, che deve essere un professionista e diventare anonimo in rapporto con la sua opera, cioè allontanarsi del mito che produce, per farlo una sorta di bene collettivo della comunità, come un architetto, e fa una sorta di elogio al cinema, come arte fondamentale del novecento e alla musica, soprattutto al jazz. La rivista di Bontempelli è certamente diventata “l'organo per la diffusione del novecentismo", per utilizzare le parole di Elisabetta Bortolotti.

Dopo l’anno 1929, quando Bontempelli decide di chiudere definitivamente la rivista, inaugura per la prima volta in Italia un cineclub. Un anno dopo è nominato Accademico d’ Italia. Per un periodo è sostenuto dal regime politico, ma dopo alcune critiche pubbliche al regime fascista, è espulso dal partito e gli è negato il diritto di scrivere per un anno. Segue un periodo in cui collabora con diversi settimanali ed è direttore di alcune riviste, ad esempio, “Domus” e alla fine della seconda guerra mondiale, fonda un settimanale, intitolato “Città” in collaborazione con Alberto Moravia. Finita la guerra, dà vita al Sindacato Nazionale Autori Drammatici e nel 1948 viene nominato senatore sulle liste del Fronte Democratico Popolare, ma non è stato mai eletto perché non soddisfaceva le condizioni necessarie, a causa di un testo scolastico di propaganda fascista che aveva pubblicato.

Negli ultimi anni di vita, vince il Premio Strega con il suo ultimo romanzo, L’amante fedele, scritto nell’atmosfera del realismo magico. La sua attività letteraria è interrotta da una grave malattia e nell’anno 1960 muore a Roma, a 82 anni, vecchio, come desiderava così tanto, lasciando ai lettori una grande e diversa opera su tutti i piani possibili: narrativa, lirica, saggistica, drammaturgia, critica, giornalismo e musica. “Amava terribilmente la vita. Diceva di voler morire vecchissimo, aggrappato alla vita. È morto, infatti, così. Ma non l’ha mai saputo.” – così finisce Giovanni Artieri il suo discorso sulla personalità di Bontempelli.

In quanto alla sua opera, Bontempelli debutta nell’anno 1904 con una serie di egloghe, sonetti ed ode, di carattere tradizionale, al quale Bontempelli si negherà poco a poco, dirigendosi verso una sorta di futurismo, ma in realtà non si può dire di Bontempelli che è stato un futurista nel vero e proprio senso della parola. Nel corto periodo classicista, Bontempelli pubblica anche una tragedia in versi, Costanza e una commedia, Santa Teresa, che vengono anche queste rinnegate ulteriormente dall’autore. Nell’anno 1919 – Bontempelli pubblica un primo tentativo di opera con un sottile carattere futurista, si tratta di Il Purosangue. L’ubriaco, che è infatti una raccolta di poesie e l’unica produzione lirica riconosciuta da Bontempelli. Come si può notare, l’attività nel campo lirico dell’autore non è molto vasta, ma sono le prime esplorazioni letterarie di Bontempelli nel suo percorso come scrittore e perciò si devono almeno menzionare. Infatti, la maggioranza dei critici letterari hanno proposto una divisione dell’attività letteraria di Bontempelli in tre grandi fasi: un periodo classicheggiante, che abbiamo visto, è stata una fase un po’ incerta, che Bontempelli stesso rifiutò con violenza, poi, dopo l’anno 1919, come si vedrà in quello che segue, si è trattato di una fase intermedia, un periodo sperimentale, definito “dalle ricerche e tentativi”, come spiega Namer, in qui Bontempelli cerca uno stile proprio e corrisponde al periodo in cui trasloca a Parigi ed è sotto l’influenza delle nuove idee del surréalisme francese, e l’ultima fase, che comincia dopo l’anno 1925 e dura fino all’ultima produzione letteraria di Bontempelli, che è la fase di maturità e originalità novecentesca.

Il momento fondamentale della sua carriera è però il punto in cui esplode la sua prosa, con l’anno della pubblicazione dei Sette Savi nel 1912, a Firenze, una collezione di racconti che annuncia grossomodo la futura poetica di Bontempelli. Negli anni seguenti, appaiono due volumi importanti, La vita intensa, nel 1920, e La vita operosa, in 1921, entrambi collezioni di racconti pubblicati per la prima volta in riviste letterarie, la prima in Ardita e la seconda in Industrie Italiane Illustrate. Queste raccolte rilevano la crisi dell’intellettualità italiana di fronte alle illusioni spezzate del periodo del dopoguerra, scritte in un forte tono polemico. Forse, questi volumi svelano la verità sull’epoca di Bontempelli, espressa all’inizio della Vita operosa, dove in poche parole, fa il disegno della condizione dell’intellettuale nella sua attualità: senza “bussola, né orologio, né sole, né stelle in mezzo all’aperta campagna della nuova vita.”

Nel 1922 vede la luce della stampa, il romanzo La scacchiera davanti allo specchio, prima produzione metafisica di Bontempelli e poi nel 1923 esce Eva ultima, il secondo romanzo metafisico. In questi brevi romanzi, si vede per la prima volta, con una trasparenza totale, il realismo magico di Bontempelli, che sfrutta il motivo dei sogni, ispirato dagli scrittori francesi, dove tutto è possibile e casuale. Questo motivo sarà chiaramente ripreso da Bontempelli nel titolo della raccolta di storie, pubblicata nel 1926, La donna dei miei sogni e altre storie d’oggi, dove pubblica i 21 racconti che aveva già pubblicato sul “Corriere della serra”. Nel percorso letterario di Bontempelli, già comincia ad essere evidente l’implicazione e l’importanza della donna come pretesto principale del testo letterario. Dal 1923, con Eva ultima abbiamo da fare con un’ampia allusione alle donne bontempelliene, ovvia nei titoli dei volumi pubblicati tra gli anni 1924-1931: La donna del Nadir (1924), La donna dei miei sogni e altre storie d’oggi (1926), Donna del Sole e altri idilli (1928), Il figlio dei due madri (1929) e Vita e morte di Adria e dei suoi figli (1930) e che, come vedremo, si materializzerà irrevocabilmente nel suo teatro.

Nel 1931 Bontempelli pubblica Mia vita, morte e miracoli, in cui pubblica i 12 racconti scritti per “La Gazzetta del Popolo” e altri giornali; tre anni dopo appare il volume Galleria degli schiavi, nel quale si trova anche la storia Salvato dalle acque, che è stata vietata dalla censura fascista perché si credeva fosse una satira rivolta al governo fascista. Nel 1937 appare un volume importante per la narrativa di Bontempelli, Gente nel tempo, dove si mette in evidenza la casualità del destino contro la superstizione che macina i personaggi del romanzo fino alla dissoluzione completa della ragione. Negli ultimi anni, Bontempelli pubblica tre volumi, Giro del sole, Notti e L’acqua, e l’ultimo romanzo con cui sera la sua attività letteraria, L’Amante fedele, gli porta il Premio Strega nel 1953, coronando così la sua carriera di romanziere.

Arriviamo infine alla parte dell’attività letteraria che ci interessa di più, cioè, il teatro di Bontempelli, che si sviluppa in un periodo in cui lo scrittore comincia ad essere interessato alle arti dello spettacolo e dal cinema; questo periodo è quasi simultaneo alla pubblicazione del Manifesto del Teatro di Varietà di Marinetti del 1913 dove propone un nuovo teatro che sia dinamico, eccentrico, che ponga l’accento sulla creazione “dell’unicum”, per usare il termine di Lia Lapini nel suo volume sul teatro di Bontempelli. Nel Manifesto, Marinetti attacca il teatro intriso della realtà giornaliera:

Abbiamo un profondo schifo del teatro contemporaneo (versi, prosa e musica) perché ondeggia stupidamente fra la ricostruzione storica (zibaldone o plagio) e la riproduzione fotografica della nostra vita quotidiana; teatro minuzioso, lento, analitico e diluito, degno tutt’al più dell’età della lampada a petrolio.

La produzione teatrale di Bontempelli è deve essere compresa in tutta la sua attività letteraria, come propone la stessa Lia Lapini, dunque non possiamo parlare del teatro di Bontempelli, individuandolo dagli altri scritti dell’autore, ma fa parte del grande insieme dell’uomo di cultura che fu Massimo Bontempelli. Il teatro riprende in grandi linee le idee e i motivi letterari della prosa di Bontempelli e si sviluppa in concordanza con i romanzi e con l’espressione dei pensieri letterari dello scrittore in un’epoca in cui il teatro è dominato da concetti rivoluzionari, come futurismo, grottesco e la grande novità di Luigi Pirandello nel teatro italiano.

Secondo i critici, l’opera drammatica bontempelliana può dividersi in due grandi “tempi”: un primo tempo, che include le principali opere teatrali di Bontempelli, cominciata nel 1916 e finita nel 1927: La guardia alla luna (1916), Siepe a Nordovest (1919), Nostra Dea (1925) e Minnie la Candida (1927), che rappresentano l’opera teatrale maggiore dell’autore, e poi un secondo tempo, quello delle produzioni teatrali che sono rimaste in penombra – in contrasto con le prime quattro – e di questo periodo fanno parte: Valòria (1932), Bassano, padre geloso (1933), La fame (1934) e Nembo (1935).

Sul teatro, Bontempelli ha espresso la sua concezione nella biografia di Maria Melato, prima attrice nella compagnia Talli, dicendo:

Sì, il teatro è una cosa profondamente seria. È l'indice del grado di bontà, di disinteresse, di

cultura, di civiltà di una nazione.

Intendiamoci: il teatro “cosa seria” non è sempre il così detto “teatro serio”, che spesso può essere

o una fumisteria, o un paludamento pseudoartistico di filosoficaggini, o un vuoto mal drappeggiato

di oleograficherie varie, eccetera. Il teatro di Goldoni non appartiene, per i retori, al genere “teatro

serio”, eppure il suo trionfare è stata una delle cose più serie della vita del nostro settecento.

Sul piano della saggistica, Bontempelli ha pubblicato più studi, la maggior parte, di natura polemica, tra cui ricordiamo: Il neosofista ed altri scritti nel 1920, Novecentismo letterario nel 1931, L’avventura novecentista nel 1938, Verga, l’Aretino, Scarlatti, Verdi nel 1941, Introduzione all’Apocalisse nel 1942, Dignità dell’uomo 1843 – 1946 nel 1946 e Passione incompiuta nel 1958.

Bontempelli è stato anche un appassionato traduttore dal francese, dall’elenco di opere letterarie che portano la sua firma in qualità di traduttore fanno parte: Rosso e nero e Sull’amore di Stendhal, La Signora delle Camelie di Dumas, L’Avaro di Molière, L’asino d’oro di Apuleio.

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